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Il cappello di Indiana Jones e lo storytelling dei dettagli 

Una delle sfide che affronta oggi la cinematografia moderna non è solo quella di conquistare nuovo pubblico, intrattenere o far riflettere, ma anche quello di raccontare qualcosa che resti scolpito a lungo nella mente dello spettatore. La ricerca di un’immortalità sul grande schermo passa soprattutto attraverso la creazione di personaggi unici e memorabili, operazione che sicuramente necessita di un grande lavoro di scrittura, una notevole abilità interpretativa, ma anche oggetti, accessori e soprattutto abiti. Il costumista è spesso un ruolo fondamentale nello sviluppo di un film, al pari di regia e fotografia. Come dice il nome in inglese, Costume Design, c’è una forte componente di progettazione e sviluppo. Cosa sarebbe la figura di Darth Vader senza il suo casco minaccioso? Quanto terrore evocano ancora oggi le righe rosse e verdi del maglione bruciacchiato di Freddy Krueger? Chi non ha mai sognato di tirare su la cerniera della tuta degli Acchiappafantasmi, con tutto il peso di quello zaino protonico?

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Indiana Jones, il simbolo del film d’avventura

Non occorre solo creare eccentrici outfit per supereroi, stracci medievaleggianti per un fantasy o accessori steampunk per un’opera di fantascienza. Si tratta di analizzare un personaggio e tradurre le sue peculiarità in un dettaglio di stile che ne rifletterà personalità, azioni o desideri. L’audace abito rosso di Julia Roberts in Pretty Woman, l’inquietante look coordinato delle gemelline in Shining o anche, per sottrazione, una camicia senza pantaloni per il divertente ballo di Tom Cruise in Risky Business. La saga di Indiana Jones è quella che più di altre ci ha insegnato l’importanza di questo “storytelling di dettaglio”, codificando e dando consistenza ad un intero genere cinematografico, quello dei film d’avventura.

La genesi di un personaggio iconico

Conosciamo per la prima volta il dottor Jones ne I Predatori Dell’Arca Perduta (1981). È un giovane archeologo, idealista e coraggioso, che nel 1936 affronta i pericoli della giungla inesplorata per ritrovare un idolo d’oro da consegnare ad un museo. Già a partire dalla prima sequenza, la sua determinazione nell’affrontare ogni insidia, il suo non arrendersi di fronte a trappole, traditori e mercenari, ci regalano un protagonista subito iconico, sicuramente anche grazie alla grande interpretazione di Harrison Ford, allora nascente stella di Hollywood. Il produttore George Lucas e il regista Steven Spielberg si erano rifatti a quei personaggi tipici dei fumetti e della letteratura pulp della loro infanzia. L’archetipo dell’uomo carismatico alla ricerca di avventura come l’Allan Quatermain de Le miniere del Re Salomone di H. Rider Haggard oppure il Professor Challenger del Mondo perduto, dalla penna di Arthur Conan Doyle.

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Tra le fonti anche il James Bond di Sean Connery che, non a caso, verrà scelto per interpretare il padre dell’archeologo nel terzo capitolo della serie (che dal 24 giugno sarà disponibile, insieme al quarto film, Il Regno Di Cristallo, in un cofanetto distribuito dalla Universal Pictures Home Entertainment Italia), L’Ultima Crociata (1989). Un’ispirazione diretta giunge anche dal film Il Segreto Degli Incas (1954) dove Charlton Heston interpretava l’avventuriero Harry Steele alla ricerca dell’antico Tempio del Sole e, naturalmente, del suo tesoro sepolto. Un abbigliamento e uno spirito, curato dalla costumista Deborah Nadoolman, responsabile di tanti design celeberrimi (come quello di Michael Jackson nel videoclip Thriller del 1982).

Perché proprio un cappello?

Nel cinema il cappello non è un oggetto banale: dal lato interpretativo aggiunge carattere, grinta e determinazione allo sguardo del protagonista. Giocando con fumo ed ombre, si può creare una silhouette inconfondibile che fonde il corpo e il copricapo e, se girate con maestria, in certe scene può far subito intendere a tutti che il personaggio sta per fare il suo ingresso in scena. Dal lato delle riprese il cappello diventa fondamentale per poter gestire gli stunt e, occasionalmente, sostituire il protagonista con la controfigura senza che lo spettatore se ne possa accorgere. Cineasti esperti come Spielberg e Lucas avevano interiorizzato la lezione di John Ford in Ombre Rosse (1939), sul come rendere iconico il cowboy di John Wayne a partire proprio da cosa indossa in testa. Spielberg stesso accompagnò Harrison Ford in un negozio di cappelli a Londra, il leggendario Herbert Johnson al 13 di Old Burlington Street. Il Fedora era il modello più antico che avevano in vendita, prodotto già a partire nel 1890 e quindi un acquisto cronologicamente coerente che l’archeologo avrebbe effettivamente potuto fare nella sua epoca. Una volta indossato, capirono subito che quello sarebbe diventato parte integrante del mito di Indiana Jones. Il color sabbia perfetto per ogni situazione, una rifinitura nella tesa e alcuni piccoli aggiustamenti sull’altezza del nastro. Ordinato in 45 esemplari per affrontare le riprese, quel cappello svolse egregiamente il ruolo per cui era stato scelto.

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Giubbotto, stivali e pistola

Non solo il cappello, ma anche tutto il look del personaggio ha contribuito a renderlo così iconico e riconoscibile. Il giubbotto proveniva dallo stile degli aviatori, una protezione indossata dai piloti statunitensi per gli sbalzi del gelo di forti altitudini oppure dal calore nel caso in cui all’interno dell’abitacolo si fossero verificate perdite di olio bollente o simili. In effetti la giacca ha accompagnato il personaggio nella giungla amazzonica, nel deserto egiziano o tra le montagne nepalesi! Anche il resto dell’outfit è di derivazione militare: pantaloni da ufficiale dell’esercito, camicia kaki da esploratore, borsa dell’esercito britannico. In ultimo gli stivali: si narra essere stati di Ford stesso che, avendo lavorato come falegname, insistette per far adottare al personaggio le stesse sue calzature da lavoro. Anche in questo caso, il look grida “avventura” da tutti gli angoli.

Nel design mancava solo l’aspetto relativo alle armi. Una pistola era chiaramente imprescindibile, così venne scelto un revolver Smith & Wesson, reso immortale dalla brillante scena in cui uno stremato Jones, anziché affrontare uno spadaccino, decide di sparargli risolvendo rapidamente la questione. Ma per un personaggio così unico, anche il suo equipaggiamento doveva essere tale. Il produttore di fruste Dave Morgan creò una serie di modelli di diverse lunghezze, dai 2 ai 4 metri, realizzandole con i migliori finimenti: lo schiocco di quella frusta, il colpo che abbatte il muro del suono, è forse tra i più riconoscibili della storia del cinema moderno.

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Lo storytelling si nasconde nei dettagli

Quel particolare copricapo esprime determinazione, il look da soldato trasferisce il suo spirito avventuroso, la frusta usata in mille modi racconta acuta ingegnosità. Non si tratta di decorazioni, oggetti fini a loro stessi oppure utili solo per lucrare sul merchandise, ma parti integranti del carattere del personaggio, immediatamente riconoscibili e soprattutto che si fondono con la narrazione stessa. Indiana Jones è il Fedora, e il Fedora stesso è ormai Indiana Jones. Provate a indossare quel cappello e a non farvi attraversare la schiena da un brivido di avventura. Un abile storyteller è infatti in grado di imbastire grandi racconti a partire dai più piccoli dettagli. Spielberg, Lucas, Nadooolman e lo stesso Ford: ognuno di loro ha trasferito la propria esperienza di vita, dai fumetti letti da bambino agli abiti indossati in quel momento, per creare un personaggio iconico, che sopravvive anche al di fuori del suo contesto e anzi vi si adatta perfettamente. Se nel primo film Jones appare subito “nella sua tenuta d’ordinanza”, nel prequel Il Tempio Maledetto (1984) lo incontriamo in un esclusivo club di Shangai con un completo bianco dal fiore rosso all’occhiello, come un perfetto 007; più avanti ci appare nel palazzo di Pankot in giacca di tweed, da buon professore universitario, mentre nel terzo capitolo giunge a Venezia in normali abiti civili. Ma noi lo vediamo e lo vedremo sempre con il cappello in testa, pronto ad estrarre la sua frusta!

Enrico Banfo


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