(foto di Gilles Keyte)

Arthur Conan Doyle e il Mr. Holmes con Ian McKellen

(foto di Gilles Keyte)

A 90 anni esatti dalla sua scomparsa (7 luglio 1930), oggi ricordiamo il grande Arthur Conan Doyle  attraverso un film sul personaggio da lui creato – il famoso detective Sherlock Holmes – rendendolo il capostipite del sottogenere noto come giallo deduttivo. Stiamo parlando di Mr Holmes, film diretto nel 2015 da Bill Condon con protagonista un eccezionale Ian McKellen.

Il film

1947, Sherlock Holmes (Ian McKellen), ormai anziano, si è ritirato nella sua fattoria sulla costa inglese, dove trascorre gli ultimi anni della vita allevando api, in compagnia di una governante (Laura Linney) e del giovane figlio di lei, Roger (Milo Parker). Tormentato dal ricordo della sua ultima indagine, il mistero della donna del guanto, Holmes si confida con il ragazzo e ripercorre con lui le circostanze di quell’unico caso rimasto irrisolto e che lo costrinse anni prima a ritirarsi.

Mr Holmes – Il Mistero del Caso Irrisolto è basato sul romanzo A Slight Trick of the Mind di Mitch Cullin, che reinventa il personaggio di Sherlock Holmes e lo fa vivere come se fosse una persona reale. Oramai vecchio e in condizioni di salute precaria, il famoso, abile e razionale investigatore è costretto a confrontarsi per la prima volta con le sue emozioni, mentre le sue capacità deduttive lentamente sfioriscono.

Ian McKellen con Laura Linney e Milo Parker

Ian McKellen con Laura Linney e Milo Parker

Per lo sceneggiatore Jeffrey Hatcher il fascino della storia di Mitch Cullin risiede nell’aver immaginato il futuro di Holmes come quello di Conan Doyle, che si ritirò nel Sussex ad allevare api. Lì, mentre fa i conti con il decadimento della sua mente, è costretto a fare nuove conoscenze e stringere nuovi rapporti: “Holmes era sempre circondato da personaggi di supporto – Mrs. Hudson, il dottor Watson, Mycroft, l’Ispettore Lestrade. Ora che non ci sono più, che sono tutti morti, e Holmes è l’unico sopravvissuto, deve necessariamente creare nuove relazioni, cosa che lo spaventa molto”.

Si tratta di un Holmes “molto imperfetto – continua lo scrittore – questo aspetto del personaggio era già stato sottolineato nei film degli anni ’70 come Sherlock Holmes: Soluzione Settepercento and Naked Is The Best Disguise”. Quindi l’idea di un Holmes imperfetto non è nuova, ma in questo caso egli inizia a perdere un po’ delle sue capacità intellettuali e mentali che non sono più pronte come quelle di un tempo. Non solo, si trova a dover instaurare nuove relazioni ma anche ad affrontare la perdita graduale del suo talento.

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Per dare ancora un senso alla sua vita, ha bisogno di trovare il modo per rivivere quelle capacità che lo contraddistinguevano: non sa perché è in pensione, non sa perché vive con quelle persone. Prova disperazione, senso di colpa e solitudine: “non riesce a ricordare perché non è stato in grado di risolvere quel famoso caso 30 anni prima – spiega Hatcher – sa che non c’è riuscito, ma non sa perché e, senza sapere il motivo, non può andare avanti“.

A piacere ad Hatcher è stata, inoltre, l’abile manipolazione degli spostamenti temporali presenti nel romanzo che si muove tra il 1919, anno del mistero irrisolto che ha costretto Holmes a ritirarsi, e il 1947, anno in cui è ambientata la storia, quando lui è appena tornato da un viaggio in un Giappone devastato dalla guerra in cerca di una pianta che migliora la qualità della vita: “il libro rappresenta abilmente questo meraviglioso gioco di time shifting, ambientare la storia nel 1947 è stato un colpo di genio, perché a quel punto Holmes è una sorta di eroe dimenticato ma, spostando continuamente la storia al 1919, ci viene ricordato il periodo glorioso dei classici casi di Holmes/Watson”.

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Ian McKellen era incuriosito dal lento crescendo della storia: “è una storia di mistero, un thriller, troviamo un Holmes chiuso in se stesso, turbato e invecchiato, a 93 anni, che vive oramai – forzatamente – in pensione”. Per l’attore tradizionalmente Holmes “non è raffigurato come un uomo felice e, anche se ha qualità invidiabili, nessuno vorrebbe essere lui”. Anche in questo film si cerca di scavare in profondità per capire la complessità emotiva del personaggio Sherlock Holmes: “le persone sono incuriosite dalla vita privata degli investigatori, Conan Doyle è stato probabilmente il primo a farlo ma, subito dopo, anche Agatha Christie ha fatto lo stesso con Miss Marple e Poirot: ci sono infiniti libri incentrati sugli investigatori e sui loro problemi personali, che talvolta sono in contrasto con la loro immagine pubblica”.

Il detective che incontriamo non è come l’immaginario Sherlock Holmes che descrive Watson. Il Mr Holmes di Condon sostiene di non aver mai indossato un cappello deerstalker o simili, né di fumare la pipa: “non eravamo obbligati ad attenerci all’immagine che il pubblico già conosceva, ho sentito di avere la libertà di impersonarlo come volevo” spiega McKellen. Per l’attore infatti la celebrità di Holmes deve essere associata unicamente ad un’immagine “di onestà e di intelligenza, qualcosa che viene dall’interno piuttosto che dall’esteriorità”. Una saggezza eterna, ben rappresentata dall’interpretazione maiuscola del protagonista.

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Lo stesso Bill Condon spiega in conclusione: “è film complicato e delicato e nelle mani di Ian è divenuto l’analisi delle ultime fasi della vita di un uomo: una volta perdute le proprie grandi capacità, si scopre un modo diverso di vedere le cose e, talvolta, superando i propri limiti, si riesce a fare qualcosa di nuovo della propria vita“.

“Il nostro Mr. Holmes si muove in due epoche diverse e per risolvere il mistero del caso irrisolto sarà necessario unire tutti i fili”

Ian McKellen

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