I Figli del Fiume Giallo 0

Jia Zhangke e I Figli Del Fiume Giallo che sfidano l’ordine costituito

Presentato in Concorso all’ultimo Festival di Cannes, e passato poi al Torino Film Festival, giovedì 9 maggio arriva al cinema I Figli Del Fiume Giallo (Ash is Purest White) è il nuovo film di Jia Zhangke, già acclamato autore di Al di là delle Montagne e del Leone D’Oro Still Life.

Il film

Il film racconta la storia di Qiao (interpretata da Zaho Tao), una ballerina innamorata di un gangster, Bin (Liao Fan), che, trovandosi coinvolta in un combattimento tra bande locali, per difenderlo spara un colpo di pistola. Per questo finirà cinque anni in carcere. Dopo il suo rilascio Qiao cercherà Bin per riprendere la sua vita con lui ma non tutto è rimasto come prima.

Jia Zhangke racconta…

La parola cinese “Ernü” (“figli e figlie”) connota uomini e donne che osano amare e odiare. L’altra parola che compone i titolo, “Jianghu” (che significa letteralmente “fiumi e laghi”, benché sia difficile coglierne il vero significato in italiano), evoca un universo di emozioni drammatiche e, naturalmente, di pericoli reali. Associando queste due parole che compongono il titolo, appare un mondo di individui che osano sfidare l’ordine costituito e che vivono secondo i principi morali della bontà e dell’ostilità, dell’amore e dell’odio. Il titolo cinese dice quasi tutto. La coppia del film vive ai margini della società. Sopravvive sfidando l’ordine sociale convenzionale. Non ho cercato di difenderli, ma piuttosto di immedesimarmi nelle loro disgrazie“.

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Il film si apre in Cina all’inizio del XXI secolo e si chiude nel 2018. Ho sempre amato le storie che si sviluppano su un ampio arco temporale: il tempo detiene i segreti della vita, le storie e le esperienze. Il jianghu appartiene a coloro che non hanno una dimora. Nella prima parte del film, il jianghu è il teatro dei conflitti tra le diverse bande criminali nella provincia dello Shanxi. È anche il luogo in cui la vecchia generazione percepisce un senso di crisi nella nuova generazione. È una storia simile a quella di un western, ambientata in un panorama desolato, in un clima freddo, in prossimità di vecchie miniere di carbone“.

La seconda parte del film si svolge nella zona delle Tre Gole, in riva al fiume Yangtze, dove la costruzione di una diga rischia di far scomparire intere città. La protagonista, Qiao, vittima di un inganno, inganna gli altri a sua volta: utilizza le tecniche di sopravvivenza apprese in prigione per negoziare il suo posto ai margini di questa società. L’ultima parte ci riporta nello Shanxi, dove il protagonista maschile Bin parte per un nuovo viaggio proprio perché sente la mancanza e ha bisogno del jianghu – i luoghi che ridaranno vita al suo dramma interiore. Ed è proprio lì che Qiao ha scelto di sistemarsi, alla ricerca di qualcosa che la stimoli“.

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C’è un luogo nel film che Qiao non riuscirà mai a raggiungere: lo Xinjiang, nel profondo nord-ovest della Cina. Forse ciascuno di noi possiede un luogo così, un posto dove non riuscirà mai ad arrivare, non per via della distanza geografica, ma perché è troppo difficile ricominciare una nuova vita. Non siamo in grado di separarci dai nostri legami emotivi, dai nostri amori, dai nostri ricordi e dalle nostre abitudini che ci impediscono di volare alto. Questi legami sono come la forza di gravità che ci inchioda sulla terra e ci preclude la possibilità di andare nello spazio. Una forza di gravità emotiva che ci mantiene saldamente legati ai nostri rapporti sociali e ci impedisce di andarcene liberamente. E quando lottiamo per liberarci, il risultato si riflette nella nostra dignità di esseri umani“.

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