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Il Mio Vicino Adolf, il dramedy di Leon Prudovsky tra ironia e temi dolorosi

Dopo la presentazione alla 75esima edizione del Locarno Film Festival, giovedì 3 novembre è in arrivo nelle sale italiane Il Mio Vicino Adolf, un film in cui i protagonisti David Hayman e Udo Kier si danno battaglia tra cespugli di rose, steccati, avvincenti partite a scacchi e una buona dose di vodka, mettendo in scena una serie di esilaranti sketch sul tema del cattivo vicinato. Dietro ad accesi battibecchi e divertenti tentativi per “smascherare” un Hitler redivivo e fuggito dall’altra parte del mondo, il nuovo dramedy diretto da Leon Prudovsky nasconde temi importanti, come il pregiudizio e le ferite di un passato doloroso mai dimenticato.

Il film

Colombia, maggio 1960, Adolf Eichmann è stato da poco catturato in Argentina. Polsky (David Hayman), un solitario e scontroso sopravvissuto all’Olocausto, vive nella remota campagna colombiana. Trascorre le sue giornate giocando a scacchi e curando i suoi amati cespugli di rose. Un giorno, quando un misterioso anziano di origine tedesca (Udo Kier) si trasferisce nella casa accanto alla sua, sospetta che il suo nuovo vicino sia Adolf Hitler. Dato che nessuno gli crede, si imbarca in una missione investigativa per trovare le prove. Ma, per farlo, dovrà avvicinarsi all’uomo più di quanto vorrebbe. Così tanto che i due potrebbero quasi diventare amici. 

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David Hayman (foto Team Productions Luis Cano)

Leon Prudovsky racconta…

“Mia nonna era una donna ansiosa, acida e senza pazienza. Non rideva quasi mai ed era sempre tesa, come se una tragedia fosse sempre dietro l’angolo. Come molti altri sopravvissuti all’Olocausto, non ha mai superato il trauma, non ha mai fatto pace con la perdita né ha mai smesso di odiare i tedeschi. In questo film ho provato a raccontare una parabola chassidica con l’umorismo ironico, tragico e non convenzionale che caratterizzava il mondo ebraico prima dell’Olocausto. Una parabola che percorre il sottile confine tra dolore e ridicolo, realismo e assurdo, delicatezza acuta e sfrontatezza grottesca“.

Udo Kier (foto Team Productions Luis Cano)

Udo Kier (foto Team Productions Luis Cano)

Il film esplora la natura dell’ostilità. Cosa succede se conosci il tuo peggior nemico e scorgi l’umanità che si cela dietro il tuo odio più puro? E se finite per diventare amici? L’odio è più forte del bisogno di amicizia? O lascia spazio alla riconciliazione? Credo che le domande poste da questa parabola siano universali ed eterne e siano valide per qualsiasi conflitto, in qualsiasi luogo e in qualsiasi periodo storico. E, magari, oggi più che mai, è necessario trovare delle risposte”.

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