COP

Claudio Cupellini racconta Alaska: tra sogno e dolore, il grande amore

Tra i film più attesi in uscita questa settimana c’è sicuramente Alaska, il film – presentato in anteprima alla decima Festa del Cinema di Roma – diretto da Claudio Cupellini con protagonisti Elio Germano e  Astrid Bergès Frisbey.

Questa è la storia di due persone che non possiedono nulla se non loro stessi. Non hanno radici, non hanno neanche un posto dove sentirsi a casa. Si conoscono per caso, sul tetto di un albergo a Parigi, e già a partire da questo primo incontro si riconoscono: fragili, soli e ossessionati da un’idea di felicità che sembra irraggiungibile.

Fausto (Elio Germano) è italiano ma vive a Parigi, lavorando come cameriere in un grande albergo. Nadine (Astrid Bergès Frisbey) invece è una giovane francese, e possiede la bellezza commovente dei suoi 20 anni. È fragile e allo stesso tempo determinata, viva e pulsante come solo a quell’età si può essere. Il destino avrà in serbo non pochi ostacoli e sorprese per questo amore. Fausto e Nadine continueranno a incontrarsi, a perdersi, a soffrire ed amarsi per scoprire, alla fine, che tutte queste avventure erano solo una parte del loro grande amore.

Elio Germano

Elio Germano

Fausto e Nadine, che formano la coppia protagonista del film, si incontrano per caso, sul tetto di un albergo a Parigi. Fausto è italiano ma vive, o per meglio dire sopravvive, a Parigi, nella speranza che un giorno la vita gli offra qualcosa di meglio del nulla che ha ricevuto in eredità. Lavorando come cameriere in un grande albergo, ogni giorno assiste allo spettacolo vano e affascinante della ricchezza degli altri, sentendosi ingiustamente respinto ai margini e coltivando il sogno, a prima vista velleitario, di sollevarsi al di sopra di un’esistenza marginale fatta di ordini ricevuti e notti insonni.

Nadine invece è francese e possiede una bellezza che toglie il fiato. È fragile e allo stesso tempo determinata. Nella ferocia dell’ambizione di Fausto, Nadine vede qualcosa della propria fragilità. Nella delicata inquietudine di Nadine, Fausto riconosce la sua stessa solitudine.

Astrid Bergès Frisbey

Astrid Bergès Frisbey

Il sentimento di dover essere qualcosa d’altro, di dover avere qualcosa di più, li lega dall’inizio alla fine della loro storia: una storia lunga cinque anni, durante la quale entrambi conosceranno, in momenti diversi, gli abissi più neri della disperazione e le vette più alte dell’affermazione sociale. Troveranno la felicità sognata proprio dove non immaginavano: non nell’acquisizione di denaro, successo e posizione economica, ma nella capacità di offrire la propria vita per amore.

Per Claudio Cupellini la storia di Fausto e Nadine è molto di più di una tradizionale storia d’amore: “parla infatti di quella stessa ossessione, rapacità e folle ambizione che sta nel cuore del tempo che viviamo, parla di un mondo in cui pochi hanno tutto, e i molti che non hanno nulla non fanno altro che guardare verso quel centro che brilla di luce falsa, convinti di non essere niente e di non valere niente finché non riusciranno a occuparlo”.

Fausto

Fausto

Secondo il regista, in questa storia “non c’è un giudizio sull’ambizione che anima la vita dei protagonisti, non c’è una morale prefabbricata”. C’è invece “la vicinanza, lo sguardo colmo di empatia nei confronti di chi persegue con tenacia un obiettivo illusorio e cerca di avere di più perché non ha altro modo di declinare la propria esigenza di essere riconosciuto e amato”.

La storia è inserita in un contesto europeo, “dinamico, dove i fatti della vita portano gli esseri umani a continui spostamenti sia geografici sia esistenziali, come in una giostra infernale dalla quale è impossibile scendere”.

Nadine

Nadine

Poter girare il film anche all’estero significa soprattutto questo, ma è anche “un passo importante verso la costruzione di storie che non siano solo italiane, o lombarde o venete: storie europee, poiché negli ultimi anni è sempre più chiaro che tutto è connesso e che la cosiddetta unità di luogo è diventata, per chiunque voglia raccontare una storia esemplare di questi tempi, una fastidiosa camicia di forza”.

La lingua parlata nel film è principalmente l’italiano ma, nonostante questo, c’è lo spazio per delineare “un tessuto linguistico complesso – continua Cupellini – fatto di diverse inflessioni e diverse lingue, un aspetto apparentemente marginale, ma che costituisce un’importante risorsa espressiva e rappresenta con evidente plasticità il tema portante del film: lo sradicamento, la necessità di combattere, soli in un mondo crudelmente ostile, la battaglia per un’autoaffermazione tanto necessaria quanto effimera nei suoi risultati concreti”.

Il regista Claudio Cupellini

Il regista Claudio Cupellini

Come nelle favole, la meta del viaggio si configura come un ritorno in se stessi, un ritorno a casa”. Secondo il regista era quindi necessario “attraversare foreste e uccidere draghi, per scoprire che tutto quel viaggio, quello struggersi alla ricerca di una felicità sempre e soltanto intravista, non era che un errore da principianti. La quiete, la serena consapevolezza di sé, arriva alla fine come un ritorno a casa, un ritorno a quel sentimento potente da cui tutto è iniziato”.

“Questo racconto vuole, con forza, essere una grande, epica storia romantica: la scelta tra il grande amore e le seduzioni del mondo sono temi che ci coinvolgono tutti e appartengono al sentire dei nostri tempi”.

Claudio Cupellini

Leave a Comment