Un Eroe 0

Un Eroe, l’altruismo condannato nel nuovo film di Asghar Farhadi

Da lunedì 3 gennaio arriverà nelle nostre sale Un Eroe, il nuovo film del regista Asghar Farhadi (due volte Premio Oscar con Una Separazione e Il Cliente), vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2021. La pellicola rappresenterà l’Iran ai prossimi Oscar 2022.

Il film

Rahim (Amir Jadidi) è in prigione a causa di un debito che non è riuscito a ripagare. Approfittando di un permesso di due giorni, cerca di convincere il suo creditore a ritirare la denuncia per una parte della somma dovuta. Ma le cose non vanno secondo i piani.

Asghar Farhadi

Vi proponiamo qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Asghar Farhadi.

Come hai avuto l’idea per il film?

Mi è capitato spesso di leggere nei giornali storie come questa. Storie di persone comuni diventate improvvisamente famose per aver compito un gesto altruistico. Queste vicende hanno tutte qualcosa in comune. Un Eroe non trae spunto da uno specifico fatto di cronaca ma quando l’ho scritto avevo in mente questo genere di storie.

Un Eroe 1

Perché la storia si svolge a Shiraz?

Il tema del film parla da solo. Ci sono molti reperti antichi a Shiraz, importanti e splendide tracce dell’identità storica dell’Iran. La ragione principale per cui ho scelto questa città è relativa proprio alla specificità della storia e dei suoi personaggi. Un’altra ragione è che volevo allontanarmi dal fermento che c’è a Tehran.

Il personaggio di Rahim è abbastanza ambiguo. Penso a quel sorriso che ha sempre stampato sul volto…

Credo che l’approccio realistico del film richiedesse tale complessità per le personalità dei suoi protagonisti. Come nella vita reale, le persone presentano dimensioni diverse e in alcune circostanze alcune di queste prendono il sopravvento diventando più visibili. Si tratta di personalità “grigie”, non stereotipate o unidimensionali. Come nella nostra vita di tutti i giorni, le persone reali hanno delle contraddizioni, presentano tendenze in conflitto tra loro e sono internamente tormentate quando devono prendere una decisione. Il sorriso di Rahim fa parte di un insieme di tratti che sono emersi progressivamente durante i mesi di prova che sono serviti a capire come definire il modo di recitare dell’attore che avrebbe dovuto interpretarlo. Si trattava in fondo di conferirgli quell’elemento “grigio” che è fa parte della nostra quotidianità.

Nel film si percepisce una vera solidarietà all’interno delle famiglie, che qualche volta può trasformarsi in un peso. È una situazione comune in Iran?

Credo che, come in molti altri Paesi, è così che funziona nelle capitali, o almeno nelle grandi città. Ma altrove la vita quotidiana ha un ritmo più lento, le famiglie non perdono la loro identità, il loro tradizionale stile di vita e queste famiglie così unite sono più diffuse. Le relazioni familiari sono più sviluppate e, nel caso in cui qualcuno si trovasse in una situazione di bisogno, tutti intorno a lui si sentirebbero coinvolti. Io stesso sono cresciuto in questo tipo di ambiente socio-culturale. Venti anni fa la frase “non è un mio problema” non esisteva nella lingua iraniana. Si tratta di un comportamento importato, che rappresenta un nuovo modello relazionale nella nostra società.

Un Eroe 2

In questo film lo sguardo dei bambini è importante…

Ancora una volta in questo film i bambini sono i testimoni. Osservano le difficoltà e i conflitti degli adulti. Non sono in grado di capirne la complessità ed ecco perché, come nei film precedenti, i bambini sono solo testimoni frastornati dagli eventi. La loro percezione delle crisi degli adulti è puramente emotiva.

La maggior parte dei personaggi comunica attraverso i social media. In Iran è un fenomeno nuovo e diffuso?

Come ovunque nel mondo, i social media hanno un peso cruciale nella vita della gente in Iran. Si tratta di un fenomeno abbastanza recente ma il suo impatto è tale che è difficile ricordare come fosse la vita prima che facessero la loro comparsa. La mia personale esperienza mi porta a credere che questo è ancora più ovvio per la società iraniana che altrove. Credo infatti che dipenda dalla situazione socio-politica del Paese.

Alla fine dei tuoi film lo spettatore ha la sensazione di non aver avuto tutte le risposte. Sei uno di quei registi ai quali non piace scegliere?

Questa particolarità che accomuna i miei film non è intenzionale. Una certa ambiguità ai limiti del mistero è un elemento che emerge spontaneamente nella fase della scrittura, e devo dire che mi piace. Questo aspetto rende la relazione tra il film e lo spettatore più durevole, oltre il tempo della proiezione. Dà al pubblico la possibilità di riflettere di più sul film. Mi piace sempre molto rivedere Rashōmon, proprio per questa sua dimensione misteriosa. Penso che combinare l’ambiguità con una storia che racconta le vicende quotidiane di persone ordinarie sia una sfida interessante.

Un Eroe 3

Conosci la celebre frase di Jean Renoir: “La cosa più terribile di questo mondo è che ciascuno ha le sue ragioni”? Sembra adattarsi perfettamente ai personaggi del film…

Sono assolutamente d’accordo. Ognuno di noi ha le proprie ragioni per agire come agisce, perfino quando non siamo consapevoli di quelle ragioni. Se chiedessimo a chiunque di elencarle non riuscirebbe a farlo. Le ragioni che ci spingono a fare qualcosa non sono sempre chiarissime e facili da sintetizzare. Spesso sono anche contraddittorie. Nella vita reale le persone possono metterci anni a capire le ragioni delle proprie azioni perché sono profondamente incorporate nel loro passato. Inoltre vorrei chiarire che non credo che tutte le azioni siano giustificabili. Non si tratta di legittimare, ma di comprendere. Comprendere non vuol dire legittimare. Conoscendo le ragioni che hanno spinto qualcuno ad agire in un certo modo può aiutarci a capire quella persona pur senza prendere le sue parti.

Leave a Comment