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L’Universo in un caffé: Due o Tre Cose Che So Di Lei di Jean-Luc Godard

A 50 anni dall’uscita, oggi Venezia rende omaggio a Jean-Luc Godard con la proiezione speciale – nella sezione Venezia Classici – di Due o Tre Cose Che So di Lei, il film che il maestro francese girò nel 1967 dirigendo una splendida Marina Vlady. Una pellicola nella quale, per il critico Jonathan Rosenbaum, “Godard trovò l’universo in un granello di sabbia o, per la precisione, in una tazza di caffè e un cubetto di zucchero“. Ora vi spieghiamo il perchè.

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Per certi versi, Due o Tre Cose Che So di Lei è il punto culminante, in formato panoramico e a colori, della “ricerca” di Godard prima del 1968, e l’importanza personale che il film ebbe per l’autore si può percepire nel modo in cui lo racconta come in un urgente sussurro. Nel seguire un giorno della vita di Juliette (Marina Vlady), una casalinga di periferia che per comprarsi i vestiti fa la prostituta part-time, la segue in un caffè di Parigi dove la donna beve una Coca Cola. Godard a questo punto stacca su altre persone e altri oggetti nelle immediate vicinanze proponendo un monologo poetico sulle sue personali difficoltà nel fare i conti con il mondo moderno.

A circa metà del discorso, l’obiettivo si fissa sul dettaglio di una tazza di caffè. Fra una pausa e uno stacco, Godard considera il liquido nero e i suoi gorghi come se fosse il sistema solare, e va sul metafisico: “Poiché non posso sottrarmi all’obiettività che mi schiaccia e alla soggettività che mi esilia, bisogna che ascolti, bisogna che guardi attentamente intorno a me. Il mondo – il mio simile, mio fratello“.

Una serie di stacchi ci portano sempre più vicini al caffè, nel quale cade e si scioglie un cubetto di zucchero:

“Guardo il mondo di oggi in cui le rivoluzioni sono impossibili, su cui grava la minaccia di guerre sanguinose, dove il capitalismo perde la certezza dei suoi diritti e la classe operaia rinuncia a lottare per i propri, dove le conquiste folgoranti della scienza danno un volto opprimente ai secoli venturi, dove l’avvenire è più presente del presente, e le lontane galassie sono alla portata della mia mano…guardo il mio simile, mio fratello”.

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