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Tiziano Vecellio, l’artista rivoluzionario che a Venezia fondò “l’impero del colore”

La stagione 2022-2023 della Grande Arte al Cinema riparte con Tiziano. L’Impero Del Colore, il docufilm diretto da Laura Chiossone e Giulio Boato che sarà nei cinema solo dal 3 al 5 ottobre. Al centro ci saranno le iconiche e rivoluzionarie opere di Tiziano Vecellio, uno degli artisti simbolo dell’intero Rinascimento. I capolavori e la vita del Maestro che incarnò l’animo di Venezia – grazie alla sua inconfondibile pennellata, l’uso del colore e l’abilità di carpire le personalità dei protagonisti – vengono ripercorsi attraverso le parole di esperti, critici, studiosi ed artisti internazionali.

Il film

All’aprirsi del 1500, in una città coperta d’oro che svetta ammiratissima sopra una foresta sommersa, un ragazzo scende dalle montagne del Dogado per essere ricordato come “il più eccellente di quanti hanno dipinto”. Straordinario artista e geniale imprenditore di se stesso, tanto innovativo nella composizione di un’opera quanto nel saperla vendere, Tiziano Vecellio (1488/1490 –1576) diviene in pochi anni pittore ufficiale della Serenissima e sommo artista ricercato dalle più ricche e famose corti d’Europa. Da Ferrara a Urbino, da Mantova a Roma fino alla Spagna di Carlo V e di suo figlio Filippo II, Tiziano attraversa il secolo illuminandolo con i suoi dipinti e ispirando artisti di tutte le epoche successive. Perfetto interprete della religione e della mitologia e ritrattista di immediata potenza espressiva, domina il suo tempo oscurando i contemporanei, sempre tenendo fede al suo motto: “l’arte è più potente della natura”.

Quella di Tiziano Vecellio è una vocazione a cui è impossibile rinunciare, persino quando una strada più facile sembra aprirsi scontata: Tiziano proviene da una famiglia di notai di Pieve di Cadore, ma né la prospettiva di una vita agiata né l’amore per le Dolomiti riescono a spegnere quel fuoco indomito che lo spinge sino a Venezia per cominciare, già giovanissimo, l’apprendistato come pittore. Venezia, per tutta la sua esistenza, rimarrà la base operativa da cui spostarsi per conquistare e creare un vero e proprio “impero del colore”: paragonabile a New York poiché abitata da un’alta percentuale di stranieri, e contaminata da influssi di tutto il mondo, nel Cinquecento la Serenissima viene più volte minacciata dall’oscurità della peste, salvandosi per la sua eccezionale concentrazione di bellezza, di potere, per quell’animo libero che il rivoluzionario Tiziano incarna a perfezione tramite il colore.

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Tiziano l’artista

Poco più che ventenne Tiziano, con Amor Sacro e Amor profano, commissionata nel 1514 dal cancelliere veneziano Niccolò Aurelio come dono di nozze per l’amata, restituisce un’attenzione particolare all’universo femminile e conquista velocemente il mercato dei nobili privati veneziani. Ambisce però a diventare pittore della Serenissima, come richiede esplicitamente al Consiglio dei Dieci, per cui realizzerà La battaglia di Cadore destinata alla Sala del Consiglio di Palazzo Ducale. È una delle rare scene di battaglia del pittore, conclusa in 25 anni e infine sparita per un incendio: quest’opera rende evidente il modus operandi di Tiziano, che si avvale di un vero e proprio team di collaboratori, non di allievi, per terminare i numerosi ingaggi accettati, contraddistinti dalla sua pennellata unica, garanzia del suo tocco finale, del suo “brand” inconfondibile.

È l’Assunzione di Maria per la chiesa di Santa Maria dei Frari, nel 1516, a consacrare il successo del Vecellio anche in ambito religioso: questa pala di 7 metri di altezza è una vera esplosione di luce, colori, movimento, che rapisce lo sguardo dello spettatore ridefinendo lo spazio architettonico della chiesa. Le mire di Tiziano escono dalla Venezia dove ha costruito famiglia con la modella Cecilia, musa delle sue opere e originaria delle sue montagne; il pittore vuole ingraziarsi le corti italiane, e grazie all’intimismo del Cristo della Moneta realizzato per Alfonso I di Ferrara, riceve dal suo nuovo committente il primo ciclo mitologico destinato a decorare il camerino di alabastro. Di grande impatto, l’opera rende ancor più noto il pittore, che negli ultimi anni del secondo decennio e nei primi del terzo realizza i suoi lavori più rivoluzionari; sono anche gli anni dell’amicizia con Pietro Aretino, rockstar del Rinascimento, che diventerà suo manager, reso eterno nel famoso Ritratto di Pietro Aretino. I ritratti di Tiziano, con cui conquisterà i futuri committenti, mostrano la sua capacità di comprendere le personalità che ha davanti, di esaltarle per il loro prestigio, le loro doti, il loro potere, tanto da diventare un simbolo del loro status. Tiziano giunge alla volta di Mantova, dove compiace con un ritratto un’Isabella d’Este non più giovanissima, tocca le varie corti italiane, riuscendo a restituire il carisma del soggetto raffigurato persino nei ritratti postumi, come avviene nel Ritratto del doge Andrea Gritti, scomparso a Venezia.

Flora

Flora

Il 1530 è un anno significativo per Tiziano, che lascia la moglie incinta a Venezia per seguire, a Bologna, l’incoronazione di Carlo V come imperatore da parte di papa Clemente VII: l’imperatore non ha un grande interesse per la pittura, ma ne comprende il valore e il potere. In quell’anno Cecilia muore mentre sta dando alla luce la terzogenita, Lavinia, poi assistita dalla sorella Orsola: Tiziano si rifugia nel dolore e nella cura della piccola, si trasferisce nel Sestriere di Cannaregio, e nella Presentazione di Maria al Tempio realizzata per la Scuola Grande della Carità esalta sublimemente la purezza della Vergine, che somiglia alla sua Lavinia, e i committenti, i confratelli, continuando a brillare per la sua abilità pittorica. Sono anche gli anni di uno dei dipinti più iconici di Tiziano, la Venere di Urbino (1538), realizzata per il duca di Urbino come dono di nozze alla sua sposa: qui il pittore fonde mito e realtà portando la divinità in un interno cinquecentesco, donando eternità alla futura coniuge, esaltando la dignità non solo della figura mitologica ma anche della donna.

Tiziano, sempre più ambizioso, nel 1545 raggiunge Roma dove lavora per i Farnese, e per papa Paolo III realizza uno dei più celebrati ritratti di potere, il Ritratto di Paolo III con i nipoti Ottavio e Alessandro. Cinque anni dopo il pittore, quasi sessantenne, viene chiamato ad Augusta dall’Imperatore Carlo V, per cui realizza il primo, famosissimo, ritratto equestre della pittura occidentale moderna. Per l’imperatore e per il figlio Filippo II re di Spagna, Tiziano realizza il suo secondo ciclo mitologico, le “Poesie”, dove la pittura si fa più ruvida, i contorni si vaporizzano, emergono stati d’animo estremi e composizioni nuove. A Venezia ormai il protagonista della pittura è Jacopo Tintoretto, ma Tiziano rimane all’apice del successo a livello internazionale, pur con toni più crepuscolari per via dei recenti lutti (la figlia Lavinia, l’Aretino, Carlo V, il fratello Francesco con cui era imprenditore nel commercio di legname), e riesce a rendere palpabile anche il corpo di San Lorenzo, protagonista di un’iconografia insolita nel Martirio realizzato per la Chiesa di Santa Maria Assunta dei Gesuiti a Venezia (1558). Le immagini di Tiziano si diffondono nel mondo, e per istituire una sorta di copyright il pittore autorizza solo il grafico Cornelis Cort a copiare alcune sue opere in maniera quasi, ma non del tutto, fedele.

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Come mostra l’Autoritratto del pittore conservato a Madrid, Tiziano si vede ormai come un anziano profeta, mostrando la propria fragilità e irrequietezza: i colori del pittore si incupiscono ulteriormente, anche in seguito al ritorno della peste a Venezia nel 1575 e poi alla morte del figlio Orazio, come è evidente nella sua ultima opera, testamento umano e religioso del pittore, la Pietà, inizialmente destinata per la sua tomba nella cappella dei Frari, rimasta incompiuta per via della morte dell’artista stroncato dalla peste. Per tre secoli la tomba di Tiziano sarà decorata solo da una lapide, mentre la sua pittura influenzerà i maggiori artisti delle epoche successive e continua tuttora a dialogare con i contemporanei come Jeff Koons.

Giulio Boato racconta…

Tiziano è il maestro del colore, ma non solo: lontano dal mito dell’artista romantico, del genio solitario, Tiziano aveva creato una factory ante litteram, coinvolgendo allievi, parenti e collaboratori. È paragonabile a un Jeff Koons del Rinascimento. In questo film ripercorriamo la vita e la vastissima produzione artistica di Tiziano Vecellio, concentrandoci su una cinquantina di lavori: dalle grandi composizioni religiose alle scene mitologiche, per arrivare ai ritratti e alle Veneri. Sfiorando la superficie della tela, la telecamera rende percepibile la materia pittorica e lo spessore delle pennellate. Abbiamo ripreso le opere nel loro contesto attuale, nelle chiese e nei musei più importanti d’Europa, per godere del rapporto tra i quadri e lo spazio che le ospita. Anche la composizione e l’illuminazione delle interviste si rifà all’atmosfera pittorica, echeggiando il famoso “ritratto psicologico” di Tiziano. E infine c’è Venezia, altra protagonista del film al fianco di Tiziano: dalla grandiosa Piazza San Marco ai canali tortuosi tra le isole; suggestivi movimenti ascensionali restituiscono la magnificenza della città d’acqua, che ha tanto influenzato i colori del pittore”.

Bacco e Arianna

Bacco e Arianna

Laura Chiossone racconta…

Tiziano il pittore che ha conquistato l‘Europa intera. Un uomo che ha saputo dare corpo e carne alla bellezza, che attraverso la sua arte e il suo sguardo così impavido ha saputo prendersi il successo, le corti, la fama e il denaro che desiderava. È questo il tema che ho individuato per lo sviluppo drammaturgico del film e coinvolgere lo spettatore. Dai boschi del Cadore, Tiziano arriva nella nobile Venezia ed uno dopo l’altro conquista tutto quello che un pittore ambizioso può desiderare: la nobiltà veneziana, lo stato veneziano, il clero, Roma, le corti italiane, le corti europee“.

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