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Searching Eva, l’inafferabile identità di Eva Collé

25 anni, vagabonda, sbandata, Berlinese, poetessa, padrona di un animale domestico, sex worker, vergine, ex tossicodipendente, casalinga, femminista, modella che all’età di 14 anni ha dichiarato che il concetto di privacy è ormai un concetto superato. La particolare figura di Eva Collé è al centro di Searching Eva, il film-documentario diretto da Pia Hellenthal che mercoledì 9 ottobre verrà presentato al Milano Film Festival nella sezione The Outsiders. La proiezione si svolgerà alle ore 21:30 presso The Space Cinema Odeon alla presenza della regista, della sceneggiatrice Giorgia Malatrasi e della protagonista Eva Collé.

Searching Eva

Quando nel 1996 il paroliere dei Grateful Dead annunciò che il Cyberspazio avrebbe portata a una “civilizzazione della mente”, F. aveva 4 anni. Non molti anni dopo F. dichiarò che il concetto di privacy era ormai un concetto superato, decise che il suo nuovo nome sarebbe stato Eva e pubblicò il suo primo diario online. In breve tempo Eva divenne una star di Internet, dando libero accesso al resto del mondo a osservarla crescere. Oggi Eva è una giovane ventenne, la cui esistenza oscilla tra la sua vita reale – in cui recentemente si è definita come una vagabonda anarchica e una sex worker femminista – e la sua vita virtuale – dove la sua persona viene idealizzata come un archetipo dell’autenticità. Searching Eva è la favola di una giovane donna cresciuta nell’era di Internet, che ha deciso di far diventare il racconto della sua crescita personale uno spettacolo pubblico, sfidando le convenzioni e il concetto comune di ciò che “una donna dovrebbe essere”.

Il film segue, in un racconto lungo tre anni, i continui e repentini cambi di vita di Eva seguendola nei suoi spostamenti da Berlino all’Italia, in Messico e in Grecia, saltando da un luogo all’altro come se scorressimo il suo profilo Instagram. Incontriamo i suoi amanti, i nuovi figli del padre, la madre che vive ancora nella sua cameretta da adolescente nella casa dei genitori. Vediamo Eva sfilare, incontrare vecchi danarosi in lussuose camere di albergo, farsi di chetamine in una vasca da bagno, stirare i capelli della sua compagna, giocare con il gatto. Invece di seguire un racconto lineare, il film ha una narrazione circolare che insiste su alcuni temi che emergono naturalmente osservando la vita di Eva – ci si interroga sulla sessualità, sul gender, sul concetto di lavoro e sull’idea di “identità fissa”, ormai obsoleta e superata.

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Tutto questo è affiancato dai commenti dei suoi followers sulla vita di Eva, sul suo nuovo taglio di capelli, giudicando le sue azioni e tessendo le lodi della sua persona. Online – dove Eva mostra la maggior parte della sua vita – realtà e finzione sembrano inseparabili. E così Searching Eva oscilla tra messe in scena artificiali e osservazione documentaria, unendo frammenti del blog di Eva – una pagina bianca all’interno della quale Eva può esprimere la sua voce e pubblicare il suo virtuale viaggio introspettivo – a scene provenienti dalla quotidianità, sempre sotto l’occhio vigile dei fan che la seguono online. Searching Eva è il ritratto di un’esistenza moderna.

Pia Hellenthal racconta…

Quando nel 2014 la mia co-autrice Giorgia Malatrasi mi fece conoscere il blog di Eva, iniziai a leggerlo senza più riuscire a fermarmi. Una giovane e dinamica donna stava condividendo la sua intera esistenza – in modo meticoloso e brutalmente onesto – con il resto del mondo. Il modo in cui si spogliava di tutto, fisicamente e mentalmente, generava in me repulsione e attrazione allo stesso tempo. A mio parere, attraverso le brevi pillole contenuto nel suo blog Eva cattura con precisione il nostro tempo.

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Eva non crede nella censura della privacy, per lei non esiste. Questa cosa ha buttato all’aria le nostre convinzioni, ci siamo ritrovate a cercare di dare un senso a Eva attraverso i nostri giudizi e le categorie che normalmente utilizziamo. Non ne siamo state in grado però di definire a parole la persona di Eva e le sue azioni, così abbiamo deciso di farne un film. Fin dall’inizio c’è stata una costante battaglia nel cercare di fissare un focus. Era una situazione paradossale: Eva cambia costantemente e rifugge da ogni definizione, allenta ogni legame che potrebbe essere d’aiuto nel trovare una sua personale definizione di cosa sia o di chi sia. Come puoi fare un film incentrato su una persona che rifugge con costantemente evade da ogni tuo tentativo di narrarla?”.

Durante la lavorazione, Eva era sempre un passo avanti, postando online ciò che stava accadendo alla lavorazione del film quando nemmeno noi sapevamo cosa stavamo facendo e in quale direzione stavamo andando. Andando avanti con la lavorazione mi sono ritrovata a riflettere sulla mia condizione di donna, su come la mia persona è influenzata dalla società che mi circonda, influenzando profondamente la mia vita privata. È stato come se avessi sollevato sempre di più un velo, facendomi realizzare quanto profondamente io abbia internalizzato l’odio verso le donne, verso le sex workers, verso i travestiti e tutti gli essere che vivono un’esistenza non conformista – e di come tutto questo fosse profondamente intriso nelle mie ossa, nelle mia lingua e nella mia visione del mondo”.

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Lavorare a questo film è stato liberatorio, un passo alla volta mi sono sbarazzata di un sacco di stronzate. Un po’ come quando, osservando un’illusione ottica, intravedi una seconda immagine oltre alla prima osservata. Prima non ti saresti mai accordo di questa seconda immagine. Solo dopo che ho finito di montare il film ho compreso che per me fare questo film ha significato liberarmi dallo sguardo degli altri e dalle aspettative su chi dovresti essere – soprattutto come donna”.

“Un film su una ragazza e il suo processo di abolizione di sé. La ragazza non sono io, ogni rappresentazione è una bugia. Ma anche le bugie possono essere un bene. Siate un poì bugiardi anche voi. Imbrogliate, rubate, nascondetevi nelle fessure e nelle crepe”.

Eva Collé

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