Giuseppe Di Giorgio (foto dal set di "Stem Cell")

Intervista a Giuseppe Di Giorgio: “In Stem Cell il tema della ricerca medica tra crimini e mistero”

Giuseppe Di Giorgio (foto dal set di "Stem Cell")

Mercoledì 12 febbraio 2020 al Movieplanet di San Martino Siccomario (Pv), alle 20 verrà proiettato in anteprima Stem Cell, un medical thriller diretto ed interpretato da Giuseppe Di Giorgio che si è ispirato all’omonimo romanzo scritto dal  Professor Paolo Gaetani (edito da Sperling & Kupfer nel 2009 e da Fanucci Editori nel 2020). La sceneggiatura – scritta da Roberto Attolini, Maurizio Sala (che ha anche diretto la Fotografia) e lo stesso Di Giorgio – ha tramutato in immagini un testo appassionante e carico di mistero che affronta un tema scottante (e attuale) legato alla terapia medica con le Cellule Staminali. Ad affiancare Di Giorgio è stato un ricco cast composto da: Roberta Barbiero, Pietro Sala, Alberto Sette, Lorenzo Marangon, Monica Russo, Marco Speziali, Elisa Potenza, Jessica Resteghini, Luca Gatta, Enzo Stasino, Piergiuseppe Francione. Il film si avvale inoltre della partecipazione amichevole di Vera Castagna e Luca Varone.

Stem Cell

Girato a Pavia ed in gran parte all’interno dell’Istituto Nazionale Neurologico Fondazione I.R.C.C.S. Casimiro Mondino (tra le altre location anche l’I.R.C.C.S. Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia ed il Collegio Borromeo), Stem Cell è un thriller dal sapore internazionale che, attraverso una storia carica di mistero e di indizi da collegare, pone l’attenzione su un tema di grande importanza: la ricerca medica. Tutto comincia quando un brillante neurochirurgo viene trovato assassinato nella sua sala operatoria. Il quadro è raccapricciante. Chi lo ha ucciso ha usato gli stessi strumenti della sua specialità. Chi è l’assassino? Uno psicopatico? Qualcuno interno all’istituto? Il commissario Lorenzo Aliprandi (Giuseppe Di Giorgio) e la sua squadra della sezione omicidi si ritroveranno in una lotta contro il tempo per fermare il killer che non smette di uccidere usando la medesima efferata modalità e accanendosi su altri camici eccellenti senza lasciare alcuna prova alle spalle se non una scia di sangue.

Intervista a Giuseppe Di Giorgio

Tra crimini, intrighi e mistero, Stem Cell – pellicola prodotta da Alessandra Montini, Maurizio Sala e Giuseppe Di Giorgio in collaborazione con la Rising Film – è un film ambizioso che non si pone limiti e che punta a “scuotere” il cinema indipendente italiano. Ho avuto il piacere di parlarne davanti ad un caffè con lo stesso regista del film Giuseppe Di Giorgio che mi ha fatto vedere le foto del set. Mentre mi raccontava un po’ di “aneddoti da backstage”, nei suoi occhi ho colto tutta la passione che ha messo in questo progetto. Si vede che è in trepidante attesa, non vede l’ora di far vedere questo thriller al pubblico.

Giuseppe Di Giorgio sul set con Paolo Gaetani, l'autore del romanzo "Stem Cell"

Giuseppe Di Giorgio sul set con Paolo Gaetani, l’autore del romanzo “Stem Cell”

Quattro mesi di duro lavoro, ma anche importanti collaborazioni vi hanno permesso di realizzare il film Stem Cell: puoi dirci qualcosa di più?

Innanzitutto desidero ringraziare la Fondazione C. Mondino nella persona del direttore prof. Pietro Livio Tronconi senza il quale sarebbe mancato un ingrediente essenziale del nostro film: l’ambientazione principale in una struttura sanitaria, scenografia reale e non banalmente realistica. Grazie all’interessamento della produttrice Alessandra Montini il direttore generale ci ha permesso di accedere in ogni spazio interno ed esterno della Fondazione, consentendo, alla squadra tecnica della Rising Film, capitanata dall’altro produttore Maurizio Sala, di vivere un set già perfetto e non semplicemente di ricostruirlo. Questo enorme regalo non ci ha fatto adagiare sugli allori, ma ci ha incentivato a svolgere un durissimo lavoro fatto di ore infinite di preparazione per il film, di riprese e cambi location, ma anche di restituzione agli ambienti della loro veste naturale, per consentirne la regolare destinazione d’uso. Il tutto realizzato grazie ad un cast meraviglioso che non finirò mai di ringraziare. Un ulteriore ringraziamento va a tutto il personale operante nella Fondazione Mondino, ma anche alla direzione della Fondazione Policlinico San Matteo, alla direzione del Collegio Borromeo e a tutte le location private che ci hanno concesso di girare le scene necessarie al completamento delle riprese.

Il 12 febbraio al Movieplanet di San Martino Siccomario (Pv) ci sarà l’attesa anteprima di Stem Cell, che hai diretto ed anche interpretato da protagonista. Prima di tutto volevo chiederti come e quando è scattata la scintilla con l’omonimo romanzo di Paolo Gaetani. Qual è stato l’aspetto che ti ha colpito di più del libro?

C’è grande fermento in tutti noi per questa anteprima. Più che scintilla è stato un incontro casuale al Policlinico San Matteo di Pavia. Il prof. Gaetani stava uscendo dall’ospedale ed aveva sotto braccio un libro dal titolo Stem Cell, io mi avvicinai per un saluto ed incuriosito chiesi informazioni. Dopo aver visto la copertina ebbi il primo flash cinematografico e senza nemmeno sfogliarlo dissi al prof. che un giorno ne avrei realizzato un film, qualora si fosse reso disponibile. Con una risata incredula mi diede il libro. Lo lessi immediatamente in sole due sere e sin dalle prime righe non feci altro che immaginare ogni singolo frame. E fu questa la sensazione che mi convinse maggiormente: non mi era mai capitato di vivere un’emozione così visionaria leggendo un libro. Così dopo pochi giorni lo chiamai per proporgli la trasposizione cinematografica. Fissammo dei tempi organizzativi a 36 mesi, ma la voglia di fare cinema era tanta che già a novembre iniziammo con le riprese cinematografiche. Da lì è nato il film Stem Cell.

Giuseppe Di Giorgio con Attolini e Sala

Giuseppe Di Giorgio con Attolini e Sala

Quando una storia è coinvolgente ed intrigante, il meccanismo di traduzione – dalle parole su un foglio alle immagini in movimento su un grande schermo – parte in modo quasi automatico. Che lavoro hai fatto a livello di trasposizione e di sceneggiatura?

Nella trasposizione di un romanzo in un film bisogna tener conto soprattutto di tre aspetti: la necessità di rendere merito alla fantasia dell’autore; quella di lasciare immaginare al lettore tutta la storia, ma allo stesso tempo l’opportunità di portarlo verso la fine del film senza scoprire le carte in tavola. Trasformare un romanzo in un film non è cosa semplice: seppur guidato dall’autore, le scene scritte hanno un immaginazione soggettiva. Nel cinema è inoltre indispensabile riadattare il soggetto restando fedeli al romanzo, attraverso i dialoghi, la veridicità e l’immediatezza assoluta delle scene, delle location e dei personaggi. Ci siamo ispirati al testo, mantenendo i nomi dei personaggi, ma creando qualcosa di diverso a livello di storia e dei legami tra i personaggi stessi. La sceneggiatura, scritta da me, assieme a Roberto Attolini e Maurizio Sala, ha avuto il preciso intento di permettere agli attori di immedesimarsi in questa grande avventura attraverso interpretazioni precise ed eterogenee. Ogni personaggio ha una propria peculiarità, e questo permetterà al pubblico di legarsi in modo diverso a ciascuno di loro. Non è semplice da spiegare, ma vedendo il film sarà tutto più chiaro.

Nel film interpreti il protagonista, il Commissario Lorenzo Aliprandi. Prima mi hai detto che è un personaggio molto particolare, difficilmente definibile. Proviamoci lo stesso: me lo puoi presentare? Chi è Aliprandi?

Lorenzo è un uomo del sud, palermitano, vive da solo, non ha famiglia, ha sposato la legge. Un uomo forte, pieno di coraggio, con un passato particolarmente delicato. Il suo lavoro, attraverso le indagini, la verità e la giustizia, gli permettono di riscattarsi da qualcosa che lo turba fortemente dentro. Non vado oltre anche se ho già detto molto, però posso dirti che mi piace inserire in ogni interpretazione qualcosa di me nel personaggio e non solo per facilitarne l’interpretazione. Chi vedrà il film scoprirà un personaggio intrigante, pieno di risorse, ma allo stesso tempo un uomo con i suoi limiti e le sue ambiguità.

Stem Cell è un thriller “medico”, girato in gran parte nella Fondazione Istituto Neurologico Mondino di Pavia. Quanto ha inciso per te e il resto del cast recitare in questa location? Quanto un set reale può cambiare la performance di un attore rispetto ad un set ricostruito?

È mio intento produrre film in location reali e, finché mi sarà data la possibilità, cercherò sempre di realizzarli in questo modo. Penso che, per portare la quotidianità sullo schermo, sia importante avere a disposizione set reali e non ricostruiti, soprattutto se non si hanno grandi budget a disposizione. In ogni caso è opportuno coinvolgere nel progetto una persona all’interno del posto che si intende adottare come location, anziché rivolgersi a locatari il cui unico interesse è il guadagno e che non sempre ti consentono di ricostruire minuziosamente la scenografia che desideri ricreare. Ma il problema non è solo gestire la location come set, ma anche “sentire e interpretare”, all’interno della location reale, il ruolo di attore.

Foto dal set di "Stem Cell"

Foto dal set di “Stem Cell”

Ti racconto una cosa molto particolare: stavamo girando in un reparto di medicina, con diversi pazienti allettati. Purtroppo, gli odori ambientali sono molto diversi rispetto ad una suite o ad un reparto dove le persone sono autonome. Qualche attore aveva difficoltà a concentrarsi ed era infastidito dagli odori forti ai quali non era abituato. Io gli ho semplicemente detto, con affetto e garbo naturalmente, che come attore era fortunato a trovarsi dalla parte opposta del malato, perché il suo ruolo di finzione non gli avrebbe portato alcuna sofferenza, bensì la soddisfazione di poter apparire sul grande schermo. Questa cosa ha funzionato, ha dato maggior intensità all’interpretazione dell’attore che a sua volta ha capito quanto fosse delicata la situazione nella quale stavamo lavorando.

Oltre alla sinossi, e alla trama base, non sappiamo nient’altro e non ti chiedo nulla. È bello lasciare il mistero. Ti chiedo però cosa ne pensi di uno dei temi – se non il tema principale – del film, ovvero l’importanza della Ricerca Medica. Il progresso, l’innovazione, da un lato spaventa, da un altro potrebbe davvero cambiarci la vita. Nello specifico, il trattamento del paziente con le Cellule Staminali, è un argomento delicato e, da anni, sempre attuale. Tu che idea ti sei fatto?

Nulla arriva senza rischio o sofferenza che sia. Tutti gli interventi chirurgici, le medicine che prendiamo, i trattamenti che facciamo e le terapie alle quali ci sottoponiamo servono per migliorare il nostro stato di salute ed il nostro benessere psicofisico. Conosciamo però bene le controindicazioni e le problematiche alle quali andiamo incontro sottoponendoci a tutto questo. Se un giorno dovessero dirci che una nuova terapia con cellule staminali o qualsiasi altra terapia o chirurgia innovativa può migliorare il nostro stato di salute riducendo al minimo i rischi e le controindicazioni, non sarebbe una grande opportunità per tutti noi? Buddha insegna che “Il cambiamento non è mai doloroso, solo la resistenza al cambiamento lo è“. Per questo motivo penso che la ricerca vada supportata. Dobbiamo aiutare ospedali, università e specialisti del settore ad andare avanti più velocemente possibile, perché se oggi, grazie alle terapie, riusciamo a vivere dignitosamente o anche a guarire da alcune malattie, possiamo aspettarci che a breve, sostenendo la ricerca e l’innovazione, si possano avere a disposizione terapie biologiche e trattamenti con cellule staminali che ci diano la possibilità di guarire o di riappropriarci di una condizione di salute che ci permetta sempre più di condurre una vita normale, senza o anche nonostante la malattia.

Foto dal set di "Stem Cell"

Foto dal set di “Stem Cell”

Torniamo al film. Mi hai fatto vedere le foto sul set e sono rimasto sbalordito. Non scriverò cosa ho visto, ma posso dire che a volte non sembrava nemmeno di vedere le immagini di un film italiano. Tant’è vero che mi sono chiesto: ma questo è davvero cinema italiano indipendente? Ora questa domanda la rivolgo direttamente a te… E aggiungo: a livello narrativo e tecnico, che “sfida” stai lanciando con Stem Cell?

Mi fa veramente piacere che hai avuto questa impressione, sono foto “Carpe Diem” che raccontano i nostri momenti sul set. Per quanto riguarda Stem Cell, il nostro obiettivo rimane quello di strizzare l’occhio al cinema italiano e internazionale, ma senza sfidare nessuno, non dimentichiamoci che facciamo parte del nostro piccolo mondo chiamato cinema indipendente che, seppur di ottimo livello, rimane tale. La meritocrazia invece è la sfida che lanciamo con grande piacere riponendo in essa molta speranza. Sarebbe ambizioso poter partecipare al prossimo David di Donatello che si terrà nel 2021. Sicuramente inizieremo con i film festival già dal mese di febbraio e poi pian piano vedremo cosa riusciremo a raccogliere dal nostro seminato.

Piccola curiosità registica, visto che anche il titolo è internazionale. C’è un cinema americano, ovviamente nel genere del thriller, che ti ha ispirato? Se potessi definire il tuo stile (e qui entriamo nel cinema d’autore), qual è l’aspetto che cerchi di far emergere di più?

Attualmente con tutta onestà non posso dire di potermi ispirare a qualcuno, i film americani hanno budget e cast di livelli impressionanti: è come se un calciatore, che gioca in eccellenza o in serie D, si paragonasse a Cristiano Ronaldo. Certo ispirarsi non è essere come lui, ma io trovo simili le due cose perché nel momento in cui cerchi di essere qualcun altro rischi di perdere te stesso, il tuo vero talento e la tua unicità. Desidero invece che nei miei film emergano le sensazioni e le emozioni che vorrei vivere io guardandoli. Per questo cerco di trasmettere agli attori l’interpretazione alla quale vorrei che si avvicinassero, senza fargli perdere mai comunque la loro visione del personaggio e del suo mood. In ogni modo l’unica ispirazione della mia regia è la volontà di far vivere allo spettatore un’esperienza profondamente realistica che lo catapulti letteralmente in una realtà parallela quanto quotidiana.

Foto dal set di "Stem Cell"

Foto dal set di “Stem Cell”

Il cinema italiano mainstream, a proposito di film thriller tratti da romanzi, ha visto recentemente premiate dal gusto del pubblico, La Ragazza Nella Nebbia e L’Uomo Del Labirinto di Donato Carrisi. Stem Cell, pur distinguendosi, soprattutto per la tematica, sembra appartenere a questo filone. Come spettatore, secondo te perché in questa fase storica il pubblico gradisce questo tipo di storie?

Concordo, ne avevo parlato a proposito con Maurizio Sala dopo aver visto La Ragazza Nella Nebbia, film straordinario, interpretato magistralmente da Servillo e Boni e diretto in maniera impeccabile da Carrisi. Ho preferito però vedere il film di Carrisi dopo aver finito di girare Stem Cell perché, considerato il genere, non volevo lasciarmi condizionare e rischiare di cambiare idea sul modo di realizzare le scene del mio film. Nel bene e nel male non voglio ispirarmi o subire l’influenza di alcuno, non per presunzione, ma per mantenere l’originalità della mia visione artistica. Preferisco piuttosto discutere la mia visione con un collaboratore interno, come ho fatto spesso con vari componenti della troupe, per sentirmi più sicuro e delineare meglio la mia idea sul da farsi. Relativamente al genere invece ormai è diffuso il gradimento per le storie criminali, le scene action, il thriller forse perché il cinema è lo specchio di ciò che colpisce la nostra società. Gomorra, Suburra, Romanzo Criminale, sono serie televisive di successo, ma mi chiedo: siamo sicuri che abbiano fatto bene all’evoluzione del nostro senso civile?

Martedì 12 Febbraio, dopo circa due ore di proiezione, Stem Cell finirà e sul grande schermo sfileranno i titoli di coda. So quanta passione e dedizione hai messo in questo progetto. Impossibile prevedere le emozioni della sala. Ma in cuor tuo cosa speri di vedere negli occhi degli spettatori quando le luci si riaccenderanno?

Ho sempre lottato nella mia vita nessuno mi ha mai regalato niente. Per questo film abbiamo lavorato anche 18 ore di fila sul set e non ci siamo mai ci siamo tirati indietro. Siamo stati avvolti dall’affetto e dalla disponibilità di tutti per realizzare questo grande progetto artistico ed il mio cuore, come quello di ognuno di noi del cast, è pieno di gioia. Certo, la speranza è che il pubblico possa apprezzare ed emozionarsi alla visione del film, capire il nostro sacrificio, percepire il duro lavoro fatto, rivivere alcune realtà con occhi e pensieri diversi. Solo così riusciremo a comunicare il nostro messaggio a tutti: fare cinema è sacrificio, passione, dedizione, emozione, amore, professionalità e rispetto per questo mestiere. Al di là della reazione del pubblico però questa è già in sé la luce importante che ci accompagna in ogni lavoro che facciamo.

Foto dal set di "Stem Cell"

Foto dal set di “Stem Cell”

Hai intenzione di dedicare a qualcuno in particolare questo film?

Dedicherò questo film a due persone speciali che ci hanno lasciato prematuramente in giovane età, due carissimi amici che per tanti anni mi sono stati vicini e mi hanno sempre supportato. Il primo è Alessandro un caro ragazzo con la passione per la musica, che ho avuto piacere di conoscere qui a Pavia nel 2008 e che ci ha lasciati nel 2018, tra noi nacque una vera amicizia che dura tutt’oggi con la moglie Elisabetta e le rispettive famiglie. L’altro è Lorenzo, che ho conosciuto nel 2004 a Pavia e che ci ha lasciato nel 2019, un ragazzo dolce e sensibile che ho voluto inserire nel precedente film in un piccolo ruolo. In loro memoria in Stem Cell ho dato il cognome di Alessandro ad un paziente ed io interpreto un commissario di nome Lorenzo. Il messaggio che intendo mandare a chi conosce le persone a cui è dedicato il film è quello di Sant’Agostino: “Nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta”.

Intervista di Giacomo Aricò


EXTRA – Sul set di Stem Cell

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