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Il declino del circo nel Mister Universo di Tizza Covi e Rainer Frimmel

Tizza Covi e Rainer Frimmel tornano a parlare del mondo del circo con Mister Universo, un altro riuscito esempio di contaminazione tra documentario e finzione tanto caro al duo di cineasti. Il film – al cinema dal 9 marzo – è stato proposto in concorso al recente Trieste Film Festival, dopo aver già fato parlare molto di sé: al 69° Festival del Film di Locarno.

Tairo Caroli, apparso nel 2009, da tredicenne, in Non è Ancora Domani – La Pivellina, ora, ventenne, è diventato un domatore di leoni, come suo padre. Il piccolo circo in cui lavora (da quando era bambino) attraversa una crisi profonda: roulotte cadenti, pochi spettatori, artisti spesso malconci, animali vecchi e stanchi. Anche il giovane Tairo è in un bruto momento: uno dei suoi leoni è morto, la leonessa è ormai anziana, le tigri svogliate; come se non bastasse, perde l’oggetto cui teneva di più, il suo portafortuna: una sbarra di ferro piegata a mani nude davanti a lui, allora bambino, da un uomo con una forza straordinaria, arrivato nei circhi italiani dall’America.

Quell’uomo si chiama Arthur Robin, Mr. Universo nel 1957 e primo uomo di colore a vincere tale titolo. Tairo inizierà a cercarlo in giro per l’Italia, spinto anche dalla superstizione dell’amica contorsionista Wendy, che dopo una seduta con la sua cartomante di fiducia si convince che l’amuleto vada ritrovato o sostituito al più presto; un viaggio che lo porterà a ritrovare amici e parenti, come la madre e il fratello che non vede da quattro anni. Quando finalmente raggiungerà Arthur Robin, troverà un uomo che dopo anni di palcoscenico e fatica si gode in pace l’amore della moglie, indebolito dal tempo ma non nello spirito. Un uomo che non può più compiere lo sforzo di piegare il ferro ma con tanto da insegnare. Sarà Wendy, che, mettendosi sulle tracce del figlio di Arthur Robin, riuscirà a trovare una soluzione alternativa.

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Presentiamo ora un estratto dell’intervista rilasciata dai registi e autori del film, Rainer Frimmel e Tizza Covi.

Perché da tanti anni vi occupate dell’ambiente del circo?

C’è un cliché sul mondo del circo che parla di libertà e viaggio. Ma nei primi circhi dove siamo stati, abbiamo visto questi tendoni alle periferie delle cità, nel fango, con poco pubblico: tuto quello che ci immaginavamo, non era vero. Per questo ci interessa far vedere che la realtà è diversa.

Il titolo, Mister Universo, rappresenta Arthur, l’uomo celebrato in gioventù come il più forte del mondo per la potenza dei suoi muscoli. Non comprende anche la domanda di chi o cosa determini il nostro destino?

Tizza Covi: Arthur ha preso il destino nelle sue mani fin da giovane. Aveva un solo obietivo nella vita, diventare Mister Universo, e l’ha raggiunto lavorando sodo. Oggi Arthur è un uomo felice, ma è più facile pensare che il suo destino sia determinato da altre forze, come un talismano.

Rainer Frimmel: Ed è esattamente quello che crede Tairo; si è fissato sul fatto che Arthur gli piegherà un’altra sbarra di ferro, per fargli un nuovo amuleto, che sarà in grado di rimetterlo in sesto. È per questo che si mete in cerca di Arthur, senza sapere se lo troverà o cosa succederà dopo. È stato bello vedere come l’incontro con “Mister Universo” sia stato davvero significativo per Tairo. Non perché Arthur gli abbia insegnato a piegare il ferro a mani nude o come aumentare la sua forza, ma perché è successo qualcosa a livello mentale. E Arthur a sua volta ha beneficiato di questo incontro. È una persona di gran dignità che vive seguendo riti molto rigidi; tuto deve sempre seguire un ordine preciso. E improvvisamente Tairo spunta nella sua vita e gli mette il mondo sottosopra.

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Le vostre sono sempre storie il più vicino possibile alla vita reale. La professione itinerante della gente del circo è per definizione connessa con movimento, transitorietà, instabilità. Avete già descritto quest’ambiente in quattro opere e le vostre storie sono anche centrate sulla transitorietà della vita, come se il punto di partenza avesse preso il sopravvento, trasformando il vostro lavoro in qualcosa di diverso.

Tizza Covi: Il nostro lavoro conserva molte cose che non esisteranno nella stessa forma in futuro. Non manca molto perché non ci siano più domatori di tigri e leoni e in linea di principio è una buona cosa. Sono professioni che stanno morendo. Professioni che si possono criticare duramente, ma che hanno molto a che fare con la natura umana, non solo per le persone che fanno quei lavori, ma anche per coloro che assistono da spettatori. È molto importante per noi conservare tuto ciò senza giudicare.

Nel film non è detto esplicitamente ma volevate rappresentare anche il declino del circo?

Il lavoro con animali feroci è destinato a finire tra poco, in molti paesi dell’Unione Europea è già vietato e lo sarà presto anche in Italia. Il circo simbolizza tute le cose che stanno svanendo, come i piccoli negozi, e anche il film analogico: non a caso giriamo in pellicola.

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A questo proposito, Mister Universo è dedicato a chi ha perso il lavoro a causa della digitalizzazione dei film. Come sono cambiate per voi le condizioni di produzione, giacché lavorate ancora su pellicola? Lo scimpanzé nel film rappresenta il testimone di un mondo cinematografico diverso?

Tizza Covi: La vecchia scimpanzé Lola, che ha lavorato con grandi registi come Fellini, è davvero testimone di un mondo cinematografico perduto che non esisterà più, in quella forma. Per fare un esempio pratico: io e Rainer, quando siamo a Roma, utilizziamo una sala dove decenni orsono furono creati grandi film italiani; qui, ci hanno mostrato la stanza dove erano riposte le macchine per tagliare i negativi. Ci sono almeno quaranta postazioni di lavoro, e ora sono tute vuote. È dura pensare a cosa si sia perso in termini di abilità e passione.

Rainer Frimmel: Numerosi stabilimenti di sviluppo e stampa in giro per il mondo hanno chiuso negli ultimi anni per la digitalizzazione del cinema. Non vuol solo dire che si sono persi posti di lavoro, ma anche che la conoscenza che si ottiene dall’esperienza è stata persa per sempre. Solo alcuni di questi laboratori analogici sopravvivranno: forse uno o due in Italia, forse uno in Germania; e copie d’archivio saranno ancora create su celluloide per lungo tempo. Ma i giorni del grande cinema in celluloide sono decisamente finiti.

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