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La scelta di Ida

In questa Giornata della Memoria, vogliamo ricordare Ida, la pellicola diretta dal polacco Pawel Pawlikowski premiata con l’Oscar come Miglior Film Straniero un anno fa. Un film stupendo per la bellezza formale e per i temi trattati o meglio incisivamente suggeriti. Girato in bianco e nero, con tutta l’elegante gamma dei grigi, nella breve durata di 80 minuti ci propone, tra passato e presente, un doppio e antitetico ritratto di due donne così vicine e così lontane, per un tratto compagne nel viaggio dell’esistenza.

Ci troviamo in Polonia,dove c’è il regime comunista e corre l’anno 1962. Siamo in un convento e lì vive Anna (Agata Tzzebuchowska) una giovane orfana arrivata, neonata, durante la Seconda Guerra Mondiale e prossima a prendere i voti. Per volere della madre superiora, prima di compiere questa importante scelta, viene mandata a Varsavia per conoscere la sua unica parente rimasta in vita, che non ha mai visto e che non si è mai occupata di lei.

Si tratta della zia Wanda Gruz (Agata Kulesza), sorella della madre, ex combattente nella Resistenza antinazista e ora giudice. Come pubblico ministero comunista, Wanda, detta “la sanguinaria”, ha mandato a morte molti partigiani dell’AK. E’ una donna colta elegante ancora bella ma consumata dalla vita, abbandonata dalla passione politica che l’aveva animata e travolta. Una donna che non ha più voglia di combattere dedita all’alcool e svilita, umiliata da rapporti occasionali con uomini qualsiasi, sconosciuti, che si porta a casa alla chiusura dei bar. La cattiva coscienza di Wanda e l’innocenza della nipote si accostano e si confrontano.

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Da lei Anna scoprirà di essere ebrea e di chiamarsi Ida Lebenstein. Vedrà le foto dei suoi genitori e del figlio di Wanda da lei affidato alla sorella per aderire alla resistenza. Zia e nipote si mettono alla ricerca dei resti dei loro cari e ritorniamo, in un viaggio a ritroso nel tempo, alle vicende della Seconda Guerra Mondiale e alla persecuzione nazista. Ida segue Wanda in una casetta di campagna che era appartenuta alla sua famiglia e ora abitata da Feliks, colui che inizialmente aveva aiutato i rifugiati e poi li aveva uccisi temendo di essere scoperto. In cambio della proprietà della casa rivelerà il luogo di sepoltura dei genitori di Ida e del figlio di Wanda.

Nel ritrovamento dei resti c’è tutta la drammaticità della guerra e dello sterminio, scavando nella terra di un bosco una madre rivedrà suo figlio e una figlia conoscerà sua madre. Ida chiede perchè lei è stata salvata e Feliks risponde che era troppo piccola per essere identificata come ebrea e fu quindi affidata al parroco e poi alle suore del convento. Le donne se ne vanno portando i resti avvolti nel foulard e il alcuni teli. Li seppelliranno nel cimitero ebraico ormai abbandonato a Lublino. Nessun odio contro l’assassino anche lui vittima della spietatezza della guerra anche lui senza fuga dal giudizio della sua coscienza. Toccante l’inquadratura dell’uomo in ginocchio, ripiegato, a testa bassa nella tomba delle sue vittime.

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Wanda riporta Ida al convento, le chiede se non è mai stata con uomo perché allora non saprà mai a che cosa rinuncia. Le due donne non si vedranno più perché Ida, tornando a casa della zia per provare qualche esperienza di vita, scoprirà che, distrutta dai ricordi e dai sentimenti che aveva per tanto tempo isolato e allontanato, si è suicidata. Allora, in silenzio (i primi piani di Ida parlano più di tante parole) vivendo la vita di un’altra, indosserà i vestiti e le scarpe di Wanda, scoprirà i bellissimi capelli che sappiamo essere rossi e avrà una rapporto sessuale con un giovane sassofonista incontrato da poco.

Significativo il dialogo con il ragazzo che la invita a seguirlo a Danzica per vedere il mare, lei chiede che cosa succederà poi e lui, fantasticando, risponde che poi compreranno una cane, si sposeranno, avranno dei bambini, compreranno una casa. Lei insiste “e poi?“e lui risponde sospirando “e poi ci saranno dei problemi“. Non c’è in queste poche parole un senso e un giudizio amaro sulla vita, che porta tutti alle stesse scelte e che riserva a tutti le stesse delusioni?

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Siamo sempre in guerra anche se la grande guerra è finita, in guerra con gli altri e con noi stessi. Ida ha deciso veramente, coscientemente: vuole la pace. Rivestirà gli abiti da suora, ricoprirà gli splendidi capelli e tornerà alla religione che l’ha salvata alla certezza della fede cristiana. E’ quella la sua famiglia, la sua identità.

In Wanda ha prevalso l’appartenenza ad un popolo in Ida un percorso individuale, nuovo e moderno, che supera contrapposizioni religiose o ideologiche che si stacca e si alza sulla squallida ovvietà dell’esistenza.

Claudia Sacchi

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