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Un Robert Pattinson stupefacente nel Good Time dei fratelli Safdie

Dopo l’incredibile Heaven Knows What, i celebri registi Josh e Benny Safdie tornano sulle violente strade di New York City con Good Time, un thriller ipnotico – al cinema da domani – che indaga con tonificante franchezza la tragica influenza della famiglia e del destino. Grande protagonista della storia è Robert Pattinson.


Dopo che una maldestra rapina in banca fa finire in prigione il fratello minore, Constantine “Connie” Nikas (Robert Pattinson) intraprende una complicata odissea nei bassifondi della città nel tentativo, sempre più disperato e pericoloso, di fare uscire di prigione Nick (Benny Safdie). Nel corso di una nottata carica di adrenalina, Connie si trova a lottare contro il tempo per salvare il fratello ma anche se stesso, consapevole che le loro vite sono appese a un filo.

Sostenuto da una delle interpretazioni più significative della carriera di Robert Pattinson, Good Time è una sinfonia psicotica di propulsiva intensità. L’eccezionale immaginario di Josh e Benny Safdie è un entusiasmante ritratto di disperazione e distruzione che non si dimenticherà tanto presto.

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Per il loro febbrile e frenetico quinto lungometraggio, i fratelli registi newyorchesi Josh e Benny Safdie tornano alle violente strade della loro città natale per raccontare la storia di due fratelli nelle ore immediatamente successive a un colpo mal riuscito nel Queens. Good Time è un thriller spietato ma anche indiscutibilmente divertente, che esplora le dinamiche famigliari spinte alle estreme conseguenze. I Safdie ampliano i loro “film da strada” con una nuova furfantesca galleria di adorabili newyorchesi emarginati, sfortunati, sociopatici, drogati, criminali, fannulloni e perdenti — comunicando allo spettatore l’improbabile libertà che deriva da una vita disordinata e improvvisata.

Nella tradizione dei thriller urbani di Sidney Lumet, Martin Scorsese e William Friedkin, Good Time dà vita a un autentico affresco di volti indelebili, luoghi e stati d’animo, messi in scena nel corso di una singola, indimenticabile notte in cui i suoi due personaggi principali si recano in varie istituzioni e ambienti newyorchesi — da prigioni e ospedali a case private e un parco di divertimenti abbandonato — incontrando la gente di tutti i giorni che rende vivi questi luoghi qualsiasi. Good Time è anche una storia universalmente comprensibile di fratellanza, che documenta le conseguenze di un crimine su due fratelli che reagiscono in modo diverso.

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Lavorando nuovamente con il direttore della fotografia Sean Price Williams, i Safdie ottengono una struttura visiva interna alla città — quella che i registi definiscono “l’opera della strada” — proveniente dalle persone e dai luoghi della loro New York City, ritrovando un’urgenza poetica nelle loro battaglie – quotidiane, orarie e persino minuto per minuto – di abitanti svantaggiati. Grazie all’immaginario urbano di Williams, evocativo e spesso ipnotico, Good Time segue Connie e Nick in traiettorie distinte durante un’indimenticabile notte nel ventre di New York, mentre Connie lotta disperatamente per liberare entrambi da una vita misera e monotona sotto l’ala protettrice della loro nonna greco-americana che non parla inglese.

Good Time diventa così l’implacabile racconto dei loro tentativi di salvarsi dal sistema: “siamo ossessionati dai personaggi che vivono nel presente – dice Josh Safdieil tempo è il nemico — sempre — e il presente esiste al di fuori del tempo. I nostri personaggi non sanno mai che cosa succederà domani o tra un’ora. Sono persone trascurate, dimenticate che possono sparire in un secondo e questo è parte della loro bellezza e del loro fascino”. Come molte delle loro storie, il quinto film dei Safdie si dipana con coerenza, attraverso differenti incarnazioni man mano che prende forma: “qui la nostra ossessione per gli emarginati si sposta verso un tipo diverso di americani dimenticati, il cui senso dell’ “adesso” è più dettato dalla trama e dalla struttura narrativa – precisa Josh – più consideravamo fattori come il pericolo, l’urgenza e lo scopo, più ci trovavamo a fare un pulp thriller neogrindhouse”.

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Good Time si regge su un’immersiva interpretazione del protagonista Robert Pattinson, la cui progressiva disperazione sulla scia di una serie di disavventure e intoppi infonde alla storia energia e un ritmo mozzafiato — dando anche al famosissimo attore l’opportunità di interpretare uno dei suoi ruoli più sfaccettati.

Connie Nikas, nelle mani esperte di Pattinson, diventa un personaggio ben più complesso rispetto agli altri antieroi pulp nichilisti dal brutto carattere, e trova una specie di nobile redenzione o di trascendenza grazie alla sua discesa agli inferi nello spirito dei grandi antieroi cinematografici degli anni Settanta. Josh Safdie spiega: “È sempre importante per noi Amare i nostri personaggi; sono eroi, sempre. Si rifiutano di accettare lo status quo della vita e fanno del loro meglio per lasciare il segno”. Per il regista, Pattinson ha dato vita “a una specie di fusibile: un outsider che cerca però disperatamente una connessione. Quando scrivi per qualcuno in particolare, devi inserire un pezzo di lui nel personaggio. Penso che la vera natura di Rob (Pattinson n.d.r.) colga in Connie un senso di desiderio e di vulnerabilità che mi sembra incredibilmente tenero”.

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Oltre al Fuori Orario di Martin Scorsese (1985), i fratelli Safdie per realizzare Good Time si sono anche ispirati a notizie di cronaca che per anni hanno divorato sul Daily News di New York, notizie di piccoli malviventi con grandi sogni e colpi mal eseguiti: “siamo sempre stati ossessionati dal ventre molle in decomposizione della nostra società – conclude Josh Safdieil nostro soggetto è diventato un’analisi dell’amoralità. La migliore pulp fiction è amorale — è pericolosa e priva di centro morale”.

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