Chernobyl (foto di Alessandro Tesei)

#CAMERALOST – Intervista ad Alessandro Tesei: “Dall’Italia a Chernobyl, alla scoperta dell’abbandono”

Chernobyl (foto di Alessandro Tesei)

L’espolorazione in un luogo abbandonato può diventare arte e può diventare racconto. Ogni immagine dell’abbandono, fotografia o frame di un filmato, può parlare da sola (qui si instaura un dialogo con le nostre emozioni) o può essere didascalicamente accompagnata e raccontata con la sua Storia. Lo scatto fotografico – artistico o da reporter – e la scelta del genere cinematografico del documentario appartengono al regista e fotografo Alessandro Tesei, l’ideatore di Ascosi Lasciti, un collettivo di urbexer (“esploratori urbani”) che, in Italia e all’estero, ha già esplorato, immortalato e raccontato migliaia di luoghi abbandonati in tutto il mondo.

Germania (Foto di Alessandro Tesei)

Germania (Foto di Alessandro Tesei)

Intervista ad Alessandro Tesei

Attirato da sempre dai posti abbandonati, Alessandro Tesei cammina per le strade del mondo mosso dal piacere della scoperta e dal desiderio di conoscenza. L’esplorazione, per lui, è qualcosa di necessario. Soprattutto quando quel luogo ha una storia da raccontare. Alessandro scatta foto e realizza documentari molto interessanti (e pluripremiati, qui troverete i suoi lavori), viaggiando da un continente all’altro. Non anticipo nient’altro: per la nostra rubrica CamerLost, abbiamo deciso di intervistarlo.

Alessandro iniziamo a parlare del volume Italian Urbex. Come è nato questo progetto editoriale di Ascosi Lasciti?

Italian Urbex è il primo progetto editoriale firmato Ascosi Lasciti, opera corale realizzata da tutto il team di autori e fotografi che collaborano con il sito. Il primo di tre, visto che abbiamo all’attivo tre pubblicazioni, di cui due con la casa editrice Magenes, la prima a darci fiducia (Italian Urbex e Paesi Fantasma) e una con la casa editrice Capricorno (Piemonte Abbandonato). Per il 2020 abbiamo in cantiere almeno altri quattro libri tematici sull’abbandono in Italia. Ascosi Lasciti infatti è un grande contenitore che raggruppa i migliori esploratori urbani italiani, divisi nei vari gruppi regionali. Di cosa ci occupiamo? Di ricercare sul territorio i segni dell’abbandono e di indagarli, riscoprendo quindi edifici e storie dimenticate, e di raccontare tutto questo al nostro pubblico. Palazzi, ville, ospedali, manicomi, conventi, chiese, discoteche e tutto ciò che è in stato di abbandono rientra nei nostri interessi. Da ormai dieci anni siamo presenti online e attualmente abbiamo un database di oltre 1500 luoghi abbandonati in Italia e all’estero. Possiamo dire di essere la realtà più longeva e con l’archivio più ampio in tutto il territorio nazionale.

Nei vostri scatti vediamo un’Italia abbandonata ma ancora affascinante. Cosa provi quando ti trovi in questi luoghi?

Varcare le soglie di alcune strutture può scatenare emozioni contrastanti. Da una parte si gode della bellezza della decadenza e si brama il posto ancora arredato, con mobili e oggetti che possano raccontare le storie di chi ha vissuto, lavorato, o è semplicemente passato in questi luoghi. C’è quindi la voglia di trovare sempre nuovi posti e di mantenerli intatti nel loro stato di degrado. Allo stesso tempo però si prova un sentimento di rabbia per tutta la bellezza sprecata e destinata alla distruzione di cui il nostro territorio è costellato. Emerge quindi la volontà di denuncia e la voglia di di salvaguardare o addirittura ripristinare un passato splendore. Terzo sentimento, o meglio, riflessione, tratta della rivincita della natura sul genere umano e sulla sua arroganza, visto che ogni costruzione è in fin dei conti una violenza su quello che è l’equilibrio naturale. Una sorta di amara gioia che ci ricorda quanto siamo piccoli e di passaggio su questa terra, e quanto la smania di accumulo sia completamente inutile: palazzi nobiliari che 50 anni fa erano simboli di potere su grandi territori, oggi sono solo ruderi frequentati da sciacalli, senzatetto e fotografi dell’abbandono.

Italia (Foto di Alessandro Tesei)

Italia (Foto di Alessandro Tesei)

Che sensazione cerchi di catturare con uno scatto? Cosa cerchi in un’inquadratura?

In Ascosi Lasciti ognuno ha un proprio stile. Abbiamo fotografi sopraffini come Stefano Barattini, Gabriele Laffi, Emanuele Bai, Marianna Arduini, Matteo Montaperto, Christian Goffi, Leonardo Fazio, Valerio Fanelli, Gianni Pastorino, Marco Moro o Francesco Coppari, altri sempre molto bravi ma che mettono la foto in secondo piano rispetto all’esplorazione e al racconto, come Davide Calloni, Cristiano la Mantia, Lorenzo Licciardi, Christian Catinello, Jonathan della Giacoma o Rosa Anzalotta, altri ancora per cui la foto è documentazione della condizione presente del luogo, ed è importante solo in quanto testimonianza di esso, come Alessandro Magno e Michi Miura. Ecco, io rientro nella terza fascia, e sebbene per professione sia fotografo e videomaker il mio approccio nei confronti del posto in abbandono è prettamente documentaristico; non presto molta attenzione a composizione, luci, ombre e non passo molto tempo nemmeno in fase di post-produzione. Cerco di mostrare la realtà per quello che è, e per come la vedo io nel momento in cui scatto, senza edulcorare o patinare.

Nel vostro libro raccontate anche la storia di questi edifici abbandonati. Eppure molte immagini sembrano parlare da sole, raccontandoci molto altro…Sei d’accordo?

L’esplorazione urbana è un hobby visuale, quindi le foto ed i video sono di sicuro il metodo migliore per apprezzarla. Un testo o un podcast non hanno la stessa potenza di un’immagine. Questo perchè l’estetica della decadenza è magnetica e si dischiude in un mondo che profuma di Goonies e Indiana Jones, cari a chi come me ha vissuto l’adolescenza negli anni ’90.

Malta (Foto di Alessandro Tesei)

Malta (Foto di Alessandro Tesei)

L’Urbex è un fenomeno in espansione. Secondo te perchè? A te perchè affascina?

L’innata curiosità del bambino. Questo è l’ ingrediente e allo stesso tempo il grande motore dell’urbex. Aggiungiamoci l’incoscienza e la voglia di scoprire qualcosa di sconosciuto, di non visto, di irrintracciabile online.  Oggi tutto è a portata di click, dalla spiaggia caraibica alla grande città, dal museo al cinema, dal significato di una parola allo shopping. L’urbex ti permette di inoltrarti in aree buie, ancora intatte, inesistenti online e che quindi solo te potrai visitare, di persona. Per assurdo il nostro sito ascosilasciti.com contribuisce allo svelamento di questi posti, ma senza mai dire dove essi si trovino (a parte alcuni casi eclatanti). Ed è per questo che, nonostante i rischi sia fisici che di natura legale, sempre più persone si stanno appassionando a questa disciplina. Prevedo che nel 2020 l’urbex inizierà a essere conosciuto dal grande pubblico, anche grazie ad alcuni progetti televisivi con cui siamo in trattativa con un paio di canali.

Tra l’immagine statica (lo scatto fotografico) e quella in movimento (documentario, film), quali preferisci quando ti trovi in un luogo abbandonato?

Dipende. Ho sempre tenuto diviso il lavoro dall’hobby. Quando l’esplorazione urbana è per hobby, al di là dello spirito di documentazione e dalla volontà di raccontare il luogo, prediligo la foto, anche per un discorso di immediatezza.Ma pure per il minor tempo necessario in fase di archiviazione e di post-produzione. Quando il posto abbandonato fa parte di un progetto lavorativo entra invece in campo il video, perchè necessito di un mezzo più potente, che possa raccontare una realtà più complessa, di cui il luogo abbandonato spesso è solo una parte. Come è successo in uno dei miei ultimi lavori in Abcasia.

"Abcasia" (foto di Alessandro Tesei)

“Abcasia” (foto di Alessandro Tesei)

Da anni realizzi documentari in giro per il mondo, andando oltre all’immagine, andando dritto alla storia. Dopo Fukushame – Il Giappone Perduto, Behind the Urals – The Nightmare before Chernobyl e The Zone – sulle conseguenze della contaminazione radioattiva tra Fukushima (Giappone), Chelyabinsk (Russia) e Chernobyl (Ucraina), ora sei al lavoro su un nuovo progetto, Abcasia – Non Solo Fantasmi, questa volta sulle conseguenze della Guerra nella città fantasma di Akarmara. Cosa ti spinge ad avventurarti in questi viaggi? Cosa lega ogni documentario che realizzi?

Nel corso degli anni mi sono psicoanalizzato e ho scoperto che in fin dei conti le motivazioni per cui faccio urbex e quelle per le quali frequento posti contaminati e ai confini del mondo sono le stesse. La curiosità, ripeto, è un grande motore. Nel mio caso fa coppia con l’adrenalina, che amo ricercare di continuo, e con un’attenzione all’ambiente e alle vicende umane. Amo indagare le cause che portano l’uomo a dover vivere in situazioni assurde, siano esse territori contaminati da un incidente nucleare o città semidistrutte da guerre. Parte integrante di ogni mio documentario è comunque e sempre l’abbandono, probabilmente il vero fil rouge del mio essere. Il declino dell’uomo è raccontato da quegli spazi vuoti, appartenenti a ciò che Gilles Clement, famoso paesaggista francese identifica come “terzo paesaggio”, ovvero un non luogo modificato dall’uomo e poi lasciato di nuovo alle forze della natura. Ed è in questi spazi sospesi che si trovano di solito le trame di molte delle storie che amo indagare.

Il posto abbandonato non racconta solo il vuoto (la vita che c’è stata e che ora non c’è più). Racconta anche una nuova possibilità. Tu cosa ne pensi delle opere di riqualifica di aree dismesse?

Il luogo abbandonato è ovviamente qualcosa in divenire. L’urbex lo fotografa in un momento di passaggio tra ciò che è stato e tra ciò che diverrà, rovina o spazio recuperato. Nella maggior parte dei casi è la rovina a essere il fine ultimo di queste strutture. Esistono alcuni virtuosi esempi di riqualificazione, ma parliamo di percentuali irrisorie. Nella mia esperienza, su quasi un migliaio di luoghi visitati, posso affermare con consapevolezza che meno di una decina hanno visto nuova vita, e quasi tutti hanno ora un uso diverso da quello per cui sono stati costruiti. Molti sono stati invece vittime di un tentativo di recupero poi interrotto, il che ha semplicemente permesso la spoliazione e la devastazione del luogo da parte di addetti ai lavori e sciacalli vari. Infatti, scherzando, si dice spesso che uno dei peggiori nemici degli esploratori urbani sono i muratori, perchè cancellano la storia del luogo, deturpandolo più di decenni di mancata manutenzione.

"The Road" di John Hillcoat (2009)

“The Road” di John Hillcoat (2009)

Al cinema – sia in film nel passato che (anche qui in numero crescenti) degli ultimi anni – assistiamo sempre più spesso a sequenze ambientate in luoghi abbandonati. Pensiamo a film come Il Bene Mio con Sergio Rubini o alla “casa” di Pennywise nel recente It – Capitolo 2. Gli esempi sono innumerevoli. Come spettatore, qual è il film e la sequenza “urbex” che ti è rimasta più impressa? Dicci anche il perchè!

Senza indugio alcuno: The Road di Hillcoat. Il post-apocalittico è un po’ uno dei generi preferiti da chi fa esplorazione urbana. Perché non c’è una location specifica, è tutto il mondo a essere “urbex”, come anche in 28 Giorni Dopo o nella serie di The Walking Dead. Ma The Road è narrativamente e visivamente superiore. Riesce a darti la sensazione di vivere in una Terra abbandonata, che somiglia un po’ al sentimento che proviamo noi quando entriamo in un luogo mai visto prima. Ma la storia del cinema è piena di “urbex”. Non vorrei sembrare ripetitivo ma gli stessi Indiana Jones o i Goonies sono degli urbex ante litteram. La curiosità della scoperta, la voglia di ritrovare un’eredità umana dimenticata. È lo stesso spirito e richiede le stesse volontà e sensibilità.

Intervista di Giacomo Aricò

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