Donato Sannini Roberto Benigni Carlo Monni

Era Roma, quando la capitale era il centro dell’arte che voleva cambiare il mondo

Donato Sannini Roberto Benigni Carlo Monni

Oggi, alle Giornate degli Autori di Venezia nella sezione 100+1. Cento film e un paese, sarà presentato Era Roma, il nuovo documentario di Mario Canale su una delle esperienze più travolgenti della cultura italiana: il manifestarsi tra il 1963 e il 1979 nel perimetro della Capitale d’Italia di una miriade di esperienze estetiche, sperimentali, avanguardistiche, underground, che con il cinema, la pittura, la scrittura, il teatro, la musica, e attraverso una rivolta politica, vollero cambiare la società italiana. Un caleidoscopio di nomi leggendari e di opere che ancora ispirano ed elettrizzano.

Allen Ginsberg Festival dei Poeti

Allen Ginsberg Festival dei Poeti

Il film

Era Roma racconta il taglio di tempo tra il 1963 – con la nascita del Gruppo ’63 – e il 1979 – anno del Festival dei Poeti di Castelporziano – in cui per una magica, felice congiura la Capitale d’Italia riuscì a riunire come un magnete una mai più ripetuta concentrazione di arti e artisti indipendenti, alternativi, underground, libertari. Accomunati dall’impulso a mescolarsi tra loro, e, attraverso la politica, a intrecciarsi con la vita, per cambiare l’esistenza. Sono gli anni che vanno dal cosidetto ‘boom’ al cosidetto ‘riflusso’, in mezzo a cui passa il Sessantotto. Sono anni in cui Roma vibra ancora del big bang de La Dolce Vita di Fellini, e Ennio Flaiano ci passeggia perplesso e commosso. In cui Bernardo Bertolucci gioca al cinema con il Living Theatre, mentre i più lucidi film della contestazione sono realizzati da un pittore, Mario Schifano, e da un uomo di teatro, Carmelo Bene.

La pittura brilla di nomi mitologici: Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Cesare Tacchi, Renato Mambor, ma la forma-quadro sta morendo. Il Gruppo ’63 di Angelo Guglielmi, Alberto Arbasino, Nanni Balestrini, lavora per far evadere la parola dalla forma libro, dalla forma romanzo, quasi dalla forma scritta, esaltandola. Il teatro esplode nelle cantine, sotto i colpi e i corpi di Carmelo Bene, Manuela Kustermann e Roberto Benigni. Il cinema è l’underground del suo profeta Alberto Grifi, che prima mette la pellicola al fuoco di una verifica incerta, e poi scopre il video. Oppure è l’arena di Massenzio, dove in migliaia si radunano davanti a uno schermo, per evadere dalla cappa degli anni di piombo. La poesia addirittura diventa un festival per una folla di persone di tutti i ceti sociali e di tutte le età: aristocratici, ribelli, borghesi, dropout, accorsi per sentire Allen Ginsberg, Gregory Corso, William Borroughs, Eugenj Evtusenko. Il cinema italiano vive la sua stagione più vivace: Fellini, Pasolini, Ferreri, Bellocchio, Bertolucci, i Taviani, Silvano Agosti, Maselli, Scola sono alcuni degli alfieri che da Roma al mondo non propongono film per sognare, ma sognano con i film una società diversa. Nasce la mitologia di alcuni luoghi: via Veneto, il caffè Rosati eletto a ufficio di pittori, produttori, attori; il Beat ’72, la Galleria l’Attico… Una proliferazione di isole creative, mentre Cinecittà continua a esportare nel mondo l’immagine di una città dei sogni all’interno di una città reale. In quegli anni Roma è un luogo dove passare necessariamente se si vuole vedere il mondo.

William Borroughs

William Borroughs

Attraverso strepitosi filmati d’archivio e brani di film (dell’Archivio Luce Cinecittà, del CSC, di Surf Film), e decine di testimonianze dei protagonisti raccolte negli anni, Era Roma è un precipitato di un tempo tumultuoso e incredibile, in cui le arti vollero mescolarsi alla vita, e tentare di fare della realtà un’opera d’arte. Un’esperienza che ha lasciato commoventi utopie e tristi fallimenti, una scia di capolavori e un’energia che ancora illumina. Un film su un tempo per chi c’era, e per chi neppure immagina sia esistito. Una cartografia di nostalgie e ansie di futuro, di scoperte inesauribili. Il film di una città (e di un paese), che da sempre rappresenta, con i suoi problemi e i suoi splendori, un’utopia quotidiana.

Leave a Comment