Copyright Carole Bethuel

Kristen Stewart è la Personal Shopper diretta da Olivier Assays

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Premiato per la Miglior Regia al Festival di Cannes 2016, domani uscirà nelle nostre sale Personal Shopper, il film carico di mistero e tensione diretto da Olivier Assays e interpretato da una convincente Kristen Stewart.


Maureen (Kristen Stewart) è una giovane donna americana che vive a Parigi e lavora come personal shopper. Ha l’incarico di scegliere i vestiti ideali, con un budget stratosferico a disposizione, per una star esigente di nome Kyra (Nora Von Waldstätten).

Maureen ha anche il dono di comunicare con gli spiriti. Cerca un contatto con l’aldilà per poter salutare definitivamente il fratello gemello Lewis, recentemente scomparso e per riappacificarsi con la sua perdita. Inizierà a ricevere ambigui messaggi inviati da un mittente sconosciuto. Entrerà in contatto con una presenza spettrale ma non è sicura che si tratti di Lewis.

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Per addentrarci nel film e nel personaggio principale del film, Maureen, vi presentiamo ora di seguito l’intervista rilasciata dalla protagonista Kristen Stewart che, dopo Sils Maria, è stata nuovamente diretta da Olivier Assays.

Come le ha spiegato il film Olivier Assayas?

Mi ha raccontato che stava scrivendo una sceneggiatura molto semplice, che la stava scrivendo per me e che sperava che mi sarebbe piaciuta. Quando ricevetti la sceneggiatura ero terrorizzata all’idea di dover chiamar Oliver o il produttore e dovergli spiegare che il ruolo non era adatto a me. E invece l’ho letta e sono rimasta molto impressionata. Era molto diverso da Sils Maria. Pensavo di conoscere Olivier ma non capivo come poteva essergli venuta in mente questa storia. Mi ha fatto scoprire degli aspetti nascosti della sua personalità. In Personal Shopper Olivier è stato capace di evocare mondi invisibili senza nominarli. Penso che questo film sia più personale di Sils Maria. Più che analitico penso sia un film sensuale e profondamente umano. Olivier è un regista cerebrale che in questo film riesce ad esprimere emozioni molto intime. Non sono le stesse sensazioni di Sils Maria.

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Personal Shopper affronta temi non comuni nel cinema francese, come fantasmi e spiritismo, ma rimane abbastanza differente dai thriller americani che trattano il soprannaturale.

Si, in Sils Maria, Maria, interpretata da Juliette Binoche e il mio personaggio Valentina discutono di cinema. Sono in disaccordo su un film che hanno visto sui mutanti nello spazio. Valentina sostiene che c’è molta più verità nei film di fantascienza o nei fantasy che in molti film impegnati. Questi film usano simboli e metafore – ma non lo fanno in maniera superficiale e negli ultimi anni trattano degli stessi argomenti ed esaminano gli stessi soggetti di cui sono oggetto i film che trattano esplicitamente di psicologia. È divertente pensare che Olivier ha tratto letteralmente spunto per questo film da una frase di Sils Maria. Personal Shopper è anche un film di genere, molto diverso da quelli proposti dagli autori francesi. È un film di genere che sceglie di non spaventarci con i fantasmi ma ci offre invece una riflessione profonda sulla realtà e pone quello che secondo me è l’interrogativo più terrificante sulla vita: “sono completamente sola o posso entrare veramente in contatto con qualcun altro?”.

Qual è stato l’aspetto più difficile durante le riprese del film?

Interpreto la parte di una giovane donna, molto sola, completamente isolata e triste. È stato molto impegnativo interpretare il personaggio. Anche quando interpretavo scene con altri personaggi non potevo mai avere un vero rapporto con loro. Era come se fossero tutti fantasmi. Come se non fossi una persona compiuta, completa. Non poteva esserci un vero rapporto tra me e gli altri perché sentivo di non esistere veramente. Questa situazione mi ha fatto sprofondare in uno stato di angoscia. Ringrazio di essere stata sempre circondata da persone che mi amano e che non mi hanno fatto mai sentire sola. Sono stata molto fortunata. Se l’atmosfera durante le riprese non fosse stata così positiva e amichevole, sarei uscita devastata da questa esperienza. Nel film, non ho mai smesso di correre da un luogo all’altro, sono sempre in movimento, ho addirittura perso peso durante le riprese, ero esausta.

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Maureen odia il suo stato di Personal Shopper così come odia la sua boss ricca e famosa. Inoltre le è stato espressamente proibito di provarsi i vestiti.

Maureen è affascinata dalle stesse cose che odia. Sta attraversando una crisi d’identità. Mi piace il fatto che non è rappresentata come una femminista nemica della superficialità della società del consumismo. Sta combattendo una battaglia interiore. È molto attratta da questo mondo dove la sua carriera sta prendendo forma ma si vergogna per questa attrazione. La storia si svolge nel mondo della moda contemporanea ma potrebbe essere ambientato nella Hollywood degli anni ‘30. Non so se le cose erano migliori o peggiori di adesso. Le persone sono sempre state attratte da tutto quello che brilla come le falene.

Personal Shopper parla di lutto ma è anche la storia dell’emancipazione di una giovane donna che cerca la libertà attraverso uno strano percorso.

Si, i periodi più importanti della mia vita sono spesso stati preceduti da disastri. I momenti di serenità o di soddisfazione spesso arrivano dopo eventi traumatici. Ti puoi sentire più viva se la morte ti è passata vicino. Alla fine del film, anche se non ha trovato quello che stava cercando, Maureen è pronta a ricominciare.

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Come si è preparata al ruolo di Maureen? E quanto è stato importante l’aspetto fisico per il suo personaggio?

Molto importante. Volevo che il pubblico si sentisse come Maureen un gemello alla ricerca della simbiosi che aveva perso quando il fratello era morto. L’ho immaginata con un look molto semplice, quasi androgino. Il suo aspetto riflette il suo amore/odio per il mondo della moda. Motivo per cui la scelta dei vestiti era molto importante. Riguardo la preparazione del film, ho letto la sceneggiatura solo una volta, non ho voluto rileggerla. In questo modo ho scoperto le scene sul set ogni giorno. Non ho dovuto imparare niente di specifico per questo film. Olivier ha preferito girare nella prima parte dell’anno così poi ho potuto proseguire con il film di Woody Allen dove interpreto una ragazza giovane, affascinante, femminile e piena di voglia di vivere. Non mi sentivo in grado di lavorare contemporaneamente su entrambi i film.. Non mi sono preparata ma sapevo dove cercare quello di cui avevo bisogno. Sapevo dove avrei trovato il grilletto e tutto quello che dovevo fare era premerlo. Ero pronta a farlo per il film.

Avete girato nelle strade di Parigi 48 ore prima degli attacchi del 13 Novembre. È difficile pensare guardando il film che quel carico di tensione e ansia che traspare non sia collegato.

Quando ho visto il film, mi sono accorta che eravamo totalmente chiusi nel nostro mondo, completamente assorbiti dalle cose che riguardavano noi, solo noi. Maureen è così consumata dalla sua ossessione che non rivolge quasi nessuna attenzione alle persone e alle cose che la circondano. Non è realmente a Parigi o in nessun altro luogo per questa ragione. Quando guardo il film quello che mi colpisce è che il ritratto di un personaggio che attraversa Parigi, una città di una bellezza terrificante, senza provare il minimo piacere. Odio ammetterlo ma siamo stati incredibilmente fortunati. Il giorno dopo il 13 Novembre, avremmo dovuto iniziare un nuovo giorno di riprese, ma era quasi impossibile lavorare. Ogni cosa sembrava così falsa. Girare un film in uno studio…

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Prima di girare questo film con Olivier Assayas, qual era il suo rapporto con il cinema francese?

Avevo visto i film più importanti, come Fino All’Ultimo Respiro e Jules e Jim, Olivier e la troupe mi hanno scoprire un mondo di piccole sale e di appassionati di cinema. Ho scoperto un sacco di film francesi su dvd. È stata una esperienza unica per un’attrice americana trovarsi improvvisamente a far parte di quell’universo. A Hollywood ognuno condivide gli stessi valori. Qui in Francia sono i più disparati e febbricitanti. Negli Stati Uniti i film sono prodotti per intrattenere e fare soldi. Gli autori o film autoriali occupano un frammento ristretto dell’industria cinematografica. Ultimamente i filmmakers che amo di più negli Stati Uniti sono quelli che condividono una certa idea di cinema più simile ad alcuni registi europei o francesi. In Francia le ragioni che spingono a fare un film non sono le stesse che ad Hollywood. C’è un desiderio di correre rischi, diversamente dai film di grosso budget americani, i quali sono interessati solo a ripetere formule già proposte e idee già rodate.

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