La Macchina Delle Immagini di Alfredo C

La Macchina Delle Immagini di Alfredo C., propaganda e memoria nel film di Roland Sejko

La Macchina Delle Immagini di Alfredo C

Dopo essere stato presentato in anteprima mondiale alla 78. Mostra del Cinema di Venezia (in Concorso a Orizzonti Extra), lunedì 7 marzo  esce nelle sale La Macchina Delle Immagini di Alfredo C., il film di Roland Sejko interpretato da Pietro De Silva. A partire da un clamoroso e misconosciuto evento storico, che vide coinvolti migliaia di italiani al termine della seconda guerra mondiale, e dal singolare destino di un tecnico del cinema, una riflessione sul potere onnipresente della propaganda, un poema visivo sulla memoria, e sulla responsabilità personale e collettiva di chi crea immagini, e di chi le vede.

Il film

Aprile 1939. L’Italia fascista occupa l’Albania. Migliaia di italiani, operai, coloni e tecnici, vengono trasferiti nel paese. Novembre 1944, l’Albania è liberata. Il nuovo regime comunista chiude i confini e pone all’Italia decine di condizioni per il rimpatrio dei suoi concittadini. Nel 1945 in Albania si trovano trattenuti ancora 27.000 italiani tra reduci e civili. Tra di loro c’è anche un operatore cinematografico. Alfredo C., operatore della propaganda fascista, ha girato per cinque anni l’Albania con la sua cinepresa. Prima, per quasi un ventennio, ha immortalato la capillare macchina del regime. Ora, da un giorno all’altro, deve fare lo stesso, ma per un regime comunista. Chiuso nel suo magazzino, circondato da migliaia di pellicole, Alfredo C. rivede su una vecchia moviola quello che ha girato. La sua storia. E’ il suo film quello che vediamo. E forse, non solo il suo. 

La Macchina Delle Immagini di Alfredo C 1

Roland Sejko racconta…

La storia degli italiani trattenuti in Albania dal regime comunista è quasi dimenticata, coperta dalla valanga di eventi che ha travolto centinaia di migliaia di italiani in altri paesi. La chiave per raccontare è arrivata, come spesso succede, per caso. Quando tra i documenti dell’Archivio Centrale d’Albania, in una richiesta di rimpatrio ho notato un nome che conoscevo: quello dell’operatore dell’Istituto Nazionale Luce in Albania, ora, in quelle carte, dipendente del Minculpop comunista. La sua storia, intrecciata giocoforza con le immagini e le storie di altri, dava l’occasione per elaborare alcuni temi: l’onnipresenza e le tecniche della propaganda, l’incombenza degli eventi storici sui destini personali, la responsabilità della folla e quella dei singoli. E una riflessione sulla responsabilità – di oggi, come di ieri – di chi produce immagini, e di chi le vede“.

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