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Anne Riitta Ciccone scrive e dirige I’m, un’accusa all’emarginazione

Proiettato come Evento Speciale ai Venice Days dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia, giovedì 16 novembre esce al cinema I’m (Endless Like the Space), l’interessante pellicola (in 3D) scritta (anche in forma di romanzo) e diretta da Anne Riitta Ciccone con protagonista la giovane Mathilde Bundschuh affiancata da Barbora Bobulova, Guglielmo Scilla, Julia Jentsch e Piotr Adamczyk.


Jessica (Mathilde Bundshuh), 17 anni, vive in un piccolo paesino, un luogo misterioso circondato dalla neve. Qui un’apparente normalità convive con straordinari elementi che fanno sospettare che possa non essere il mondo a cui tutti siamo abituati. Prigioniera di questa dimensione, alla quale sente di non appartenere, Jessica inizia a mettere su carta, grazie ad un grande talento nel disegno, la sua realtà creando una nuova interpretazione delle sue paure, delle sue piccole vendette personali e dei personaggi con i quali si incontra e si scontra quotidianamente. Il suo futuro e cosa farne sono il centro dei suoi pensieri visto che frequenta l’ultimo anno di Scuola e proprio la Scuola è il suo principale terreno di sfida; per gli altri ragazzi, infatti, Jessica è la “stramba” per via dei suoi atteggiamenti e delle sue aspirazioni così diverse da quelle dei suoi coetanei e per i suoi capelli viola.

Solo un ragazzo timido e introverso, Peter (Guglielmo Scilla), sembra capirla subito perché incompreso e isolato come lei. Il suo grande talento nel disegno e un incontro con una persona speciale, diventeranno per Jessica le chiavi per affrontare le paure. La sua matita è la potente arma con la quale potrà modificare il suo futuro e il destino al quale sembra essere condannata imparando ad avere fiducia in se stessa e nel suo valore. Ma, improvvisamente, la fervente immaginazione di Jessica o forse quella realtà alla quale viene continuamente richiamata dalla madre, provocherà nella storia l’inatteso imprevisto che ne cambierà completamente il corso.

Mathilde Bundshuh

Mathilde Bundshuh

Per raccontare questa storia, soprattutto per l’evento che caratterizza il climax, Anne Ritta Ciccone ha deciso di “seguire profondamente la mia idea di Teatro e Cinema come “rappresentazione”, far deflagrare la realtà e ricostruirla come mito. E poiché in quel periodo stavo studiando il 3D per un personale interesse verso la tecnologia come mezzo nella ricerca dell’immagine perfetta”. La Ciccone ha deciso di affrontare la sfida di un linguaggio cinematografico surreale per parlare del tema di riferimento: pregiudizio, emarginazione. Ovvero, come spiega, “spingere qualcuno ai bordi della società perché vissuto come diverso e quindi umiliarlo, può creare una reazione di inattesa violenza”.

Una situazione che la regista ha vissuto in prima persona, tanto che ho voluto fare questo mestiere “anche per dare voce a chi non si sente accettato, pur fino al punto di cominciare ad odiare il proprio prossimo. Tento di porre delle domande, non certo fornire risposte, a proposito di cosa potremmo fare per evitare il rapporto causa effetto tra l’emarginazione e la violenza, tentare di mettere uno spettatore nel punto di vista dei personaggi che lottano nelle mie storie”.

Guglielmo Scilla (foto di Simone Cagnoni)

Guglielmo Scilla (foto di Simone Cagnoni)

Come si evince già dal titolo – I’m, Io Sonoil punto di vista soggettivo della protagonista diventa “lo sguardo di qualcuno. Tutto avviene nel palcoscenico dell’inconscio della nostra protagonista, “è il deposito della sua mente, e poichè lei per me rappresenta il nostro tempo, la nostra realtà umana, questo palcoscenico è il deposito della nostra storia recente”. Ci si muove come nel mondo onirico e quindi non c’è esattamente una divisione tra una “realtà” e una “fantasia”, Jessica si muove tra personaggi che non cambiano mai d’abito, gli abiti non sono abiti ma veri e propri costumi di scena, persino gli oggetti e l’arredamento sono legati a degli archetipi, le stanze sono stanze di case per bambole.

Dove vive lei è tutto immerso nella neve, dove stanno “gli altri” no: è un mondo di Lego, di giocattoli”. La regista, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Lorenzo d’Amico de Carvalho, ha ambientato la vicenda in un “nowhere-notime, quasi una dimensione parallela non raccontata in un genere fantascientifico ma con un lievissimo spostamento, non immediatamente recepito, da tutto ciò che conosciamo”. Nella pellicola vediamo così mescolati elementi delle varie decadi del secolo scorso, oggetti anni ‘50 e ‘70, cartoni animati anni ’30.

Barbora Bobulova

Barbora Bobulova

I’m è un racconto nel racconto, la storia di due mondi, entrambi fantastici, che convivono in un crescendo di colori, ritmo, emozioni e la musica rock preferita dalla diciassettenne Jessica e, quindi, l’unica possibile nel mondo che lei stessa ha creato. Ma la pressione e l’isolamento portano alla fine Jessica e gli altri personaggi ad un punto per cui è chiaro che “ognuno di loro avrebbe le ragioni per reagire male, fuori controllo, dato che non c’è niente di peggio che distruggere i sogni di qualcuno”.

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