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Dieci inverni da Dieci Inverni, la Nostra Storia d’Amore

Dopo i dieci inverni, sono passati esattamente dieci anni (era il 10 dicembre 2009) dall’uscita in sala di Dieci Inverni, l’emozionante e romantica opera prima di Valerio Mieli con protagonisti due indimenticabili Michele Riondino e Isabella Ragonese. Senza dubbio, almeno per me, la più bella storia d’amore raccontata dal cinema italiano nell’ultimo decennio. Una poesia ambientata tra Venezia e Mosca, nata dall’omonimo libro-soggetto di Mieli.

Il film

È l’inverno del 1999. Un vaporetto attraversa la laguna di Venezia. Camilla (Isabella Ragonese), diciottenne schiva, appena arrivata dal paese per studiare letteratura russa, nota tra la folla un ragazzo. Anche lui porta con sé una valigia, anche lui è appena arrivato. I due iniziano a guardarsi: lei è timida, lui più sfacciato. Silvestro (Michele Riondino) ha la stessa età di Camilla, ma diversamente da lei nasconde la sua inesperienza dietro un’ingenua spavalderia. E quando il vaporetto attracca, decide di seguire la ragazza per le calli nebbiose di un’isola della laguna…

Così comincia un’avventura lunga dieci anni che porterà i due ragazzi dalla Venezia quotidiana degli studenti fino alla straniante frenesia di Mosca, con i suoi teatri e le enormi strade trafficate. Camilla e Silvestro vivranno altre storie d’amore, si scriveranno, saranno conquilini nella stessa casetta sulla laguna, ospiti a un matrimonio nella campagna russa e poi ancora passanti distratti nell’affollato mercato di Rialto. Saranno di volta in volta nemici, amici, conoscenti, innamorati, vicini o distanti.

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Rincorrersi, sfiorarsi

Dieci Inverni è una storia d’amore, o meglio il prologo di una storia d’amore. Un prologo lungo dieci anni, raccontato per quadri: ogni inverno è una finestra aperta a curiosare nella vita di due persone che non si perdono mai del tutto e intanto crescono, segnate dal difficile e splendido ingresso nell’età adulta. Un lungo inseguirsi, un rincorrersi senza afferrarsi (sulle splendide note di Alessandro Forti & Francesco De Luca). Tra desiderio, paura e orgoglio. E soprattutto amore.

Nascita di un capolavoro

Dieci Inverni nasce tra le aule del Centro Sperimentale di Cinematografia quando Valerio Mieli, allievo del corso di Regia, scrive un soggetto autobiografico come saggio di diploma e la CSC Production lo propone a Rai Cinema. Il film diventa così una sfida condivisa da uno staff di giovani professionisti per la maggior parte ex allievi e dalla nascente CSC Production. Un’avventura durata sei mesi di preparazione e otto settimane di riprese tra la laguna di Venezia, l’entroterra veneto e la Russia. La scelta del paese coproduttore è nata dall’esigenza di un maggior respiro narrativo necessario a raccontare sia la distanza geografica che l’allontanamento emotivo fra Camilla e Silvestro e il loro continuo rincorrersi nel corso di dieci stagioni.

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La fotografia di Marco Onorato, le note di Vinicio Capossela

Il fascino intimista e la bellezza di due città come Venezia e Mosca, la poesia delle colline di Valdobbiadene ben descrivono l’importanza di una precisa scelta visiva per una commedia dai toni agrodolci fotografata dal compianto Marco Onorato. Protagonista di un cameo musicale è Vinicio Capossela con il brano Parla Piano, nel ruolo di un curioso invitato al matrimonio di Liuba in una suggestiva e innevata dacia della campagna moscovita. Sulla sua musica, il ballo di Silvestro e Camilla è il momento più intenso del film: si abbracciano e si dicono tutto senza parlare. 

Tra realismo e levità

Valerio Mieli, autore e regista di Dieci Inverni, quando uscì il film disse: “questa è la storia di due ragazzi che non riuscendo ad amarsi subito devono imparare a farlo, destreggiandosi tra le difficoltà del diventare adulti. Per raccontare questa storia d’amore volevo una forma di romanticismo che fosse vera e fiabesca insieme. Per questo ho scelto di ambientare il film in una città poetica come Venezia, ma mostrandone il volto più quotidiano dei mercati, dei bàcari e dei vaporetti. In tutte le fasi della lavorazione, dalla scrittura al lavoro con gli attori, fino a quello sulla musica, la mia preoccupazione principale è stata di mantenere quest’equilibrio tra realismo e levità”.

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Un film fatto con il cuore

Quando ho avuto il piacere di intervistare Isabella Ragonese (QUI l’intervista), non ho potuto fare a meno di dirle che Dieci Inverni era il film che preferivo tra tutti quelli che ha interpretato. Ha sorriso, visibilmente emozionata, e il suo ricordo lo riporto testualmente così: “è stata un’esperienza meravigliosa, anche perché io e Michele Riondino ai tempi non avevamo fatto moltissimo in precedenza. Non era un film furbo, è stata una sfida per entrambi perché non eravamo facce note. È stato un film fatto d’istinto, con il cuore. Era la storia che voleva raccontare il regista, la sua storia. È il cinema che piace a me, ovvero quando la storia di una persona diventa universale. Tutti noi, come i protagonisti, abbiamo provato quelle emozioni, verso una persona speciale che, per le più varie circostanze della vita, ci è sempre sfuggita. Io non sono molto amante dei film romantici, ma Dieci Inverni parla davvero a tutti“.

“Un gioiello che ci ha cambiato”

Non potevo certo farmi scappare l’occasione di chiedere qualcosa anche all’altro protagonista, Michele Riondino, che ho recentemente intervistato (QUI l’intervista). Sul finire della nostra chiacchierata gli ho chiesto un ricordo e lui ha risposto così: “È stata un’esperienza importantissima. Ho un ricordo molto bello, per me, per Isabella Ragonese, per Valerio Mieli che era al suo primo film. Io e Isabella avevamo fatto tanti laboratori teatrali insieme e quel film è stata la nostra occasione di lavorare insieme. È stata la prima volta, non l’ultima, perché adesso ci siamo ritrovati in un nuovo progetto. Tornando al film di Mieli ricordo che giravamo a Venezia e a Mosca, con un freddo cane, tantissime ore, tanta fatica. Per questo noi sul set lo chiamavamo Dieci Inferni: c’era un po’ di scetticismo e di paura, perché non sapevamo bene che film sarebbe venuto fuori. Invece è venuto fuori un gioiello che ha cambiato tutti noi“.

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Una Storia D’Amore Universale

In questi anni, o meglio, in questi dieci inverni, l’opera prima di Valerio Mieli è diventata un cult (lo è sicuramente per me, come avrete capito!). Una pellicola che, come le cose migliori della vita, è maturata nel tempo, acquisendo sempre più valore sentimentale. Una Storia D’Amore Universale, da continuare a guardare con immutata emozione. Anzi, la potenza di questo film aumenta, soprattutto se pensiamo che è ambientato in un’epoca – 1999-2009 – in cui i social non dominavano le esistenze dei ragazzi e degli studenti universitari. C’erano le prime email, ma pochissimi sms. C’era tanto, tantissimo amore. Vero, autentico, palpabile. Bollente, soprattutto d’inverno.

Giacomo Aricò

 

“Un giorno incontriamo la persona giusta. Restiamo indifferenti, perché non l’abbiamo riconosciuta. Passeggiamo con la persona giusta per le strade di periferia, prendiamo a poco a poco l’abitudine di passeggiare insieme ogni giorno. Di tanto in tanto, distratti, ci chiediamo se non stiamo forse passeggiando con la persona giusta: ma crediamo piuttosto di no. Siamo troppo tranquilli, la terra e il cielo non sono mutati; i minuti e le ore fluiscono quietamente, senza rintocchi profondi nel nostro cuore. Noi ci siamo sbagliati già tante volte: ci siamo trovati in presenza della persona giusta, e non la era. (…) Per settimane e mesi, passiamo i giorni con la persona giusta, senza sapere: solo a volte, quando rimasti soli ripensiamo a questa persona, la curva delle sue labbra, certi suoi gesti inflessioni della voce, nel ripensarli, ci danno piccolo sussurro al cuore: ma non teniamo conto d’un così piccolo, sordo sussulto. La cosa strana, con questa persona, è che ci sentiamo sempre così bene e in pace, con un largo respiro, con la fronte che era stata così aggrottata, torva per tanti anni, d’un tratto distesa; e non siamo mai stanchi di parlare e ascoltare. Ci rendiamo conto che mai abbiamo avuto un rapporto simile a questo con nessun essere umano; tutti gli esseri umani ci apparivano dopo un po’ così inoffensivi, così semplici e piccoli; questa persona, mentre cammina accanto a noi col suo passo diverso dal nostro, col suo severo profilo, possiede una infinita facoltà di farci tutto il bene e tutto il male. Eppure noi siamo infinitamente tranquilli”.

Natalia Ginzburg dal racconto I Rapporti Umani

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