Io e Te 0

Intervista a Jacopo Olmo Antinori: “Io e Te di Bernardo Bertolucci, la lezione di un Maestro”

Il Cineteatro Volta di Pavia (Piazza Salvo d’Acquisto, 1) lunedì 1 aprile – all’interno della rassegna Il Mio Film – omaggerà Bernardo Bertolucci con la proiezione di Io e Te, pellicola girata dal compianto Maestro nel 2012. Tratto dall’omonimo romanzo di Niccolò Ammaniti, il film verrà presentato in sala dall’attore protagonista, Jacopo Olmo Antinori (inizio ore 20).

Il film

Lorenzo (Jacopo Olmo Antinori), un quattordicenne introverso che vive con difficoltà i rapporti con i suoi genitori e i compagni, decide di prendersi una “vacanza” chiudendosi in cantina, mentre tutti credono che lui sia partito per la settimana bianca. Per un’intera settimana lascerà fuori dalla porta tutti i conflitti e le pressioni perché diventi un adolescente “normale”. Decide di vivere qualche giorno in completo isolamento, con la sola compagnia di libri horror, lattine di coca-cola, scatolette di tonno e un formicaio da guardare al posto della TV. L’imprevisto però è letteralmente alla porta.

Olivia (Tea Falco), la sorellastra quasi sconosciuta, piomba nella cantina alla ricerca di alcuni suoi oggetti e irrompe nella vita di Lorenzo rovinando i piani della sua fuga dalla realtà. È una ragazza ribelle di venticinque anni, problematica e fragile ma diretta e lo scontro con il fratello nello spazio angusto e buio della cantina dove lei cerca riparo, è inevitabile. La convivenza forzata fa scaturire litigi, discussioni violente, sfoghi, ripicche, gelosie e rivincite, ma porta allo scoperto le fragilità e i pensieri di entrambi, improvvisamente alla pari e immensamente bisognosi dell’affetto l’uno dell’altro.

Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco

Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco

Intervista a Jacopo Olmo Antinori

Quello di Lorenzo era un viso che non riuscivo a immaginare. Quando ho visto gli enormi occhi di Jacopo Olmo, quei capelli alla Robert Smith dei Cure, quel faccino che mi faceva pensare un po’ a Malcolm McDowell da giovane… ma anche misteriosamente a Pasolini, non ho avuto dubbi…“.

Con queste bellissime parole Bernardo Bertolucci raccontò come scelse l’attore protagonista del film, Jacopo Olmo Antinori. Era il suo debutto cinematografico, era giovanissimo (classe 1997). Oggi è uno dei migliori interpreti italiani della sua generazione, sia al cinema sia in teatro (in questi giorni, fino al 31 marzo, è in scena all’Off/Off Theatre di Roma con Loose Ends – Giovani Sospesi). Per ricordare e ripercorrere questo suo primo e indelebile film, lo abbiamo intervistato.

Io e Te rappresenta il tuo esordio cinematografico. Immagino che ogni attimo vissuto sul set sarà per te indimenticabile. La prima volta non si scorda mai. Come definiresti questa esperienza?

Questo film mi ha cambiato la vita. Semplicemente, non so dire chi sarei potuto diventare se non avessi girato Io e Te. Il film mi ha formato a livello umano ancor prima che a livello professionale: mi ha insegnato molto sul significato dei rapporti umani, sulla disciplina, sulla creatività. E poi, ovviamente, è stata una grande scuola di cinema. Non posso dire altro che questo film ha rappresentato e continua a rappresentare uno degli snodi fondamentali della mia vita.

Jacopo Olmo Antinori sul set al fianco di Bernardo Bertolucci (foto di Severine Brigeot)

Jacopo Olmo Antinori sul set al fianco di Bernardo Bertolucci (foto di Severine Brigeot)

Cosa ha significato per te debuttare con Bernardo Bertolucci? All’epoca sapevi di essere guidato da un Maestro assoluto?

Prima di iniziare a girare ero stato diligentemente istruito (anche con una serie di dvd in regalo) sull’importanza della figura di Bernardo. Ma a quattordici anni come fai a comprendere con la giusta profondità? Sapevo di star partecipando a qualcosa di importante, ma la vera consapevolezza della fortuna che ho avuto si è costruita da sola nel tempo. Soprattutto guardando tanto cinema, piano piano ho capito la magnitudine della sorte che mi è toccata. Oggi sono consapevole di aver avuto un’occasione unica, nel senso più pieno della parola.

La scomparsa di Bertolucci ha lasciato senza dubbio un vuoto. Qual è stata la lezione che ti ha lasciato durante la realizzazione del film? Quanto ha saputo essere per te una guida a livello professionale e umano?

Non c’è stata una singola lezione. L’esperienza — di per sé, nella propria totalità — è stata una grande scuola. Se dovessi però scegliere quella a cui sono più legato, allora direi la professionalità: la determinazione di portare avanti fino in fondo il lavoro che si è iniziato; la concentrazione assoluta in quello che si sta creando. Che poi, non è altro che una dimostrazione di amore verso quello che si fa, qualsiasi cosa essa sia. E quindi allora bisognerebbe dire: l’amore, no, l’irresistibile appetito per il cinema. Per quanto riguarda il ruolo di Bernardo come guida: va da sé. Quando il tuo regista è un genio — una essere umano di tale calibro — è naturale esserne attratti e decidere di seguirlo come un maestro.

Jacopo Olmo è Lorenzo

Jacopo Olmo è Lorenzo

Come ti eri preparato ad interpretare Lorenzo? Avevi letto il libro di Ammaniti? Ti è rimasto impresso come personaggio?

Il libro lo avevo letto in totale autonomia, ben prima di sapere che avrei girato il film. Lorenzo mi era sembrato istintivamente un personaggio vicino, chiaramente anche per ragioni meramente anagrafiche. Questo me l’ha fatto processare molto a livello inconscio: nel romanzo, la mia attrazione fatale era Olivia, che chiaramente è anche quella di Lorenzo stesso. Quindi sì, possiamo dire che mi sono subito identificato. Per quanto riguarda la preparazione: onestamente mi sono soltanto goduto la dolce attesa di un impegno importante. Senza nemmeno pensarci, sono entrato in uno stato mentale di completa attenzione nel presente: ho sentito di dover vivere l’esperienza per quella che era, senza governarla con la testa. Pensavo: “se sono stato scelto, evidentemente vado bene così. Perché caricarsi di angosce inutili?

La sequenza dove tu e Tea Falco ballate insieme, sulle note di Ragazzo Solo, Ragazza Sola cantata da David Bowie, è stata scelta come sigla-manifesto dell’intera rassegna de Il Mio Film. Mi potresti descrivere quel momento? Quanto è stata grande la vostra emozione?

Innanzitutto, sono molto contento di scoprire che proprio quella sequenza è stata scelta come manifesto della rassegna. Grazie di cuore. Del giorno che abbiamo girato il ballo ricordo un’atmosfera di eccitazione di velluto, di familiarità. Ci siamo preparati, gli elettricisti hanno illuminato il set, e poi Bernardo ha fatto montare uno dei suoi leggendari carrelli. Solo che questa volta era circolare: correndo sui binari, la macchina abbracciava me e Tea (Falco ndr.). E quindi Bernardo stesso ci abbracciava. Non poteva essere fisicamente nell’abbraccio, ma senza alcun dubbio lo era metaforicamente, nello spirito. E stato tutto molto semplice: penso fosse un momento che avevamo tutti dentro già da tempo. Era inevitabile, dovevamo soltanto lasciare che ci succedesse.

Oltre a omaggiare Bertolucci, perché secondo te questo film è da rivedere? Puoi rivolgere qui il tuo invito a tutti coloro che ancora non l’hanno visto neanche una volta…

Negli anni ho avuto molto tempo per riflettere sul significato del film. Chiaramente Io e Te è un film che ogni adolescente dovrebbe vedere, quasi come fosse un “bastone per la giovinezza,” cioè come un sostegno lungo l’infido sentiero della crescita. Ma oggi sono convinto anche che sia un film importante per tutti gli italiani: su un piano più simbolico, per me Lorenzo rappresenta l’Italia di questo inizio di millennio. Un paese che scende giù in cantina e scopre i lati sporchi e oscuri del suo passato. Ma questa discesa, ci dice il film, può essere la causa scatenante di un sorriso lanciato nel futuro.

Intervista di Giacomo Aricò


Io e Te 4

 

 

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