È nei cinema italiani, da giovedì 19 gennaio, il lungometraggio Il Ragno Rosso del regista polacco Marcin Koszalka: un dramma-noir psicologico ambientato nella Cracovia negli anni ’60.
Protagonista è il giovane di buona famiglia Karol, promettente tuffatore. Una sera, al luna park, scopre il cadavere di un bambino assassinato e collega il fatto all’uomo che ha visto andarsene da solo e in sordina poco prima. Karol decide di non raccontare l’accaduto alle autorità e di agire da solo, per scoprire se il bambino è l’ennesima vittima del misterioso serial killer soprannominato “il ragno rosso” che sta seminando il panico in città. Riesce a rintracciare l’uomo misterioso, un apparentemente innocuo veterinario, e ad incontrarlo: corrisponde all’assassino? E Karol è mosso dal desiderio di fare giustizia? I due si incontrano, si studiano e prende corpo una vicenda sorprendente e affilata, giocata sulla relazione tra il giovane protagonista e il presunto assassino e sui loro più reconditi risvolti emotivi.
Ispiratosi alla storia vera di Karol Kot, serial killer soprannominato “il vampiro di Cracovia” e diventato star mediatica nella Polonia di fine anni ’60, Koszalka con Il Ragno Rosso realizza il suo primo lungometraggio di fiction dopo diversi anni di attività e successo come documentarista e direttore della fotografia (ruolo che ha comunque svolto anche nella realizzazione di questo film). E dimostra talento autoriale, creando sapientemente tensione e un’atmosfera che ben racconta la realtà comunista dell’epoca, oltre a delineare in modo sottile la psicologia dei suoi personaggi, nelle cui pieghe va ad inserirsi in modo perfetto la suspense dello spettatore.
Su Il Ragno Rosso, il regista Marcin Koszalka ha spiegato: «l’ambientazione nella Cracovia degli anni ’60 mi ha offerto un ottimo spazio per questa storia. Era un’epoca cupa, con poca luce, il vuoto e l’ordinario erano ovunque: la gente portava vestiti simili, viaggiava in autobus, c’erano poche auto. Se avessi trasposto l’azione ai giorni nostri, la storia sarebbe rimasta uccisa dalla moltitudine di fattori. In più, grazie a questo contesto, mi sono potuto allontanare dallo stereotipo del serial killer imposto dalla cultura anglosassone».
“Se avessi tentato di fornire allo spettatore una spiegazione diretta del male questo film non avrebbe senso”.
Marcin Koszalka