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Due Uomini, Quattro Donne e Una Mucca Depressa, la commedia terapeutica di Anna Di Francisca

Esce oggi nelle sale Due Uomini, Quattro Donne e Una Mucca Depressa, il film di Anna Di Francisca con Miki Manojlovic, Maribel Verdù, Eduard Fernàndez, Laia Marull, Ana Caterina Morariu, Gloria Muñoz, Hector Alterio, Carmen Mangue, Manuela Mandracchia, con Serena Grandi, con l’amichevole partecipazione di Antonio Resines e con Neri Marcorè.


Edoardo (Miki Manojlovic) vive un momento di crisi. È un compositore dotato di grande talento che, per circostanze caratteriali ed esistenziali, fatica ad accettare compromessi; la sua realtà creativa e lavorativa non lo soddisfa. La sua vita affettiva ne ha risentito pesantemente ed è anche a causa di questo che la sua capacità di sopportazione e di mediazione crolla. Ed è allora che Edoardo si prende una sorta di “periodo sabbatico”. Quando arriva in Spagna, è un uomo cinico, rompiscatole, stufo di se stesso e demotivato, incapace ormai di scrivere musica in cui si riconosca.

L’impatto con quel piccolo paese, le sue donne, i suoi colori e sapori lo fa aprire di nuovo alla vita e alle emozioni, e gli fa ritrovare l’energia anche per comporre di nuovo la “sua” musica. Così come le donne che gli ruotano attorno, anche Edoardo compie un suo percorso di cambiamento. Quello che si instaura tra Edoardo e gli altri personaggi è una sorta di scambio terapeutico, che si attua soprattutto grazie al potere comunicativo della musica.

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Due Uomini, Quattro Donne e Una Mucca Depressa é una storia corale, dal tono ironico, ambientata in una piccola città di provincia del sud della Spagna, in un clima di apparente quiete e tranquillo benessere. “La gente qui é cordiale – spiega Anna Di Franciscal’erotismo particolarmente palpabile, la cucina ottima e abbondante. Le esistenze dei protagonisti si intrecciano e danno vita a complicità e conflitti, trovando pur sempre un’unione in quello che é il loro appuntamento settimanale: il coro”.

Edoardo é il direttore di questo coro: “in qualche modo la sua figura assume un significato quasi terapeutico. Lui non é nato lì, viene da fuori, da una grande città italiana, Roma, è finito in questa cittadina per una sorta di esilio volontario e non si sa per quanto tempo ci starà. Ha il fascino dell’esotico, una simpatia trattenuta, non vorrebbe concedere troppa intimità, ma a volte sarà costretto a farlo, suo malgrado. Ecco, attraverso gli eventi vissuti dai protagonisti, l’intento é quello di mostrare i motivi di questa “necessità terapeutica” che li coinvolge tutti in modo diverso ma sempre intenso”.

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Per la regista, questo film vuole anche essere “uno sguardo tenero e insieme sarcastico su un universo femminile, ma non solo, desideroso di cambiamenti e di solarità, che trova anche col canto la forza e l’energia di ribellarsi alle avversità”.

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