cop-Americano a Parigi

Un Americano a Parigi, un balletto d’amore lungo 65 anni

A 65 anni dalla sua uscita, torna oggi al cinema in versione restaurata e in lingua originale (con sottotitoli) Un Americano a Parigi, il musical-capolavoro di Vincente Minnelli con protagonisti gli straordinari Gene Kelly e Leslie Caron. Annoverato tra i cento miglior film statunitensi di tutti i tempi, Un Americano a Parigi vinse nel 1952 il Golden Globe come Miglior Film Musicale e soprattutto ben sei premi Oscar: Miglior Film, Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Colonna Sonora, Miglior Fotografia, Miglior Scenografia e Migliori Costumi.


L’americano Jerry Mulligan (Gene Kelly), finita la guerra, è rimasto a Parigi per dipingere. Vive in un localino dove il letto e il tavolino rientrano nel soffitto e nella parete e va a esporre i quadri, che nessuno compra, a Montparnasse. Viene abbordato da Milo Roberts (Nina Foch), una ricca e attempata americana che gli compra un quadro.

Ma poi conosce la giovane e graziosa commessa Lise Bouvier (Leslie Caron, qui al suo esordio, 19enne) della quale si innamora, senza sapere che la ragazza sta per sposare il suo amico Paul. Un altro personaggio è il musicista-genio Adam Cook (Oscar Levant), che suona tutti gli strumenti dell’orchestra. Alla fine tutto va a posto. L’amore trionfa.

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Sessant’anni anni dopo la sua realizzazione, Un Americano a Parigi conserva ancora oggi la sua forza e la sua bellezza restando un fiore all’occhiello della commedia musical. Costò quasi 3 milioni di dollari, di cui mezzo milione solo per il balletto finale, coreografato dallo straordinario Gene Kelly, che la critica del tempo considerò come il “miglior ballerino di tutti i tempi”.

A far da sottofondo ai balletti – ispirati agli impressionisti francesi – la musica geniale di George Gershwin, una cascata di pietre preziose, scritta più di vent’anni prima, classica e jazz al tempo stesso, archetipo della musica americana. Lo stesso titolo del film prende nome dall’omonimo poema sinfonico di Gershwin, contenuto nelle musiche del film, insieme al Concerto in Fa Maggiore, dello stesso Gershwin.

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Per rituffarci nel passato, vi presentiamo di seguito quanto scrisse il critico Bosley Crowther sul New York Times del 5 ottobre 1951:

Considerate una affascinante ragazza francese di nome Leslie Caron e un numero di danza da urlo, uno dei più belli mai rappresentati sullo schermo. Un Americano a Parigi, che è il titolo del film come del balletto, è tutto divertimento e melodie di George Gershwin. È inoltre consacrato dalla presenza di Gene Kelly, che balla e canta come sa fare lui solo, attraversando piccole complicazioni romantiche nella tipica vistosa e allegra Parigi hollywoodiana.

Ma sono la meravigliosa e giovanissima Miss Caron e le caratteristiche scene di ballo che pongono il segno distintivo su questa lussureggiante avventura in Technicolor. Miss Caron non è una bellezza, almeno non nell’accezione classica del termine, ma ha un viso dolce e un sorriso ancora più meraviglioso. Oltretutto ha fascino, espressività e un’adolescenziale gravità ‐ e sa ballare come un delicato spirito dei boschi sui petali all’alba”.

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Quando lei e Mr Kelly si incontrano per la prima volta in un caffè di Parigi, la precedente routine del “bonjours” e del “voilas” e “mais ouis” è dimenticata. Freschezza e fascino riempiono lo schermo grazie alla sapiente mano di Vincente Minnelli.

E quando ballano su una banchina lungo in fiume, nel silenzio della notte di Parigi, sulle note di Our Love Is Here To Stay, l’infinita e irrefrenabile magia del romanticismo si evolve. Poi, nell’ultimo scoppiettante ballo, realizzato sulle note di una brillante colonna sonora di Gershwin, orchestrata con la sua suite American in Paris, la piccola ballerina e Gene Kelly raggiungono il culmine delle emozioni. È il balletto di Mr. Kelly, ma Miss Caron porta calore ed emozioni”.

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È sicuramente un balletto, senza dubbio – un vero balletto cinematografico – con ballerini che realizzano precise coreografie con sullo sfondo colori, scenografie, costumi e scene in costante mutamento. L’intera storia di un amore commovente con un fantastico panorama di Parigi sullo sfondo è convincente e interpretato con gusto e talento. È incontestabilmente il punto più alto del film”.

«L’omaggio più riuscito che uno straniero abbia mai reso a Parigi»

Frédéric Laclos, Cahiers du Cinéma (1952)


EXTRA – Un Americano a Parigi, scatti in bianco e nero

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