James Dean

Ribelle e solitario, quel mito chiamato James Dean

James Dean

Definirlo attore è limitativo. La quasi dantesca sete di conoscenza di James Byron Dean, nato a Marion, nella rurale Indiana l’8 febbraio del 1931 (90 anni fa), si esprimeva in molteplici forme. Accanto al palcoscenico, al piccolo e al grande schermo, Jimmy voleva trovare attraverso altre forme artistiche la sua via: nella musica (suonava anche il banjo, e nessuno poteva disturbarlo), scriveva poesie e si dedicava alla scultura. Ricercava in solitudine il suo posto nel mondo.

James Dean

James Dean

È chiaro che comunque la dimensione attoriale è stata per lui la più appariscente, quella che lo fece divenire celeberrimo in vita (per breve tempo) e dopo la vita (ancora oggi). Quella che trasformò il profondamente umano Jimmy, un antieroe in jeans, in eroe, o meglio, in un divo eterno ed etereo. (Pre)destinato ad una fine tragica, avvenuta alla fine di settembre del 1955, mentre la luce del tramonto indorava le basse colline californiane, quella della valle dell’Eden, descritta da Steinbeck e portata al cinema da Elia Kazan, proprio con Dean nel ruolo di protagonista.

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È questa la prima delle sue tre pellicole, che contribuiranno a cambiare la recitazione cinematografica per sempre. Un ruolo, quello di Cal (protagonista del film di Kazan), che sembrava ricalcare la vita di Jimmy. Rimasto orfano di madre e con un padre assente e tormentato dai dubbi di essere il vero genitore, Dean crebbe in una fattoria con gli zii, appassionandosi sin da giovane allo sport, all’arte e al teatro, ma sviluppando al tempo stesso una personalità irrequieta, introversa ed eccentrica. Una personalità che lui riusciva ad infondere ad ogni suo personaggio interpretato, in televisione prima e sul grande schermo poi.

Nella parte di Cal ne "La Valle dell'Eden"

Nella parte di Cal ne “La Valle dell’Eden”

Lui era Cal (La Valle dell’Eden, 1955) che cercava di ritrovare la madre perduta e di comprare l’affetto di un padre freddo e scostante coltivando lattuga, per poi regalargli i profitti. Lui era Jim Stark (Gioventù Bruciata, 1955), studente e involontario protagonista di scorribande suicide (e omicide) nell’America allucinata degli anni Cinquanta, dove la gioventù bruciata, indomita e irascibile rappresenta le ferite aperte di una guerra appena finita.

Con Natalie Wood in "Gioventù Bruciata"

Con Natalie Wood in “Gioventù Bruciata”

Dove le nuove generazioni, ormai drammaticamente imborghesite dal boom economico, si armano di giubbotti di pelle, stivali da cowboy, automobili convertibili e coltelli, per combattere contro se stesse, più che contro una non ben definita autorità, comprensiva e preoccupata. Lui era Jet Rink (Il Gigante, 1956), il vaccaro taciturno, crucciato e povero, che diventa per caso enormemente ricco col petrolio, ma anche enormemente infelice, perché non può vivere accanto alla donna che ha sempre amato.

Nei panni di Jet Rink ne "Il Gigante"

Nei panni di Jet Rink ne “Il Gigante”

Lui era James Dean, che, formatosi all’Actor’s Studio newyorkese, divenne lo specchio (insieme ad altri) di un nuovo modo di concepire il cinema, nel quale la cruda realtà, bella o brutta che fosse, prendeva il posto di quel mondo ideale, creato ad arte in epoca roosveltiana, condito di ammiccamenti, buoni sentimenti e lieto fine obbligatorio.

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E ancora oggi, guardandolo recitare, si ha la sensazione che Jimmy cerchi di andare oltre l’apparenza, di trarre fuori, da se stesso e dagli altri, la parte più nascosta, di scalfire la superficie (anche dello schermo), nell’affannosa e umana ricerca dell’essenziale, che è invisibile agli occhi.

Tommaso Montagna

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