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Helen Mirren e Donald Sutherland sono i meravigliosi Ella & John di Paolo Virzì

Dopo la presentazione a Venezia 74, oggi arriva al cinema Ella & John (The Leisure Seeker), un film – tratto dall’omonimo romanzo di Michael Zadoorian – che esplora il genere americano “on the road”, rinnovato dalla poesia ironica e umana di Paolo Virzì, e reso ancor più straordinario dalla vitalità di due interpreti d’eccezione, Helen Mirren e Donald Sutherland, nei panni di una coppia in fuga a bordo del loro vecchio camper.


Una coppia eccezionale

The Leisure Seeker è il soprannome del vecchio camper con cui Ella (Helen Mirren) e John Spencer (Donald Sutherland) andavano in vacanza coi figli negli anni Settanta. Una mattina d’estate, per sfuggire ad un destino di cure mediche che li separerebbe per sempre, la coppia sorprende i figli ormai adulti e invadenti e sale a bordo di quel veicolo anacronistico per scaraventarsi avventurosamente giù per la Old Route 1, destinazione Key West. John è svanito e smemorato ma forte, Ella è acciaccata e fragile ma lucidissima, insieme sembrano comporre a malapena una persona sola e quel loro viaggio in un’America che non riconoscono più – tra momenti esilaranti ed altri di autentico terrore – è l’occasione per ripercorrere una storia d’amore coniugale nutrita da passione e devozione, ma anche da ossessioni segrete che riemergono brutalmente, regalando rivelazioni sorprendenti fino all’ultimo istante.

Commedia e tragedia

Virzì infonde il suo umorismo, la sua sottile osservazione dei fenomeni sociali e la sua profonda analisi dei personaggi, in un film che racconta l’ultima avventura, irragionevole e felice di due anziani coniugi, determinati a sottrarsi ad un destino di cure che li separerebbe per sempre. “Ho questo viziaccio di prendere argomenti tristi e penosi e provare a trasformarli in avventure avvincenti – dichiara Virzì il segreto è mescolare commedia e tragedia, sempre”. Una cosa è certa, The Leisure Seeker è ricco di entrambi: “cercavo un senso di verità e di spudoratezza verso la natura umana: non avere paura di esplorare l’aspetto ridicolo della vita, che è qualcosa di esaltante e di spaventoso al tempo stesso, ed è proprio questa sua duplicità che cerco di far emergere in un film”.

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Adattare il romanzo di Zadoorian

L’omonimo romanzo di Michael Zadoorian, racconta un viaggio attraverso il West, dalla leggendaria Route 66 a Disneyland, ma, spiega Virzì, “girare negli ambienti grandiosi del deserto dell’Arizona o della Monument Valley, scenario iconico di tanti film mitologici, mi sembrava un modo di finire incastrato in un cliché, come capita a volte a certi registi americani quando, ambientando un film in Italia, si lasciano ammaliare dagli sfondi pittoreschi e turistici. Abbiamo esplorato ambienti meno vistosi, con qualcosa di ordinario, cercando visivamente l’atmosfera dolce, delicata e malinconica che caratterizza la nostra storia. Pensavo inoltre di non potermi permettere, così come fa molto bene Zadoorian nel suo libro, un tono ironico verso l’America più pacchiana, col suo culmine a Disneyland: avrei rischiato una presa in giro superficiale, da outsider. Inoltre, cambiando il background socioculturale dei due personaggi del libro, abbiamo provato in qualche modo ad avvicinarli a noi, per stabilire il massimo dell’empatia possibile”.

Virzì, a questo proposito, rivela un gioco che lo divertiva, nel lavorare all’adattamento del libro: “immaginare una specie di me stesso con mia moglie Micaela Ramazzotti, tra trent’anni. Lui prolisso e brontolone, ossessionato dalle pagine dei romanzi che ha studiato ed insegnato ai suoi studenti per tutta la vita, lei più leggera e sempre di buon umore, con qualcosa di apparentemente frivolo, legati da una passione che ha generato due figli ed una vita insieme”.

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L’America verso Trump

Al regista livornese piace “riempire l’inquadratura con elementi realistici, con volti autentici, che trasmettano un senso di verità, ma soprattutto, ed è una consuetudine che credo di aver ereditato dal cinema italiano classico, cerco sempre di collegare le vicende personali dei personaggi con lo spirito della società in quel momento specifico”. A far da sfondo alle riprese, nell’estate 2016, c’era la storica campagna presidenziale: “non potevo immaginare come sarebbe andata a finire a novembre, ma quel che stava accadendo mi sembrava fosse molto significativo e che avesse a che fare con la storia dei nostri due personaggi, che per l’appunto attraversano un’America che non riconoscono più e dalla quale sembrano voler scappare per sempre”.

Durante le nostre riprese, Trump era in piena attività – osserva Helen MirrenPaolo ha inserito nella sceneggiatura un raduno dei suoi supporter creando così uno spunto comico: John è incuriosito da quella situazione chiassosa della quale non sembra afferrare il significato, ed Ella ne approfitta per prenderlo in giro: ‘Sei stato un democratico per tutta la vita, hai fatto anche il volontario nella campagna per Walter Mondale’. E lui, candidamente: ‘Ma queste persone sono così divertenti!’ È stato un modo ironico per raccontare l’alterazione della mente di John, e per dire qualcosa di rilevante su entrambi i personaggi”.

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La Spencer Syndrome

Paolo Virzì spiega: “nel copione, non abbiamo mai menzionato la parola Alzheimer, anche lì temevamo di andare a cacciarci in un cliché. Tra di noi chiamavamo la condizione mentale di John la Spencer Syndrome, confortato dai pareri dei neurologi, che testimoniano come ogni individuo manifesti a modo suo un’eventuale degenerazione mentale”. La confusione di John qualche volta lascia il posto a sprazzi di lucidità e in quei momenti ci rendiamo conto del suo fascino e di quanto possa essere doloroso per Ella perdere a poco a poco il suo John. Il personaggio di John Spencer, in tutta la sua imprevedibilità, è diventato quasi un fratello spirituale per Donald Sutherland, che afferma: “ho avuto l’impressione di essere l’incarnazione di John. Non capita spesso, ed in questo film è successo. È stato John a dirmi cosa fare, cosa voleva, cosa riusciva e non riusciva a ricordare. Si sentiva frustrato”.

L’amore per Hemingway

La vecchia Route 1, sulla East Coast, è meno sfruttata dal cinema, e per la nostra storia ha un significato essenziale, dato che termina a Key West, proprio davanti alla casa di Hemingway, l’autore verso il quale il professor Spencer sembra nutrire un sentimento di identificazione. Sutherland ha riscoperto Hemingway: “ho riletto tutta l’opera. Non lo facevo da 50 anni. Ho aspettato che John si palesasse. Alla fine è emerso e non ho fatto altro che seguirlo”. “Donald si è tuffato nel proprio personaggio con un entusiasmo ed uno slancio commovente – aggiunge Virzì – è diventato letteralmente uno studioso dell’opera di Hemingway e di Joyce. È diventato John Spencer”.

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La passione di Ella-Helen

Sul suo personaggio Helen Mirren spiega: “Ella è una donna piena di passione. Si aggrappa alla vita con tenacia, energia e allegria. Non si sente affatto finita. Percepiamo la sua determinazione e il suo carattere dal modo in cui mette il rossetto e la parrucca, la divisa che indossa per affrontare il mondo”. L’attrice poi conclude spiegando così il cuore del film: “è quella fase dell’amore in cui conosci benissimo il tuo partner, le sue qualità, i suoi difetti, e in cui ti rendi conto che non potrai mai conoscerlo veramente. Non si può conoscere completamente un’altra persona. Nel film siamo una coppia normalissima che nonostante si conosca benissimo, sta ancora attraversando una fase di scoperta. Guardandoci intorno, ne vediamo milioni di persone come loro. L’America è un paese immenso, pieno di famiglie, di individui che non hanno nulla di speciale, ma che lo diventano se ci fermiamo a osservarli”.

“La mia è una ballad buffa e triste, con qualcosa di irragionevole e di pazzoide, ma vitale e felice”.

Paolo Virzì

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