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L’Apprendistato di Davide Maldi, l’adolescenza tra regole e disciplina

In concorso nella sezione Cineasti del Presente al Festival di Locarno, vincitore del Gran premio della giuria nella sezione ItalianaDoc al Torino Film Festival e presentato nei giorni scorsi al MoMA di New York, arriva nelle sale italiane dal 7 marzo, distribuito da Movieday, L’Apprendistato di Davide Maldi. Ambientato all’interno di un prestigioso collegio alberghiero (l’Istituto Mellerio Rosmini di Domodossola, che ha formato generazioni di professionisti sparsi in ogni angolo del mondo), il film segue l’iniziazione di un quattordicenne timido e dall’animo selvaggio, all’arte del servire.

Il film

D’ora in avanti i capelli devono essere corti e ben pettinati, le unghie devono rimanere pulite e le dita non devono diventare gialle per la nicotina. Il lavoro impegnerà molto sia mentalmente che fisicamente, il consiglio che viene dato è quello di venire il meno possibile influenzati dall’atmosfera festaiola che regna attorno. Queste sono alcune delle regole che Luca (Luca Tufano), un quattordicenne timido e dall’animo selvaggio, deve imparare a rispettare per sopravvivere all’interno del collegio alberghiero.

La famiglia lo ha spinto a iscriversi all’istituto perché lui possa imparare il più rapidamente possibile il mestiere e il suo carattere ne risulti forgiato. Luca proviene da un villaggio di montagna tra le Alpi, è cresciuto badando al bestiame di famiglia e andando in giro nei boschi. L’Apprendistato porterà il giovane a fare i conti con se stesso e con ciò che dovrà fare nella vita: quanto dovrà sacrificare della propria libertà e adolescenza per lavorare al servizio dei clienti?

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Davide Maldi racconta…

L’Apprendistato, inteso come secondo capitolo di una trilogia sull’adolescenza, è un film incentrato sull’osservazione dei cambiamenti che un ragazzo vive nel momento di confronto con le prime forme di disciplina, nel periodo in cui affina gesti, tecniche e soprattutto il carattere all’interno di un percorso di formazione professionale. È il racconto di quel delicato momento di presa di coscienza nella vita di ogni adolescente, durante il quale alcuni tratti fisici e caratteriali, anche solo appena accennati, prendono forma e vengono plasmati nel passaggio graduale alla vita adulta“.

Mi interessava ragionare sull’idea di iniziazione, cercando oggi, all’interno di un contesto specifico e temporalmente definito, una traduzione di quelli che nell’antichità venivano identificati come “riti di passaggio”. Alla luce di queste considerazioni, ho cercato un contesto reale dove un ragazzo era portato ad accelerare il suo processo di crescita imparando da subito un lavoro. L’Istituto alberghiero mi è sembrato un contesto estremamente funzionale ed interessante all’interno del quale muovermi e osservare chi sceglie di imparare un mestiere fatto di regole e disciplina, sottostando alle leggi del mondo del lavoro al fine unico di servire i clienti“.

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L’Apprendistato è costruito su un’idea ben precisa di racconto legato al luogo e al paesaggio scelto: la scuola delinea quattro mura e diventa un palcoscenico dove la messa in scena è reale, scandita dal normale svolgimento delle giornate. La forma di interazione con la realtà si basa pertanto su di un rapporto diretto e continuativo con le persone coinvolte, al fine di documentare in maniera graduale e accorta lo sviluppo caratteriale, fisico e intellettuale degli studenti. La struttura narrativa del film, in accordo con i docenti, interviene nella realtà della scuola e della vita degli studenti, così da costruire un film a cavallo tra l’osservazione di ciò che esiste e ciò che è la narrazione, non un documentario d’assalto. L’Apprendistato è un film cercato, ritrovato e sviluppato nella realtà“.

“In qualsiasi tipo di società la vita dell’individuo consiste nel passare successivamente da un’età all’altra e da un’occupazione a un’altra. Là dove le età, e quindi le corrispondenti occupazioni, sono tenute separate, questo passaggio si accompagna ad atti particolari: essi, per esempio, costituiscono, rispetto ai nostri mestieri, l’apprendistato, mentre per i popoli semicivilizzati, si espletano in cerimonie religiose, giacché presso di loro nessun atto è completamente svincolato dal sacro”.

(Arnold Van Gennap, I Riti Di Passaggio, Bollati Boringhieri, 2012)

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