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Il Tempo tra i Ghiacci di Bill Morrison: il cinema ritrovato a Dawson City

Nell’ambito del suo progetto di distribuzione Il Cinema Ritrovato, la Cineteca di Bologna porta nelle sale italiane dal 20 marzo Dawson City – Il Tempo tra i Ghiacci il documentario che il regista statunitense Bill Morrison ha presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Sarà lo stesso Bill Morrison ad accompagnare il film con un breve tour italiano dal 20 al 23 marzo.


Dawson City – Il Tempo tra i Ghiacci racconta la storia vera quanto bizzarra di una collezione di 533 film databili tra gli anni Dieci e Venti del Novecento, considerati perduti fino al loro casuale e rocambolesco ritrovamento. Utilizzando questi rari film muti e cinegiornali, insieme a materiali d’archivio, interviste e fotografie d’epoca, con il valore aggiunto e decisivo della colonna sonora di Alex Somers, questo film ripercorre l’incredibile storia della cittadina canadese simbolo della corsa all’oro attraverso l’avventurosa vicenda di questa collezione di film.

Collocata 600 km a sud del Circolo polare artico, alla confluenza dei fiumi del Klondike e dello Yukon, Dawson City era un’importante colonia per le popolazioni nomadi autoctone dedite alla caccia e alla pesca. La città fu fondata nel 1896, lo stesso anno in cui furono inventati i proiettori cinematografici su larga scala, e divenne il centro della corsa all’oro del Klondike, attirando nell’area oltre 100mila cercatori. La Dawson Amateur Athletic Association (D.A.A.A.) aprì nel 1902 e iniziò a proiettare film. Presto la città divenne il punto finale di una catena di distribuzione che stampava pellicole e cinegiornali per lo Yukon. Raramente i film tornavano indietro.

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I film muti nascosti tra i ghiacci erano quelli che arrivavano a Dawson City, in Canada, ai tempi della corsa all’oro. Film per una città che proprio alla fine dell’Ottocento si era espansa a vista d’occhio, e che si sarebbe presto ridotta a piccolo villaggio, con il prosciugarsi dei giacimenti. Le pellicole si erano accumulate nelle cantine della biblioteca locale sotto la custodia della Canadian Bank of Commerce. Troppo lontana Dawson City, lì, nel nord-ovest del Canada, quasi in Alaska: troppo lontana per far poi ripartire quei film per un’altra destinazione. Era molto più semplice disfarsi delle pellicole, o stiparle da qualche parte. Nel 1929, Clifford Thomson, impiegato della banca e tesoriere della locale associazione di hockey, spostò i film nel palazzetto del ghiaccio, ricoprendoli con assi e strati di terra.

E lì rimasero fino al 1978, quando l’ormai famosa collezione di Dawson City fu riscoperta durante la costruzione di un nuovo centro ricreativo: i bulldozer disseppellirono una marea di pellicole. Oggi i film ritrovati sono conservati presso i Canadian Archives di Ottawa e l’americana Library of Congress, che congiuntamente ne hanno curato il restauro.

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Come per la maggior parte del cinema muto, le pellicole ritrovate a Dawson City erano date per perse: Bill Morrison ci restituisce le immagini originali di questo straordinario patrimonio ritrovato. Ma va oltre. Le storie dei film ritrovati diventano il perno attorno al quale ruotano nuove storie intrecciate da Bill Morrison: quelle della febbre dell’oro, del capitalismo americano (è proprio a Dawson City che gli antenati di Donald Trump costruirono la loro fortuna), delle città effimere che nascono e muoiono in virtù di eventi tanto abbaglianti quanto estemporanei.

Bill Morrison racconta: “per me è sempre stata una storia epica. Ho sempre pensato che fosse significativo che la scoperta dell’oro a Dawson City avvenne lo stesso anno in cui le proiezioni cinematografiche di largo formato stavano prendendo piede ovunque nel mondo, e che la storia del cinema e quella Dawson City fossero interconnesse. Ma non avevo idea fino a che punto. La mia ricerca ha mostrato che svariate personalità di Hollywood sono partite o sono passate da Dawson City. Ma sono anche arrivato a comprendere come Dawson City sia per molti aspetti un luogo di finzione e di sogni”.

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Dawson City – Il Tempo tra i Ghiacci si ispira direttamente al cinema delle origini: è un film senza parole, fatto di splendidi materiali di repertorio, sui quali le didascalie vanno a dar voce alle immagini. Un poema visivo, come ricorda Morrison: “Dawson è sempre stato un luogo situato tra i sogni e la memoria. C’è sempre stato un confine molto labile fra le due cose, come del resto è sempre accaduto nel cinema. Ho cercato di fare un film che si comportasse nello stesso modo”.

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