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Il male dell’Uomo moderno ne La Cura Dal Benessere di Gore Verbinski

Dal regista visionario Gore Verbinski, giovedì 23 marzo arriva al cinema La Cura Dal Benessere, un thriller psicologico sconvolgente e angoscioso interpretato da Dane DeHaan, Jason Isaacs e Mia Goth.


Lockhart (Dane DeHaan) è un ambizioso giovane broker a Wall Street che, su richiesta del management della sua società, parte alla volta di una clinica del benessere situata in una remota località tra le Alpi, dove si trova Pembroke (Harry Groener), l’Amministratore Delegato dell’azienda. Questi ha informato il suo staff di non avere alcuna intenzione di lasciare la clinica e Lockhart deve persuaderlo a cambiare idea e tornare a New York con lui. Quando il giovane giunge all’istituto, il clima è sereno tra i pazienti in cura, ma sembra che i trattamenti, i cui effetti dovrebbero essere miracolosi, li facciano stare sempre peggio.

Mentre approfondisce i misteri oscuri e sconcertanti che si celano dietro le quinte della clinica, Lockhart incontra una ragazza, la bellissima e inquietante Hannah (Mia Goth), anche lei paziente della clinica, e conosce anche un’altra ospite del centro, l’eccentrica Signora Watkins (Celia Imrie), che ha condotto alcune indagini per conto proprio. In breve tempo, il direttore dell’istituto, il sinistro Dottor Volmer (Jason Isaacs), diagnostica a Lockhart la stessa patologia di cui soffrono gli altri pazienti. Il giovane capisce di essere prigioniero nel ritiro alpino e inizia a perdere il contatto con la realtà. Durante la ‘cura’ è costretto a subire prove inimmaginabili.

Dane DeHaan

Dane DeHaan

Portando avanti la tradizione del genere horror che abbiamo già apprezzato nell’indimenticabile classico The Ring del 2002, Gore Verbinski caratterizza La Cura Dal Benessere con lo stile e la visione che gli sono propri. Ricco di atmosfera e visivamente suggestivo, il film è avvincente e stimola alla riflessione, poiché esplora il concetto di “benessere” e si sofferma sull’ostentazione dell’avidità e del potere, oltre a porre l’accento sul significato reale della parola “realizzazione di sé”.

Per il suo nuovo film Verbinski aveva in mente un thriller con la profondità, l’intuizione e la forza del classici del genere cinematografico che il regista tanto apprezza, quali Shining (Stanley Kubrick, 1980), A Venezia… un Dicembre Rosso Shocking – Don’t Look Now (Nicolas Roeg, 1973) e Rosemary’s Baby (Roman Polanski, 1968). L’idea dell’esistenza di una cura miracolosa, insieme al senso di malessere sociale strisciante e all’ossessione per la salute a tutti i costi, sono temi che hanno colpito particolarmente Verbinski: “ho iniziato ad esplorare l’idea di un centro benessere tra le Alpi, dove però gli ospiti non si rimettono in forma – spiega – e da lì la storia ha cominciato pian piano a prendere forma. Volevo fare un film di genere e ho iniziato a sviluppare varie idee intorno al concetto d’inevitabilità. È la sensazione di avere una malattia, come se ci fosse un puntino nero sulla radiografia che non si può eliminare”.

La clinica

La clinica

Verbinski ha iniziato a discutere con lo sceneggiatore Justin Haythe: “da un po’ di tempo avevo un’idea che mi girava per la testa, dovuta a vari fattori e preoccupazioni, ma legata soprattutto a una mia diffidenza nei confronti alla medicina”, afferma Haythe, che è stato ispirato dall’opera dell’autore tedesco Thomas Mann e dello psichiatra Carl Jung. “Fondamentalmente, il film parla dell’inquinamento del corpo e della mente nel mondo moderno e della conseguente ossessione per la purezza”.

A vestire i panni del protagonista Lockhart è il talentuoso Dane DeHaan che conferisce forza e vulnerabilità al suo complesso personaggio: “rappresenta l’eroe di tutti i giorni ed è perfetto per un film come questo, che parla di benessere, ambizione e salute nella nostra società – afferma DeHaan – il fatto che sia un giovane broker finanziario ci dice molto di lui. La vita dei ragazzi che lavorano per le società di Wall Street è abbastanza assurda. È quasi un processo di stordimento, dato che lavorano 24 ore al giorno. Non fanno niente di veramente utile per il mondo. Penso che, in ultima analisi, il loro obiettivo siano il potere e la ricchezza, la carriera all’interno dell’azienda e l’autoaffermazione. Questi giovani guadagnano cifre pazzesche e non pensano ad altro. Sono persone molto particolari”.

Mia Goth

Mia Goth

La Cura Dal Benessere lascia gli spettatori turbati e inquieti, mettendo in discussione il lato oscuro della natura umana. In particolare il film contiene alcuni spunti di riflessione sullo scopo della vita, soffermandosi sul fatto che spesso le persone non si curano di analizzare ciò che realmente vogliono per se stesse. “Penso che il film esprima un’opinione sul concetto di benessere – aggiunge DeHaan e la domanda è, in ultima analisi: qual è la malattia? Forse la malattia è ciò che accade quando si rinuncia a se stessi per ambizione o per il desiderio egoistico di ricchezza e di autoaffermazione. Direi che è una domanda interessante da porsi, specialmente nel mondo in cui viviamo oggi. In definitiva, la gente vuole stare bene e avere successo, subito e facilmente”.

Ma c’è qualcosa di malsano nel modo in cui molta gente cura la propria salute. E ci sono persone che hanno talmente tanto successo da esserne danneggiate come esseri umani. Questo tema è per Verbinski il cuore del film: “c’è tutta un’industria dedicata al benessere che prospera a nostre spese. Nella clinica di Volmer vanno a curarsi capitani d’industria, oligarchi e la gente disposta a tutto pur di vincere. Ma è tutto un imbroglio e sarà la loro vulnerabilità e fragilità a farli rimanere alla clinica. Nel film esploriamo la percezione dell’esistenza di una malattia che tutti neghiamo. Possiamo forse chiamarla la malattia dell’uomo moderno. Dentro di noi dobbiamo sentire che qualcosa non va per lottare contro questa patologia”.

Lockhart

Lockhart

In ultima analisi, come spiega Verbinski, il film analizza che cosa significa vivere un’esistenza significativa: “osserviamo l’universo, osserviamo le stelle. Conduciamo una vita di routine e potremmo finire sotto un autobus in qualunque momento. A questo punto è interessante domandarsi se la vita è tutta qui e, soprattutto, qual è il suo senso. È questa la crisi esistenziale nella forma più pura. Nel film non forniamo la risposta ma suggeriamo che forse è arrivato il momento di prenderci una pausa di riflessione”.

“Solo quando sappiamo cosa ci affligge possiamo sperare di trovare la cura”.

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