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Il Segreto Della Miniera, la scoperta della verità di Mehmedalija Alić

Basato sulla storia vera del minatore Mehmedalija Alić, che disobbedì per scoprire uno scomodo e oscuro segreto delle storia slovena, giovedì 31 ottobre arriva al cinema Il Segreto Della Miniera, il film sloveno diretto da Hanna Slak. La pellicola è stata presentata con successo a numerosi festival, dove è stata insignita di prestigiosi riconoscimenti, tra cui Miglior Film e Premio del Pubblico all’Al Este International Film Festival di Buenos Aires e il Premio della giuria giovani al Trieste International Film Festival. Il film è stato inoltre selezionato dalla Slovenia come Miglior Film Straniero agli Oscar 2018.

Il film, la storia

Attraverso lo sguardo di un immigrato di origine bosniaca, Il Segreto Della Miniera è basato sulla vicenda vera del minatore Mehmedalija Alić – che perse tutti i parenti maschi nella strage di Sebrenica del 1995, alla quale sopravvisse perché era già emigrato in Slovenia – che scoprì i brutali segreti della recente storia slovena nelle viscere della miniera di Huda Jama. Il fatto risale al 2007, quando il minatore venne inviato all’interno di una miniera ormai sigillata per poi riferire il contenuto alle autorità competenti. Dopo 2 anni di lavoro in cui ruppe 11 barriere e rischiò la vita in condizioni estremamente pericolose, scoprì la tomba nascosta di 4000 profughi di guerra uccisi alla fine della seconda guerra mondiale dai vincitori. L’atroce scoperta sconvolse la società slovena, ma la maggioranza ancora rifiuta di accettare la verità su questo crimine. Nel 2016, tutte le vittime sono ancora senza sepoltura. Mehmedalija Alić, è stato emarginato per aver insistito affinché le vittime venissero estratte ed identificate e nel 2013 la sua autobiografia No One è stata pubblicata riscuotendo enorme successo. La regista Hanna Slak ha aiutato Alić nella stesura del libro e in seguito lo ha adattato in un film sulla ricerca della verità personale e collettiva e sulla lotta per la giustizia sociale.

Hanna Slak racconta

Mehmedaliha Alić è riuscito in un’impresa impossibile. Quando l’ho incontrato, ho visto un uomo che non aveva paura di guardare la verità dritta negli occhi e che si comportava con coerenza. Mi ha trasmesso immagini, emozioni, memorie, terrore, disperazione, speranza. Il suo racconto mi ha lasciato senza parole. Alla fine gli ho chiesto in quale Dio credesse. Ci ha pensato un po’ e poi ha detto che credeva in me. In quel momento ho preso un impegno, era come se mi avesse detto: questi sono i documenti, queste le foto, qui c’è tutta la verità, ora è il tuo turno. Non ero interessata alla discussione storica, alla ricostruzione del passato, alle opinioni di autorità ed esperti. Tutti questi aspetti sono stati fondamentali per la ricerca preliminare, ma il mio interesse primario risiedeva nella figura straordinaria del minatore: la ricerca di se stesso e della verità, il suo viaggio nell’oscurità e la liberazione finale, che era anche la mia“.

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La società con gli occhi chiusi, la verità che esce fuori

Echi, tremori, la riproduzione della galleria di Santa Barbara, un’immagine che si insinua nelle coscienze. La finzione incontra la sua sostanza. Questo non succede spesso nei film. In una società che osserva la sua storia con gli occhi chiusi, questo significa necessariamente camminare ai margini. Non c’è altro modo. La verità è sempre lì fuori. “Se avessi fatto un documentario su Mehmedalija Alić, avrei fatto un film poetico, intimista, lirico, e questo non sarebbe stato giusto. La finzione è molto più strutturata, logica e disciplinata. È oggettivamente precisa perché non cerca di esserlo. E inoltre, ha il potere di guarire. Raccontare storie significa creare e preservare il collettivo. La storia appartiene a chi la ascolta. Ci aiuta a comprendere l’incomprensibile, a superare il terrore, a trovare coraggio, cercare una soluzione, superare i nostri demoni e continuare ad andare avanti. Le storie ci fanno sopravvivere, ci permettono di esistere”, ha concluso la regista Hanna Slak.

Leon Lučev come Mehmedalija Alić

Tra Mehmedalija Alić, il vero minatore, e Leon Lučev, l’attore croato che lo interpreta, la somiglianza è impressionante. L’aspetto. L’andamento. L’energia. Entrambi emanano quell’emozione potente e indescrivibile che divora lo spazio attorno a loro. “Appena ho letto la sceneggiatura, ho capito che volevo farlo. Mi sono visto lì, ho visto tutti noi. Questa è la nostra storia. Venendo dalla Croazia, anche io porto dentro di me le dolorose memorie della guerra, quei tempi spaventosi. E penso che mostrare la verità alla gente sia essenziale. E la storia di Mehmedalija è proprio questo, la verità. Niente di più e niente di meno” racconta Lučev. Prima delle riprese, lui e Mehmedalija hanno visitato insieme la galleria di Santa Barbara, dove ci sono ancora i 4000 corpi delle vittime. “Si tratta di un viaggio nell’indicibile oscurità dell’animo umano – continua l’attore croato – Mehmedalija è un’ispirazione. La sua presenza mi ha ammutolito. Ascoltavo e osservavo. È il tipo di uomo che è temuto da ogni tipo di potere, perché non si arrende mai. Il suo coraggio lo rende inarrestabile. Dieci persone come lui potrebbero cambiare il mondo. Solo in nome della verità”.

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Tornare negli inferi

L’ultimo giorno di riprese, il minatore è andato a trovarli. Mehmedalija Alić è tornato su un territorio familiare. A differenza degli altri, ha camminato nelle profondità della miniera con la sicurezza dello scavatore in luoghi a lui familiari. È diventato velocemente amico della troupe del film e i sentimenti erano reciproci. “Spero che qualcosa cambi e che la gente capisca che quando si tratta di persone innocenti, non esistono le nostre vittime e le “vostre vittime” ha detto Mehmedalija Alić. Speriamo davvero.

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