Oggi, esattamente centodieci anni fa, nasceva Greta Garbo, leggendaria diva del cinema che sedusse intere generazioni di spettatori. Eppure, anche dopo oltre un secolo, la “creatura platonica” come la definì Roland Barthes, sembra più viva che mai in questo decennio: se si parla di femme fatale e di fascino noir, il pensiero va sempre e solo a lei, premiata nel 1954 con l’Oscar alla Carriera.
Greta Lovisa Gustafsson nasce il 18 settembre del 1905 in una povera famiglia di Stoccolma, figlia di un netturbino e di una donna di servizio. Bambina malinconica e solitaria, la piccola Greta passava molto tempo a fantasticare piuttosto che a giocare con i coetanei. Tra i suoi piccoli momenti di svago infatti si immaginava in teatro, davanti ad un pubblico. Per questo, nella sua cucina, si travestiva con abiti dismessi, si truccava e organizzava personali spettacoli.
A quindici anni, a causa della morte del padre, abbandona la scuola per lavorare ed aiutare la famiglia. Dopo una breve esperienza in un negozio di barbiere, diventa commessa e muove i primi passi come modella (indossava abiti e cappelli in vendita nello stesso magazzino in cui serviva i clienti al banco). Proprio sul posto di lavoro, lo storico Pub di Stoccolma, nell’estate del 1922 conosce il regista Erik Petschler che non ci metterà molto a lanciarla nel mondo nel cinema, dapprima con piccole particine e via via con ruoli sempre più importanti.
Dopo essere stata selezionata per studiare gratuitamente all’Accademia Regia di Stoccolma, viene chiamata dall’innovatore regista finnico Mauritz Stiller a cui la Garbo deve la sua consacrazione. Stiller, che col tempo diventa il suo mentore nonché suo amico riservato e prezioso, propone a Greta (facendone anche espressa richiesta al Ministero degli Interni) di utilizzare il cognome Garbo, ispirandosi a quello di Bethlen Gabor, sovrano ungherese del XVII secolo.
Oltre al nome, l’attrice cambia anche il look. Il suo modo di vestire comodo e informale inventa addirittura un vero e proprio stile: lo stile alla Garbo, caratterizzato da un abbigliamento decisamente androgino, con giacche di taglio maschile, pantaloni, camicia e cravatta, riuscendo ad imporre un’immagine innovativa e, nel contempo, sensuale. Nel 1924 Stiller le affida il ruolo della contessa Elizabeth Cohna ne La Leggenda di Gösta Berling, film che a Stoccolma viene apprezzato dal pubblico ma stroncato dalla critica.
Quando il regista decide però di ripresentare la pellicola a Berlino, arriva un successo incondizionato ed è proprio in terra tedesca che la Garbo incontra il regista Georg Wilhelm Pabst, che l’anno successivo le propone una parte ne La Via Senza Gioia (1925), film che si rivelerà un classico della cinematografia e che consentirà alla Garbo il lancio verso un futuro hollywoodiano, con un contratto alla MGM.
Una svolta artistica che però non la rende felice. Una volta entrata all’interno dello Star System, Greta infatti si sente un pesce fuor d’acqua: non sopporta il clamore intorno alle celebrità e cerca di tenere giornalisti e fotografi lontani dalla sua vita privata. Inoltre non è nemmeno soddisfatta della qualità dei suoi primi film girati ad Hollywwod, La Tentatrice e Donna Fatale in cui ricopre parti di vamp ciniche e provocanti, distruttive e senza scrupoli.
Nel decennio successivo (1927-1937), in una ventina di film, veste sempre i panni della seduttrice un ruolo che lei detestava. Il desiderio di interpretare personaggi più vicini alla sua personalità (come Giovanna d’Arco), viene sempre scoraggiato dalla MGM. Dopo sette film muti, nel 1930 in Anna Christie debutta nel cinema sonoro: “Garbo Talks!”, la sua battuta (chiede ad un barista whisky) riempie tutti i giornali dell’epoca.
Quegli stessi rotocalchi che su di lei scrivevano e chiacchieravano, riempendo pagine su pagine di mistero e morbosa curiosità sulla sua vita privata e le sue tendenze sessuali. Dalla celebre relazione con l’attore americano John Gilbert (che la Garbo lascia appena le chiede di sposarlo) alla storia con il compositore Leopold Stokowsky, passando per l’amore lesbo verso la poetessa Mercedes de Acosta.
Tornando al cinema, negli anni Trenta la Garbo arriva ad interpretare diversi personaggi: da La Modella, alla Cortigiana, dalla spia Mata Hari a ballerina diva in Grand Hotel, dalla contessa di Come Tu Mi Vuoi alla doppiogiochista Regina Cristina, da moglie infedele in Il Velo Dipinto al monumentale ruolo di Anna Karenina, e poi a quello di Margherita Gauthier e di Maria Walewska.
Nel 1939 Ernst Lubitsch la ingaggia per renderla protagonista dell’esilarante commedia Ninotchka in cui la Garbo mette in mostra grandi doti di attrice brillante e, per la prima volta sullo schermo, ride (questa volta lo slogan fu “Garbo laughs“). Il suo ultimo film è il clamoroso insuccesso Non Tradirmi Con Me (1941). Dopo aver smaltito la delusione, a soli 36 anni Greta si ritira dalle scene.
Estremamente riservata e gelosa della sua vita privata, la Garbo uscì completamente dallo star system per entrare nella leggenda. Nessuna intervista, nessuna dichiarazione, fino alla sua morte, il 15 aprile del 1990. Greta Garbo se n’è andata avvolta da un’aurea di mistero. Inarrivabile. Diva e divina. Proprio come tutti noi ce la ricordiamo.
“Greta Garbo è una fata severa, la fondatrice d’un ordine religioso chiamato cinema”.
Federico Fellini