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Rosario Tedesco porta il Destinatario Sconosciuto al Teatro dell’Elfo di Milano

Dall’11 al 23 dicembre, a Milano la Storia del XX secolo si racconta in musica con la nuova edizione del Destinatario Sconosciuto nell’adattamento di Rosario Tedesco per il Teatro dell’Elfo, con la partecipazione del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, ed il Coro di voci bianche “F. Gaffurio”. Il regista ha adattato il romanzo di Katherine Kressmann-Taylor, scritto nel 1938 in forma di racconto epistolare. Un testo che esalta il sottile gioco psicologico che spinge ad un punto di non ritorno l’amicizia tra due uomini, smascherandone alla luce della Storia, ipocrisie e meschinità.

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Martin (Nicola Bortolotti) e Max (Rosario Tedesco), amici e soci in affari, vivono negli Stati Uniti. Max è ebreo, Martin è un gentile. Nel 1932, Martin ritorna in Germania e partecipa alla ricostruzione postbellica della patria. In principio dubbioso, finisce con il subire il fascino della propaganda nazista. Max, invece, resta in America, lontano dagli eventi, esule. Il loro carteggio rivela il senso profondo dei cambiamenti che di lì a poco sconvolgeranno l’Europa intera. La lontananza, dapprima solo geografica, presto rende tangibile un’estraneità più profonda, e le parole si fanno armi letali. Una partita a scacchi con il passo del thriller, che riserva come epilogo un sinistro scacco matto.

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Rosario Tedesco racconta:

«Fin dall’inizio ho scelto di descrivere, accompagnare, attraversare questo percorso di rovine, questa discesa ad inferos, con la musica. La Storia raccontata in Musica è un tema che ho provato a declinare rendendo il progetto Destinatario Sconosciuto non una semplice messa in scena, ma un esperimento di condivisione con le realtà che abbiamo voluto coinvolgere in ogni città. Comunità diverse che hanno interagito con il testo e con la selezione dei brani, interpretandoli, attribuendo nuovi significati, mettendo in luce toni e sfumature che legano e sciolgono tutti i nodi della Storia, quella privata di Max e Martin, e quella del nostro Ventesimo secolo che non accenna a smettere di essere “contemporaneo”».

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