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Sergej Ejzenštejn, l’immortale autore de La Corazzata Potëmkin

Per celebrare il 120° anniversario della nascita di Sergej Ejzenštejn – cineasta sovietico, tra i più influenti nella storia del cinema – oggi parliamo del suo film forse più celebre, La Corazzata Potëmkin, pellicola-manifesto uscita nel 1925.


La Corazzata Potemkin è il film più famoso della storia del cinema e uno dei meno visti. Mai visto nella versione che la Cineteca di Bologna ripropone, restituito da un luminoso restauro allo splendore delle sue immagini. Un film che nella Russia del 1925 celebrava la rivolta dei marinai e della città di Odessa avvenuta nel 1905. Un film che “emergeva dal mare” con l’impeto creativo di un regista di ventisette anni, Sergej Ejzenštejn, destinato a portare la rivoluzione nel linguaggio cinematografico.

La Corazzata Potëmkin è un richiamo alla necessità della ribellione quando la giustizia e la dignità sono calpestate, un alto grido umanista in nome della fratellanza. Scrostato da decenni di polvere critica, sottratto al luogo comune dell’invettiva fantozziana, il capolavoro di Ejzenštejn può levare l’ancora verso le nuove generazioni. Perché questo è un film – a differenza di quanto affermò Paolo Villaggio nei panni di Fantozzi – di una bellezza pazzesca.

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Nel 1925 l’Unione Sovietica festeggiava il ventennale della sua prima rivoluzione. Era la prima celebrazione del nobile prologo alla rivoluzione d’Ottobre. In marzo venne avviato un ambizioso progetto cinematografico chiamato 1905, e il ventisettenne Sergej Ejzenštejn fu chiamato a dirigerlo. Si pensava a un racconto articolato e d’ampio respiro, che contenesse vari episodi dedicati agli avvenimenti del 1905; il tempo a disposizione era però davvero troppo esiguo, solo nove mesi complessivi di lavorazione: l’uscita del film era programmata per l’ultimo giorno dell’anno.

In poche settimane il giovane regista elaborò con la scrittrice armena Nina Agadžanova-Šutko uno scenario, un grande affresco in sei episodi che tracciava la storia dell’anno dalla guerra russo-giapponese all’insurrezione armata di Mosca. Più che di una vera sceneggiatura si trattava, come poi scrisse lo stesso Ejzenštejn, di “un grande quaderno d’appunti, un gigantesco riassunto” dov’erano annotati i risultati di ricerche accanite e minuziose su un’epoca. L’episodio della Potëmkin era delineato in dieci righe. Il 31 marzo Ejzenštejn e il suo operatore Eduard Tissé cominciarono a girare a Leningrado un primo episodio sullo sciopero generale rivoluzionario, ma il cattivo tempo costrinse la truppa cinematografica a spostarsi a sud, sulle rive solatie del Mar Nero.

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Intanto avevano compreso che l’impresa, come era prevista dallo scenario, era superiore alle loro forze e al tempo a disposizione: bisognava decidersi a scegliere uno dei sei episodi e fare il film su quello. Secondo i piani di lavorazione a Odessa si dovevano girare due brevi episodi: uno sciopero di portuali e le dimostrazioni dopo l’ammutinamento della Potëmkin; per questo avvenimento erano previste soltanto 42 delle 800 inquadrature della sceneggiatura. Le riprese iniziarono all’inizio della primavera, a Leningrado e non a Odessa. Nina Agadžanova-Šutko continuava intanto a scrivere la sceneggiatura. Il tempo era pessimo e le riprese accumularono subito molto ritardo. Così la troupe si spostò a Odessa, all’Hotel London. Fu là che Ejzenštejn scrisse la sceneggiatura che sarebbe diventata La Corazzata Potëmkin.

La scalinata di Odessa diventò l’immagine che riassumeva la rivoluzione ‘incompiuta’ dell’anno 1905, e il massacro sulla scalinata diventò il teatro della crudeltà dove si traduceva in forma visiva tutta la necessità della rivolta, tutto il dolore e la sofferenza che il popolo dovette patire in quegli anni di oppressione. Anni dopo, nei suoi scritti, Ejzenštejn avrebbe riflettuto su come un elemento, un episodio, in quanto rappresentativo, possa riassumere tutto. La carne andata a male è un’immagine della situazione disumana in cui vivono operai e soldati: un dettaglio che comunica tutto il necessario. La scena sulla poppa della nave rappresenta in forma sintetica la crudeltà dello zarismo e la viltà degli opportunisti, mostrando lo zelo servile dei ‘compagni’ a cui è stato ordinato di umiliare gli altri. Il funerale del marinaio Vakulinčuk porta l’eco delle tante celebrazioni luttuose in onore dei defunti della rivoluzione.

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Nella sequenza della scalinata convergono ricordi della rivolta di Baku, della Domenica di sangue di San Pietroburgo, dell’eccidio e dell’incendio del teatro Tomsk. E alla fine, lo scivolare vittorioso della corazzata davanti alla flotta è il culmine della ‘tragedia ottimista’ che è La Corazzata Potëmkin, e concentra in sé il senso della rivoluzione dell’anno 1905.

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