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Wacken 3D, la musica che unisce nel documentario di Norbert Heitker

Il 24 e 25 novembre sarà proiettato nei cinema Wacken 3D, il documentario diretto da Norbert Heitker che racconta l’edizione del 2013 del Wacken Open Air, il festival che ogni anno raccoglie 75 mila fan dell’heavy metal. Il film è una celebrazione del 25° anniversario di questo straordinario evento musicale.


25 anni fa a Wacken, un paesino nel nord della Germania, nasceva quello che di lì a poco sarebbe diventato il più importante festival Heavy Metal al mondo. 4 giorni, 75.000 spettatori, 120 band, 7 palchi sono solo alcuni numeri del Wacken Open Air. Per il 25° anniversario della rassegna il documentario Wacken 3D racconta gli eventi speciali, la registrazione dei concerti, i backstage e le interviste ai partecipanti, tra cui i Deep Purple, Anthrax, Motörhead, Alice Cooper, Rammstein, Henry Rollins, Annihilator e molti altri.

A partire dal 2002 il Wacken ha sempre registrato il sold out, arrivando ad esaurire i biglietti ben 359 giorni prima dell’evento. L’evento offre quindi un’imperdibile occasione per assistere allo spettacolo a 360 gradi, grazie all’utilizzo di 13 telecamere 3D e agli approfondimenti che neanche il pubblico presente nella cittadina di Wacken ha avuto modo di ammirare.

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Ora vi lasciamo ad un estratto dell’intervista rilasciata dal regista del documentario, Norbert Heitker.

Wacken 3D è un’avventura che ti ha dato parecchio filo da torcere. Come mai hai accettato la sfida di girare ‘livÈ durante il festival, con molte unità di ripresa, senza una rete di sicurezza?

Ero affascinato dall’idea di Wacken. Quando ci ero stato per la prima volta nel 2012 (senza essere un fan della musica metal) avevo fatto fatica a capirci qualcosa. Da un punto di vista visivo, l’idea di riprendere il festival era un sogno. Ma non capivo cosa ci fosse dietro, come funzionasse. Quella volta eravamo riusciti a riprendere Robb Flynn dei Machine Head – si vede proprio all’inizio del film. Racconta di essere cresciuto senza alcuna educazione religiosa e che solo una cosa aveva dato una direzione alla sua vita: la musica. In quel momento ho capito. Si trattava di questo. Si trattava del potere della musica. Ed è la musica ad unire le persone al festival. È una cosa speciale. Sì, certo, si tratta del Metal. Ma il Metal è il mezzo per convogliare quella passione comune.

Come hai affrontato il tuo compito?

Prima di tutto ho fatto delle ricerche sulla scena musicale. Dovevo conoscere a fondo il soggetto del mio progetto. Cosa c’è di tanto speciale in quella musica? Cosa c’è di tanto speciale in quei fan? Perché hanno quel particolare aspetto? Ho bisogno di sapere per poter poi affrontare con onestà il soggetto del mio film. E doveva essere un film onesto su gente che, fino a quel momento, era stata generalmente definita attraverso stereotipi. Io non volevo mostrare degli stereotipi. Questo vale anche per la frase che avevamo scelto all’inizio come tagline: Louder Than Hell (“Più rumoroso dell’inferno”. È il titolo di un celebre album del gruppo metal Manowar, nonché di un libro di interviste pubblicato nel 2013 che racconta la storia della musica metal. N.d.T.) Abbiamo subito preso le distanze da questo tipo di approccio, perché era esattamente il contrario di quello che volevamo. Volevamo mostrare i toni più delicati. Certo, c’è il baccano del festival, ma fondamentalmente abbiamo esplorato l’umanità che c’è dietro quel baccano.

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Cosa c’è di tanto affascinante a Wacken?

La musica, che è in grado di riunire 75.000 persone. Lì a nessuno importa della razza, della nazionalità, del ceto sociale, dell’età o della religione degli altri. Tutto questo non ha importanza. La gente si riunisce e vive pacificamente e in armonia per la durata del festival. Gli appassionati di musica metal potrebbero sembrare aggressivi, minacciosi a volte. Ma a Wacken è tutto diverso. Sono convinto che Woodstock, simbolo di pace, amore & felicità e l’epoca degli hippies fossero molto meno pacifici di Wacken. È davvero incredibile scoprire quanto sia felice la gente a Wacken.

…E questo non vale solo per i fan, vero?

No, vale anche per gli artisti. Sul palco, mentre suonano i loro pezzi, spesso appaiono aggressivi e violenti, ma quando li incontri per un’intervista hai modo di conoscere persone molto gentili, che ti sorridono mentre ti parlano, e che si emozionano come bambini quando sanno di potersi esibire a Wacken – non importa quanto siano famosi, che si tratti di Alice Cooper o dei Motörhead o di chiunque altro, non fa differenza. Te li immagini completamente diversi. Prendi i Ragnarok, una band di black-metal dall’aria molto minacciosa. Quando vedi le loro interviste e li senti parlare, non corrispondono affatto all’immagine che vogliono dare.

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Devi innanzi tutto conoscerli per capire perché quei musicisti metal sono così pacifici e contenti. Come si concilia con il loro genere di musica?

Il Metal è un genere molto costante. Ha un effetto stabilizzante sulla gente. Se qualcuno ama una band, continuerà ad amarla per 40 anni. E la band continuerà ad esistere per 40 anni. Biff Byford, cantante dei Saxon per 35 anni, dice: “Questo è il bello di Wacken!“ Da una parte ci sono i Deep Purple e dall’altra un gruppo come i Rammstein. E tutti e due sono considerati fantastici. I fan dei Rammstein si radunano davanti al palco per ascoltare i leggendari Deep Purple, e impazziscono. C’è una grande apertura per ogni genere di stile, fino al più estremo. E lo stesso vale per il pubblico. Puoi incontrare un padre sessantenne venuto insieme al figlio e giovani scatenati che vogliono solo divertirsi con i loro amici, ma che riescono poi a commentare la loro esperienza in modo molto intelligente. Vengono a Wacken per lasciarsi alle spalle per tre giorni la routine quotidiana e tornare ad essere degli individui a cui nessuno dice cosa fare. Percepisci la loro euforia in modo molto istintivo.

Riuscivi a riflettere su questi aspetti durante il festival? Le riprese devono essere state una vera lotta per la sopravvivenza, sia per te che per tutta la troupe…

Esatto. Devi pensare che Wacken 3D non è un documentario su un evento di lunga durata. Il 90 per cento circa del film è stato girato in quattro giorni. Per cui la pressione a cui eravamo sottoposti era terribile. Sapevamo che dovevamo farcela lì e in quel momento. Oppure non ci sarebbe stato il film. È stato fondamentale disporre di una preparazione accurata. Per esempio, durante la preparazione ho messo a punto uno schema intessendo i contributi delle 130 band che si sarebbero esibite a Wacken nel 2013, cercando di renderlo interessante da un punto di vista emotivo e dei contenuti, sia per i fan del Metal che per i non fan. Così ho selezionato attentamente le band e le canzoni che sono nel documentario, e durante il festival sapevo almeno quale performance sarebbe stata rilevante per il film.

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Ma non si tratta solo di musica.

È vero, abbiamo anche una dozzina di protagonisti che ci accompagnano durante tutto il film. Non volevo che fossero persone scelte con un casting e poi spedite a Wacken – non avrebbe funzionato. Volevamo veri appassionati del festival che avevano comprato il loro biglietto da tempo e che sarebbero andati comunque a Wacken. Dovevamo essere onesti e aderenti alla realtà. Seguire i protagonisti è stato il lavoro dei miei tre co-registi. Ho dato loro un’idea generale di quello che volevo, ma non sei mai sicuro che funzioni. Ci incontravamo tutte le mattine e tutte le sere per controllare cosa avevamo ottenuto e cosa no. A quel punto dovevamo decidere come andare avanti. È successo anche che alcuni possibili protagonisti siano spariti. Per esempio, volevamo seguire una nuova band che aveva suonato il primo giorno, ma è sparita per i due giorni successivi. È così che vanno le cose: cominci a girare ma non sai se avrai delle altre riprese che ti consentiranno di concludere la storia. A ripensarci è stata un’avventura folle.

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