Tutto quello che tocca Tom Ford è oro: ha rilanciato Gucci e Yves Saint Laurent, prima di traghettare al successo la sua omonima label. E quando ha deciso di cambiare lavoro, per passione e forse per nostalgia di un corso seguito negli anni ’80 agli New York Academy, è persino diventato un regista degno di nota. Al momento, nella sua carriera si contano solo due pellicole, A Single Man (2009) e Animali Notturni (2016), entrambi con plauso della critica. Classe 1961, la strada di Tom Ford è stata lunga e anche insidiosa: nato nel Texas, dove fragilità e sensibilità non sono contemplate, è riuscito ad esprimere se stesso nella Grande Mela, lontano dalle sue radici. Dopo aver vissuto il glamour di Studio 54, dove ha incontrato Andy Warhol e amato la moda sensuale di Halston, il Creativo nel 1988 assume la direzione del design di Perry Ellis sotto la supervisione di un altro gigante della moda, Marc Jacobs. Il resto è storia. Nel cinema ci si avvicina a piccoli passi: interpreta se stesso nel film Zoolander di Ben Stiller. Solo nel 2008, con la casa di produzione Fade to Black, arriva l’opera prima (tratta dal romanzo di Christopher Isherwood), A Single Man, con un grande Colin Firth. Otto anni più tardi presenta Animali Notturni: questa volta la pellicola è ispirata al romanzo Tony & Susan del 1993 di Austin Wright e vanta Jake Gyllenhaal, Amy Adams, Michael Shannon. Nessuno spoiler (!) ma possiamo solo dirvi che Tom Ford tratta la drammaticità in modo maniacale, con una cura ossessiva dei dettagli. Ecco che cinema e moda diventano due facce di una stessa medaglia.
Intervista a Umberto Mentana
Questo e molto altro lo possiamo trovare in Tom Ford – Percorsi di Moda e Cinema, dal Fashion Universe a Nocturnal Animals, un bellissimo volume (edito da Edizioni NPE, lo trovate QUI) scritto da Umberto Mentana. In uscita nelle librerie fisiche e digitali dal 22 ottobre, il libro rappresenta il primo lavoro italiano che tratta e racconta la storia dello stilista come regista, nonché un manuale per decifrare le sue visioni creative. Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’autore.
All’inizio del libro, confessi di non essere un appassionato di moda: questo scritto si può considerare una sfida. Com’è iniziato questo progetto? Al termine delle ricerche ti sei ricreduto?
È stata assolutamente una sfida…e che sfida! Ho iniziato la stesura del libro addirittura nel Dicembre 2017 ed è partito tutto non da un punto di vista di un autore che si approccia ad un nuovo progetto di scrittura ma da una cosiddetta “esperienza spettatoriale”, la mia prima visione di Animali Notturni per via della sua inquieta bellezza mi lasciò di sasso, ciò mi ha fatto avvertire il bisogno di incominciare ad indagare sul suo autore e da dove proveniva…ed eccomi qui. Mi chiedi se mi sono ricreduto riguardo al mio approccio al fashion world, difficile dirlo, di certo posso affermare che oggi conosco più cose rispetto a ieri. È una strada molto affascinante da percorrere.
Come il cinema, la moda è una “fabbrica di sogni”. Entrambi, inoltre, hanno un aspetto sociologico: esiste un confine o operano in un territorio comune?
Questo è l’ulteriore nucleo tematico del libro, a parte regalare un ritratto vivido di Mr. Ford. La mia ricerca mi ha condotto nel tentativo di tracciare un territorio comune, un territorio che non vuole essere “verticale” e di sudditanza l’uno verso l’altro o viceversa ma, appunto, orizzontale, in una dimensione paritaria, democratica e di ambivalenza tra le due Arti. È stato un percorso molto tortuoso, la prima parte del libro, che si focalizza approcciandosi con argomentazioni e dibattiti attuali e passati ma anche utilizzando case studies che trascendono l’opera di Mr. Ford, vuole specificatamente cercare di dare una risposta a questo tema che, a mio vedere, può in futuro dare molti spunti critici interessanti.
Stilista e regista, oggetto del tuo nuovo libro è proprio Tom Ford. Ci sono dei tratti salienti che ritroviamo in entrambi i territori, tipici di “Tom Ford”? Come sono stati resi?
Sì, nella maniera più assoluta. La scelta di Tom Ford non è stata casuale per “dibattere” di parallelismo tra Moda e Cinema; nel libro, Mr. Ford diventa, tra le altre cose, l’esempio massimo – vista la sua esperienza professionale – testimone e bussola per indicare il centro e far orientare il lettore in questa interpretazione dialogica e, come dicevo, orizzontale che accompagna la mia analisi dei due mondi artistici. Posso accennare brevemente alcuni tratti: la mania del perfezionismo, del controllo, dell’accentuata sensualità, di una espressa volontà di mise en scène sontuosa, elegante, barocca, la maestria di ragionare sempre specificatamente e in termini visivi tramite un visual storytelling che oltrepassa il concetto del medium da utilizzare: Tom Ford è una personalità artistica potentissima, è riuscito ad utilizzare a suo piacimento entrambe le forme di espressione per affermare la presenza della sua identità di artista a trecentosessanta gradi, riconoscibilissimo nel suo stile. Queste caratteristiche nel libro sono state rese cercando di analizzarle, sezionandole da tantissimi punti di vista e in vari contesti, sia per quanto riguarda il contenuto “drammatico” e sia per quanto riguarda l’esposizione formale e, soprattutto, quando nel libro si arriva ai capitoli relativi alla lettura di A Single Man e Nocturnal Animals ho cercato di prendere ad esempio intere sequenze che ben esplicano quel tocco di stile che rende, non solo il Cinema, ma l’intero approccio di Mr. Ford all’arte riconoscibilissimo.
Da A Single Man ad Animali Notturni, cosa ti piace e cosa ti ha colpito del cinema di Tom Ford?
La Bellezza. Tom Ford è sinonimo di bellezza, basti guardare anche le sue collezioni per il suo brand. Le sue immagini così sontuose ed esagerate sono quasi asfissianti per quanto siano belle, nel senso più alto del termine. E allo stesso tempo sono violente, senza mezzi termini ti danno un pugno in piena faccia, sono brutali e belle. Sì, forse è quest’apparente diacronia che mi attrae più d’ogni altra cosa.
Nelle sue opere cinematografiche ci sono richiami ad altri registi? Penso a Fellini, Woody Allen, Hitchcock…
Certo, il cinema contemporaneo, soprattutto quello mainstream e di grosse potenzialità produttive si avvale di un continuo richiamo e dialogo con i grandi maestri. C’è una sicura forma di ibridismo e di riattualizzazione delle forme narrative ed estetiche in quel che vediamo oggi. Gli spettatori di oggi, nella maggior parte, non se ne rendono conto proprio perché, purtroppo, non si è consci perfettamente della lezione fondamentale che il passato del linguaggio audiovisivo ci ha lasciato e di chi sono stati i grandi protagonisti. Sicuramente i nomi da te citati, ossia Federico Fellini, Woody Allen e Hitch sono tra i nomi tutelari dell’opera di Mr. Ford, in particolare e riferimento più esplicito, strano a dirsi, è quello del regista di Psyco. In A Single Man nello specifico è molto presente, inoltre, come segno e patrimonio d’immagini l’influenza del cinema popolare statunitense degli anni Cinquanta, per intenderci quello di Wilder, di Cukor, di George Stevens, un Cinema “brillante” a cui Mr. Ford era molto affezionato da ragazzo e che ha inevitabilmente ed inconsciamente subito l’influenza. Quando Tom Ford era ragazzo e andava al cinema per guardare questi grandiosi film desiderava ardentemente l’idea di Hollywood, delle sue forme, delle attrici con il reggiseno a punta e gli abiti da sera luccicanti, delle auto spigolose, di tutti quei lustrini, una Bellezza che effettivamente si è riflessa anche nella sua parabola da Fashion Designer.
Moda e cinema fanno un racconto per immagini. Noi viviamo nell’era delle fotografie e dei video, in una “società delle immagini”. Cosa ne pensi di questo continuo e incessante flusso della condivisione con una forte ossessione per l’apparire?
Questo è un discorso impossibile da scardinare in un’intervista. Posso dire banalmente che come ogni evento, ogni cambiamento e ogni comportamento sociale ha degli aspetti positivi ed altri negativi. Uno di quelli positivi è l’aver abbattuto molte delle barriere, si arriva ovunque a livello comunicativo e tutti, da un regista Premio Oscar al Presidente degli Stati Uniti così come una liceale o un pensionato possono far sentire la propria voce e addirittura intessere una comunicazione, seppur virtuale ed indiretta, con personalità d’ogni tipo, d’ogni estrazione e presenti in luoghi distantissimi. D’altro canto è innegabile l’abuso delle informazioni, e il fuorviante uso dei messaggi che il linguaggio audiovisivo può portare sulla routine di ognuno di noi. Ci sembra tutto dovuto, veloce e facile, questo ci dà il diritto di far sentire la nostra voce sempre e comunque anche se spesso non abbiamo nulla da dire di così importante, e questo si ripiega anche nel far lievitare l’apatia e l’attenzione per ciò che vediamo e che ci scorre davanti ai nostri occhi quotidianamente, è tutto altamente meno tollerabile. A volte questo spaventa, basti pensare a come si è ormai anestetizzati alle dolorose immagini di cronaca, terribili al momento che le “riceviamo” ma che il giorno dopo quando ci alziamo dal letto abbiamo ormai dimenticato. Quello che mi terrorizza è in maniera maggiore il concetto di ricordo e di memoria che, forse, per via dell’abuso di informazioni visive e di questa velocità così estenuante forse andrà sempre a ridursi d’importanza.
Lo short film è stato uno dei contenuti più amati durante le ultime fashion week che hanno visto una rivoluzione phygital causata dal Covid-19. Cosa ne pensi?
Nel mio libro, in appendice, ho dedicato una sezione al cosiddetto Fashion Film, una forma ibrida tra lo short film e il videoclip promozionale. Penso che sia una delle narrazioni più attuali e funzionali a cui l’universo del fashion potesse attingere e, viceversa, anche quello cinematografico. Basti pensare che alcuni Fashion Film sono stati diretti da autori importantissimi come Roman Polanski, David Lynch, Wim Wenders e lo stesso Tom Ford. Osservando questi brevi film si può benissimo essere connessi con il discorso che ho cercato di esprimere nel libro, ossia di quanto i due universi, quello della Moda e quello del Cinema siano intrecciati e siano influenzati l’uno con l’altro.
Certo, poi, l’emergenza del terribile Covid-19 ha messo decisamente in crisi gli aspetti di trasmissione convenzionale delle novità nel campo del Fashion, ha in un certo senso costretto a trovare delle soluzioni alternative, approntate specificatamente per ricettori virtuali. Un qualcosa, a mio vedere, che dovevamo in un certo modo prevedere a prescindere per essere immessi nel presente e che tuttavia avvicina tantissima gente che per via della distanza geografica non ha mai avuto la possibilità di prendere parte attivamente. Come dicevo in precedenza, ci sono dei lati positivi e negativi in quest’approccio…
Ovvero?
Uno di quelli negativi è perdere, passo dopo passo, l’esperienza non filtrata da uno schermo, di non assorbire più la sensazione di vedere e partecipare ad una sfilata d’Alta Moda mentre scorre come in teatro davanti ai nostri occhi, con tutte le eventuali imperfezioni che la “viva” rappresentazione comporta. Il futuro risiede però nelle immagini in movimento, altamente tecnologiche e digitali ed anche in questo Mr. Ford era già avanti, nel 2016 durante la presentazione della sua nuova collezione S/S con relativo FF (Fashion Film) arricchito dalla presenza di Lady Gaga ha dichiarato: “I wanted to think about how to present a collection in a cinematic way that was designed from its inception to be presented online”, credo perciò che si andrà sempre più in questa direzione.
Intervista di Selene Oliva