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INTERVISTA – Stefano Skalkotos: “Arnoldo Mondadori fu un visionario: i libri saranno sempre lo specchio della nostra universalità”

Mercoledì 21 dicembre, alle 21.10, su Rai1 arriva in prima visione Arnoldo Mondadori – I Libri Per Cambiare Il Mondo, la docu-fiction diretta da Francesco Miccichè che racconta la storia di un visionario dell’editoria moderna – qui interpretato da Michele Placido – e della sua famiglia, a partire dai suoi figli Alberto (Flavio Parenti) e soprattutto Giorgio, che avrà il volto di un attore eclettico come Stefano Skalkotos che, due anni fa, nei panni del celebre presentatore televisivo Corrado Mantoni, aveva già preso parte ad un’altra docu-fiction targata Rai, Permette? Alberto Sordi di Luca Manfredi.

Diplomatosi nel 2004 alla Scuola Civica del Teatro Stabile del Veneto diretta da Alberto Terrani, Stefano Skalkotos è cresciuto guidato da maestri del calibro di Franca Nuti, Ugo Pagliai, Rossella Falk e Ugo Chiti. Sul grande schermo, a fianco di Neri Marcorè, ha debuttato nel 2015 con Leoni del regista e sceneggiatore Pietro Parolin, mentre dal 2016 al 2019 è stato impegnato a teatro con uno degli spettacoli di culto di Walter Manfrè più acclamati da pubblico e critica La Cena. Questo 2022 lo ha invece visto molto attivo su Netflix, prima nella commedia romantica internazionale Love In The Villa (girata a Verona e diretta da Mark Steven Johnson) e poi nel recentissimo Natale a Tutti i Costi di Giovanni Bognetti – affiancato da Angela Finocchiaro e Christian De Sica – disponibile sulla piattaforma dal 19 dicembre. Siamo stati molto contenti di poterlo intervistare.

Stasera su Rai1 arriva in prima serata Arnoldo Mondadori – I libri per cambiare il mondo, la docufiction sull’uomo che di fatto ha “inventato” l’editoria popolare. Tu interpreterai il figlio Giorgio. Mi potresti delineare un ritratto di entrambi? Com’erano Arnoldo e Giorgio? 

Arnoldo Mondadori oltre che un grandissimo editore, è stato un visionario. Il fatto di essere il padre dell’editoria popolare ha significato portare libri, storie e cultura nelle case degli italiani senza distinzione di ceto. Grazie a questa straordinaria visione tantissime persone hanno imparato a leggere e a scrivere. Hanno imparato il valore della curiosità e la curiosità ha una forza rivoluzionaria dirompente. Nel docufilm diretto da Francesco Miccichè, si racconta molto del rapporto spesse volte conflittuale che Arnoldo aveva con il primo genito Alberto (interpretato da Flavio Parenti), un intellettuale brillante e tormentato, che aveva linee editoriale diverse da quelle del padre. In questo contesto Giorgio Mondadori era certamente vicino alla “politica editoriale” paterna, ma allo stesso tempo io penso fosse un abile mediatore e sapiente ascoltatore. Il mio ruolo si determina molto in quelli che al cinema sono chiamati “piani d’ascolto”, e per me è stata un’opportunità molto bella di confrontarmi con un Maestro come Michele Placido e un grande attore come Flavio.

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Come fu il loro rapporto padre-figlio?

Credo che Arnoldo fosse da una parte affascinato dal carattere brillante e allo stesso turbolento del primo figlio, tanto da volerlo inizialmente come erede. Alla fine però fu Giorgio a prendere le redini del gruppo e probabilmente questo è dipeso dal suo carattere più pacato, rassicurante e dalla sua capacità diplomatica. Immagino che oltre all’affetto paterno, ci fosse una bella stima.

In quest’era digitale, i libri possono ancora cambiare il mondo?

Assolutamente sì. I libri sono per loro natura inesauribili. Sono lo specchio della nostra universalità. Leonardo Sciascia ha detto: “Il libro è una cosa: lo si può mettere su un tavolo e guardarlo soltanto, ma se lo apri e leggi diventa un mondo”. Può fare tutto questo il digitale? Leggere significa concedersi un dono, cosa che oggi abbiamo iniziato a sottovalutare un po’, ovvero prendersi del buon tempo per se’. Con questo non voglio dire che il tempo passato sul digitale sia sempre tempo sprecato, io ad esempio trovo sia un buon modo per informarsi rapidamente, ma resta comunque un’informazione che poi andrebbe approfondita sulla carta e quindi sui libri.

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Su Netflix dallo scorso 19 dicembre sei invece nel cast di Natale a Tutti i Costi (a mio parere questo è un ottimo remake italiano). Il tuo personaggio è un direttore di banca. Pensando alla trama del film, noti che nella nostra società – sempre più abbacinata dal potere dei soldi – le relazioni (in questo film, addirittura tra genitori e figli) siano sempre più mosse dalla mera logica del guadagno personale? E con riferimento alle nuove generazioni rappresentate dai figli: non sono forse i “valori” ad avere più “valore” dei soldi?

Bazzicando i social, ogni tanto incappo in qualche video (oggi sarebbe più corretto dire reel) in cui vedo gran sfoggio di beni materiali e allo stesso tempo di consigli su come fare soldi rapidamente sul web. La cosa che mi colpisce, a livello antropologico, è che i protagonisti di questi reel – per altro seguitissimi – possono essere tanto i giovani, quanto gli adulti che potrebbero essere i loro genitori. Quindi mi viene da pensare che buona parte della popolazione sia portata a passarsi questo testimone a livello di “valori”. Sarebbe simpatico chiamarli “I portavalori” … come il furgone, però. Perdona la digressione, mi piacciono i giochi di parole. Ad ogni modo so – in cuor mio – che non siamo tutti così, ci sono genitori che instillano nei figli il germe della curiosità e dell’osservazione, due motori fondamentali per farsi strada nella vita. Rispetto al film, sono d’accordo con te è un remake riuscito e la mia soddisfazione nell’interpretare un odioso direttore di banca è stata enorme, dato il mio “amore” per gli istituti di credito.

Sempre su Netflix ti abbiamo già visto in Love in The Villa. Come attore cosa provi sul set sapendo che quel film o quella serie è destinata all’on-demand? Secondo te esiste una differenza di audience tra il piccolo schermo della tv e il piccolo schermo delle smart tv? Come sta cambiando il pubblico (ormai sempre più lontano dalle sale)?

Quando sono sul set non mi interrogo sulla destinazione del prodotto, sono più attento a divertirmi e a cercare di fare al meglio il mio lavoro. Certo è che un film che uscirà al cinema suscita un’emozione maggiore, rispetto all’uscita in piattaforma. L’on-demand favorisce la pigrizia del pubblico, che potrà vedersi comodamente il film sul divano dal suo smart tv, rinunciando al piacere della sala sia a livello visivo, sia a livello di azione collettiva. Questo dispiace un po’, il cinema è necessario come spazio vitale, un po’ come il teatro. Se per audience intendi il numero degli spettatori, credo che oggi sia superiore quello del piccolo schermo delle smart tv (che si suddivide a sua volta tra le varie piattaforme esistenti), rispetto alla tv tradizionale.

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Attore, regista e film: dimmi quali sono quelli che ti hanno ispirato di più.

I miei attori preferiti sono Al Pacino per il suo temperamento, Gian Maria Volontè per la versatilità e Jean Renò per la classe. Con Jean Renò ho avuto la fortuna di lavorare a maggio per un progetto internazionale ed è stata un’esperienza indimenticabile. Federico Fellini è stato il regista della fantasia, del sogno e della magia, i suoi film sono dei grandi giochi e credo che 8 1/2 sia il suo capolavoro.

Riprendo il sottotitolo del progetto di Mondadori e lo converto nel cinema: i film possono ancora cambiare il mondo?

Sì, purché siano governati dalla poesia e dalla libertà espressiva.

Intervista di Giacomo Aricò

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