Maurizio Nichetti

INTERVISTA – Maurizio Nichetti: “Troppi film in serie: il cinema ha bisogno di nuove visioni”

Maurizio Nichetti

Maurizio Nichetti 1Visionari del cinema, questo articolo è per voi. Dal 12 ottobre è uscito in libreria Maurizio Nichetti – Parola al Mimo, uno straordinario volume che ripercorre l’Arte e la carriera del regista e interprete milanese. Il libro – edito da Asylum Press Editor e Imp[O]ssible Book – è stato curato da Claudio Miani e Gian Lorenzo Masedu e presenta tre saggi tecnici, una splendida intervista allo stesso Nichetti, fotografie e disegni inediti, alcuni dei quali firmati tra gli altri da Giorgio Cavazzano, Leo Ortolani, Furio Scarpelli. Parola al Mimo, un vero e proprio testo da “mostra museale” (il formato è davvero bello), è un viaggio fatto di racconti, cinema, riflessioni, studi e immagini su Maurizio Nichetti, uno dei registi più surreali del nostro cinema, innovatore e precursore dei tempi, capace di sperimentare e segnare indelebilmente il cinema di animazione italiano e non solo. Il volume, oltre a ripercorrere le tappe professionali del Maestro – dai primi esperimenti di animazioni presso lo studio Bozzetto, agli sviluppi e alle idee condivise con Guido Manuli, passando per le stravaganze televisive di Quo Vadiz? e in Pista! e ai suoi film rivoluzionari – racconta anche lo sviluppo tecnologico che ha segnato gli ultimi 40 anni e soprattutto contestualizza il cinema all’interno dell’evoluzione sociale del nostro paese.

C’è chi fa film e chi fa Cinema

Prima di parlare con il grande protagonista del libro, ho deciso di porre una domanda spartiacque a uno dei due curatori del libro, Gian Lorenzo Masedu, autore del primo (Il Silenzio, il Doppio, la Reinvenzione di Sé). Il quesito è questo:

C’è chi fa film e chi fa Cinema. Perché Nichetti appartiene alla seconda categoria?

La differenza tra chi fa film e chi fa Cinema è la stessa che passa tra chi produce in serie e un artista che fa pezzi unici. Un prodotto in serie può essere gradevole e funzionale ma manca di quel tocco, e anche di quelle imperfezioni, che solo un Artista può dare. In tal senso, Nichetti è un artista, il cui tocco è riconoscibile film dopo film e la cui opera rappresenta un discorso unico, da analizzare nel suo insieme. Non, quindi, un artigiano capace, ma pur sempre un artigiano, la cui personalità si confonde con e nell’opera che produce. In ogni suo film, Nichetti non si limita ad imitare la realtà, ma la ricrea, arricchendola  con quelli che sono i suoi temi ed i suoi stilemi. Nichetti fa Cinema perché riesce a riversare la sua personalità su ogni pellicola, firmandone immagine dopo immagine.

Angela Finocchiaro e Nichetti (versione cartoon) in "Volere Volare" (1991)

Angela Finocchiaro e Nichetti (versione cartoon) in “Volere Volare” (1991)

Intervista a Maurizio Nichetti

Il dubbio è stato sciolto. Maurizio Nichetti non è un semplice regista di cinema, ma un Artista. Esemplare è questa definizione che compare all’inizio del libro:

Maurizio Nichetti è un Poeta. Ha assorbito e rielaborato con disinvoltura materiale cinematografico e proveniente dall’animazione, oltre che, nello stesso grado, elementi mutuati dalla narrativa, dall’arte, dal pensiero filosofico, dal folclore, dalla tradizione, dalla leggenda e dal mito, facendoli propri in modo originale“.

Poterlo intervistare è stato per me un onore e un piacere.

Maestro, nella seconda parte del libro a lei dedicato Maurizio Nichetti – Parola al Mimo, lei, in un’intervista molto accurata e approfondita realizzata dall’autore Claudio Miani, ripercorre tutta la sua carriera e quindi, come recita il titolo del volume, “il mimo prende parola”. E’ soprattutto questa – Il Mimo – la figura che sente più vicina a tutta la sua anima ed opera artistica?

Con Claudio Miani ne avevamo parlato in fase di progettazione della copertina. Mi domandavo anch’io se la parola mimo evocasse qualcosa di positivo piuttosto che un genere teatrale appartenente al secolo scorso, il secolo di Etienne Decroux, il codificatore del mimo “moderno”. Aldilà di qualche mia perplessità penso che oggi saper tacere sia una dote che andrebbe rivalorizzata. Un mimo non potrebbe mai essere invitato in un talk show televisivo. Un mimo decide solo di parlare il minimo indispensabile e su cose che conosce e questo, ai nostri giorni, è una rarità assoluta, preziosa.

Nichetti al circo

Nichetti al circo

Disegnatore, attore, regista, Professore. Una vita legata al cinema la sua. Oggi la settima arte è sempre più produzione in serie, tra usato sicuro e film calibrati (anche con operazioni di “markeTTing”). Dove sono finite le visioni? O meglio, domanda ancor più tetra: sono davvero finite le visioni?

Viviamo l’era degli Editor sapienti. Addestrati a interpretare i bisogni del pubblico, ad analizzare algoritmi sempre più invadenti dentro le nostre vite. Editor che hanno come massima ambizione quella di dare ritmo anche alla noia. Ne escono, nel migliore dei casi, film uguali che ti dimentichi dopo due giorni e forse sono fatti proprio per questo. Essere trasmessi ogni tre mesi a pubblici che li possono rivedere senza neppure accorgersi di averli già visti. Ci mancano le geniali “imperfezioni” dei film di Federico Fellini.

La cifra tonda permette ai giornalisti di fare domande ricorrenti e scontate, è vero. Ma il suo Ratataplan, che quest’anno ha fatto 40 primavere, è un film ancora giovanissimo e attuale. Credo sia soprattutto questa la forza di un grande regista: arrivare prima degli altri. Lei cosa prova a riguardarlo oggi?

Io non riguardo mai i miei film, anche se mi piace rivederli sempre. Voglio dire che mi piace guardarli con pubblici sempre nuovi, oggi nel 2019 vedere una platea ancora divertita da Ratataplan è una soddisfazione che va aldilà del film più o meno riuscito. Se dopo quarant’anni riesce ancora a divertire significa che, nel pubblico, non è scomparsa del tutto la voglia di farsi sorprendere.

"Ratataplan"

“Ratataplan”

Il mutismo di Colombo era inoltre una previsione azzeccata. Oggi – ad esempio in metro a Milano – tutti corrono e tutti stanno zitti, con gli occhi che si specchiano negli schermi degli smartphone. La comunicazione, passa dai polpastrelli delle dita che “digitano” e “scattano” in continuazione. Le emoticon (in stile cartoon) sostituiscono le nostre facce. Cosa ne pensa?

Dovrei esprimermi con un emoticon! Quello con gli occhi sbarrati.

Ecco un’altra ricorrenza e un personale ricordo. 30 anni fa, 1989, mio padre registrò su vhs, in seconda serata in tv, Mondocartoon – La Notte dei Cartoni, da lei introdotta. Per tenermi lontano dalla visione (io sono nato nel 1986), sull’etichetta della videocassetta scrisse “Cartoni Brutti”. Ricordo che la curiosità, una volta compiuti 5-6 anni, diventò per me talmente grande che un giorno di nascosto la vidi. Effettivamente ne rimasi impressionato, forse ero in piena fase Disney, forse il “divieto” mi aveva suggestionato, forse semplicemente ero ancora troppo piccolo. Secondo lei oggi, se fatti vedere a dei bambini, che effetto farebbero? Gli occhi dei bambini – sognatori per definizione e affascinati dalla magia dell’animazione – secondo lei saranno sempre gli stessi o stanno cambiando?

La notte dei Cartoon, ma anche Fantasy Party serie TV firmata da Guido Manuli, avevano l’ambizione di mostrare cartoni animati realizzati per un pubblico adulto. Le fantasie più sfrenate di quegli animatori condannati di solito a streghe e coniglietti, che, potendolo, liberavano una fantasia dissacrante e, a volte, provocatoria. Non li farei vedere a un bambino, ma li trasmetterei per un pubblico adulto, anche per distoglierlo da tutta quella melassa realistica che pervade il 90% delle fiction televisive.

Maurizio Nichetti 4

Nel libro lei afferma che le nuove generazioni, i suoi studenti, le insegnano sempre qualcosa. Quanta fiducia ha sulle nuove leve del cinema? C’è un nuovo Maurizio Nichetti in cui si rivede?

Ci sarà sicuramente, anche se io non lo conosco. Ho la presunzione di pensare che ogni spettatore che sa apprezzare, ancora oggi, un film di Tati o di Buster Keaton è un potenziale autore fuori dal coro che aspetta solo l’occasione giusta per debuttare.

Intervista di Giacomo Aricò

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