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I’m Still Here, le storie Hivsibili di PLUS raccontate da Cecilia Fasciani

Dieci anni fa, nel 2011, a Bologna nasce PLUS, Persone LGBT Sieropositive, la prima organizzazione italiana e network di persone LGBT+ sieropositive. Quarant’anni fa, precisamente il 5 giugno del 1981, nel Centre for Disease Control di Atlanta, Stati Uniti, veniva riconosciuta per la prima volta la malattia che sarebbe stata chiamata sindrome da immunodeficienza acquisita o AIDS. Il documentario Im Still Here – che sarà presentato in anteprima il 1° dicembre, a Bologna al Cinema Galliera e a Firenze al Cinema La Compagnia e distribuito nei cinema da OpenDDB a partire dal 1° dicembre – racconta le storie di questi anniversari, grazie alle voci dell’associazione PLUS – Persone LGBT+ sieropositive.

Le vicende dei protagonisti, intrecciate con la storia del movimento LGBT, vengono ripercorse da un punto di vista storico, sociale e politico ed arricchite da prezioso materiale d’archivio. Bologna è il luogo eletto del racconto, la città in cui le vicende passate e contemporanee si intrecciano nelle immagini del film, uno spazio urbano che ancora oggi assume un ruolo di rilievo nelle dinamiche politiche nazionali – dalla nascita del Circolo XXVIII Giugno fino alla presa del Cassero in Porta Saragozza nel 1982, e la fondazione di Arcigay nel 1985. Oggi si contano globalmente ancora 38 milioni circa di persone che vivono con HIV; in Italia, le persone che hanno scoperto di essere HIV positive nell’ultimo anno sono maschi nell’80% dei casi. Per la prima volta, la quota di nuove diagnosi è parimenti attribuibile sia ai rapporti omosessuali che eterosessuali, e il ritardo a cui si arrivano spesso alla diagnosi continua ad aumentare, compromettendo gravemente la buona riuscita della terapia.

La lunga vicenda di HIV è una storia che riguarda tutte e tutti – racconta la regista Cecilia FascianiDopo la fine della fase drammatica degli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso, non si è riusciti come società a ragionare, interrogarsi e rielaborare collettivamente i grandi cambiamenti e gli sviluppi della storia della pandemia, e del suo impatto che ha avuto sulla vita delle persone da un punto di vista sociale e politico. Mancanze che si riscontrano anche oggi, ripetutamente, nel bel mezzo di una nuova pandemia, quella da Covid-19”.

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Rielaborare e raccontare la storia dell’associazione PLUS e del siero attivismo in Italia in un documentario, anche e soprattutto attraverso le forme artistiche che hanno assunto le lotte e le rivendicazioni, risulta urgente e socialmente cruciale per spingere alla riflessione collettiva. Evidenziare tutti gli aspetti sociali di HIV, dallo stigma alla paura, dalla solitudine alla consapevolezza, significa rimettere al centro i corpi e le storie delle persone, occupando lo spazio pubblico con i propri bisogni e i propri desideri, grazie ai momenti condivisi di rivendicazione, visibilità e riscatto. Con l’esempio di PLUS, il documentario mostra la consapevolezza che HIV si può sconfiggere, ma solo se il piano scientifico (sanitario e ospedaliero) e sociale proseguono in modo congiunto: nonostante i successi della ricerca, infatti, la malattia non decresce come ci si aspetterebbe e lo sforzo della comunità può risultare decisivo.

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