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La Donna Elettrica, dalla Guerra alla Maternità

In questi tempi, a dir poco pessimi, perchè non vedere un ottimo film forse sfuggito a tanti e attualmente in programmazione su Sky? Si tratta de La Donna Elettrica (Woman At War) pellicola islandese firmata da Benedikt Erlingsson e interpretata magistralmente da Halldóra Geirharðsdóttir. Il film è del 2018, è stato presentato al Festival del Cinema di Cannes (dove ha vinto il Premio Lux del Parlamento Europeo) ed è stato candidato agli Oscar 2019 come miglior film straniero per l’Islanda.

E proprio in questa terra selvaggia di spettacolare ed emozionante bellezza, vive la protagonista Halla (Halldóra Geirharðsdóttir) una donna guerriera, audace, di grande integrità morale che si batte, mettendo a repentaglio la propria vita, per i DIRITTI DELLA NATURA che valgono quanto o più dei DIRITTI DELL’UOMO. Lei stessa nella sua fisicità prorompente ed estrema, è una forza della della natura che si fonde con incontaminati paesaggi fatti di distese spaccate tra terra e cielo, di vulcani fiammeggianti, di acque ghiacciate, di caverne scavate nella roccia, di muschio morbido come un manto avvolgente. Halla si batte, armata di arco e frecce, contro l’industria siderurgica islandese che sta distruggendo la sua terra. Vive in una piccola città, ha cinquant’anni, nella vita di tutti i giorni, è insegnante di canto, ha una sorella gemella (interpretata dalla stessa Geirharðsdóttir) che invece è insegnante di yoga, alla ricerca della luce interiore. Sono le due parti del SE’ della protagonista, quella attiva e quella meditativa che raggiungeranno una integrazione nel finale del film.

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Entrambe vivono sole e hanno fatto richiesta di adozione già da alcuni anni. Quella di Halla viene inaspettatamente accettata mentre sta programmando la sua ultima missione, la più pericolosa. Ha intenzione di abbattere i tralicci dell’elettricità che alimenta una fabbrica di alluminio. Potrebbe interrompere l’ecoterrorismo ed andare in Ucraina dove l’attende una bambina orfana di quattro anni bisognosa d’amore. Halla però cercherà di portare avanti entrambi i progetti. L’ultima missione contro le multinazionali che devastano il suo paese avrà successo, ma la sua fuga la porterà ad un’autentica compenetrazione con la natura selvaggia che lei vuole proteggere come la bambina abbandonata che l’aspetta in un paese distrutto dalla guerra.

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Per sfuggire alla polizia che l’insegue e ai droni che cercano di avvistarla, si nasconderà sotto il muschio, si immergerà in acque ghiacciate e si nasconderà in una caverna che evoca la grotta di Polifemo nell’Odissea omerica. La multinazionale è un colosso cieco come il ciclope e lei, sola contro tutti, riuscirà a sfuggire coperta e camuffata da una pelle di pecora quasi come fece Ulisse con i suoi compagni. Sfuggita alla polizia con l’aiuto della sorella, raggiungerà la bambina che la renderà madre. Nel viaggio di ritorno la corriera sulla quale viaggiano si fermerà per un’alluvione anch’essa conseguenza dell’inquinamento ambientale e del surriscaldamento globale. Holla prenderà in braccio la bambina e, non più sola, ma con gli altri passeggeri, camminerà immersa nell’acqua che simbolicamente ci riporta al parto e alla maternità finalmente realizzata. Madre Natura e Halla, diventata madre, vivono un’armonia che accende la luce interiore.

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Insieme a loro, l’originalissima colonna sonora del film, composta da un gruppo di suonatori islandesi e da un trio canoro di ragazze ucraine, presenti in scena, sin dall’inizio della storia. Questi, richiamando il coro delle tragedie greche, interagiscono con l’azione e con la protagonista con una resa rappresentativa di notevole intensità.

Se in ogni donna e in ogni madre c’è solo una parte di Holla, è ora di tirare fuori l’arco e le frecce per salvare i nostri figli e il pianeta che ci è stato donato.

Claudia Sacchi

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