Dal 14 al 25 ottobre al Teatro Carcano di Milano, Sebastiano Lo Monaco è Ulisse in Il Mio Nome è Nessuno – Ulisse, lo spettacolo di Valerio Massimo Manfredi adattato da Francesco Nicolini e diretto da Alessio Pizzech.
Valerio Massimo Manfredi – scrittore, archeologo, topografo del mondo antico di fama internazionale – ha dedicato due romanzi a Ulisse: il primo racconta le gesta dell’eroe di Itaca dall’infanzia di Odysseo fino alla distruzione di Troia. Il secondo dalla partenza da Ilio dopo la fine tragica e vittoriosa della lunga guerra, fino all’arrivo a Itaca, dieci anni dopo, con la sanguinosa vendetta contro i principi che insidiano Penelope e occupano il suo palazzo.
È una materia così intensa, poetica, tragica e intrisa di sangue e dolore che invece di dar segni di invecchiamento, trova nuova linfa, dubbi e vigore nella prosa di Manfredi, che il regista Alessio Pizzech e il drammaturgo Francesco Niccolini (che già hanno lavorato insieme a Sebastiano Lo Monaco nel fortunatissimo Dopo il Silenzio) anno trasformato in materia teatrale: un lungo viaggio tra poesia, disperazione ed erotismo per attraversare la vita di un uomo, anche se quest’uomo ama farsi chiamare Nessuno.
Questo Ulisse non procede in linea retta: la sua strada è lunga e contorta, riparte dal suo ritorno a Itaca, dal primo incontro con Telemaco suo figlio. È a lui che racconterà – prima della grande vendetta – dieci anni di guerra e dieci di faticosissimo ritorno verso casa: come un reduce di guerra, l’ennesima guerra stupida inutile e aberrante del nostro mondo. Sebastiano Lo Monaco, con tutta la sua maestria e passione, dialoga con i molti fantasmi di questa storia, in particolare le donne e gli eroi che Odysseo ha incontrato sulla sua faticosissima strada.
Perché molte sono le donne che ne hanno turbato la vita: Elena per prima, quindi Penelope, e poi Circe, Calypso, Nausicaa, Athena. Così come molti sono gli uomini che mai potrà dimenticare, uomini valorosi e disperati, consapevoli del loro destino di morte: Menelao, Aiace e, su tutti, Achille con l’amato Patroclo. Il risultato sarà una lunga, intensissima narrazione con una voce principe, quella di Sebastiano Lo Monaco, e intorno tutti quei demoni – divinità, mostri, nemici, eroi, vivi e morti, più tutti i ricordi – che ne hanno costellato il viaggio sterminato, descrivendone il destino immortale.
Per Alessio Pizzech “affrontare così la straordinaria e immane vicenda di Ulisse, in un modo così popolare e così immediato credo sia una possibile risposta per un Teatro d’Arte”. Lo spettacolo è infatti “una grande occasione per riflettere sul presente, su di un mito che sta alla radice della nostra civiltà e al tempo stesso spunto per possibili riflessioni intorno a ciò che sta accadendo sulle sponde del Mediterraneo”.
Ulisse è il primo uomo occidentale che vive le contraddizioni di un tempo storico e le assume su di sé: “è il primo che accetta lo scontro tra anima e pensiero e porta con sé la complessità della propria umanità”. Nel suo essere “Nessuno”, c’è “una sospensione, una difficoltà a definirsi che credo ci debbano sempre guidare: Ulisse cerca le domande, sta nella domanda. La risposta – forse – verrà improvvisa e fulminea, e costringerà il protagonista a essere nudo, di fronte al mistero del destino”.
Ulisse è il racconto popolare di una storia che attraversa i tempi e ci parla “dell’insensatezza della guerra e delle sue follie”. Un uomo, reduce da una guerra senza fine approda nella sua terra. Anzi, “ritorna”, disorientato, senza più punti di riferimento, con la testa piena di immagini di sangue e orrore sente il bisogno “di raccontare ciò che ha vissuto, per trovare il senso di una scelta di violenza che non è stata sua. Qualcuno (gli Dei, il destino?) ha scelto per lui; da uomo di pace si è tramutato in uomo d’armi, e questa passaggio lo ha snaturato“.
Il reduce torna quindi, e lo fa anche per cercare le ragioni di tanta crudeltà: “Ulisse ha capito che la guerra non è una risposta, ma un labirinto in cui si è perso, il ritorno a casa lo spinge a ritrovarsi”.Le immagini e i personaggi di questa storia si susseguono nelle sue parole come fantasmi, e i vari incontri che egli ha fatto, prendono forma“.
Il risultato finale è una sinfonia, un canto ricco di poesia, che – pur nel rispetto della tradizione aedica – trova una forma drammaturgica originale, sorprendente, perché non è il furbo Ulisse senza limiti ad apparire allo spettatore, ma un uomo ancora più moderno, sopravvissuto a una guerra dove ha conosciuto la paura e l’orrore, provato da dieci anni di morte e naufragi, mancati ritorni e misteriosi sussurri del desiderio.