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Michel Gondry ci porta nel pazzo viaggio di Microbo e Gasolina

Il visionario Michel Gondry torna al cinema giovedì 5 maggio con Microbo e Gasolina, il nuovo film da lui scritto e diretto che viaggia nei suoi ricordi di quando era un giovane ragazzo incompreso. Ed è di un viaggio che parla questa pellicola con protagonisti i giovani Ange Dargent e Théophile Baquet. Nel cast anche l’amica di sempre, Audrey Tautou.

Microbo (Ange Dargent) è un ragazzino timido, che si perde spesso nei suoi disegni. Gasolina (Théophile Baquet) è un ragazzo brillante e pieno di inventiva, che arriva a scuola a metà dell’anno scolastico. I due diventano subito grandi amici. Si avvicinano le vacanze estive e nessuno dei due ha voglia di passarle con la propria famiglia. Con il motore di un tosaerba e qualche asse di legno, si costruiscono la loro “automobile” e partono all’avventura sulle strade della Francia.

Ora lasciamo spazio ad un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Michel Gondry.

Come nasce Microbo e Gasolina?

Terminato Mood Indigo, non stavo bene, sentivo addosso una grande pressione. Dovevo iniziare a lavorare su Ubik, un altro adattamento di un romanzo di culto considerato impossibile da adattare. È stata Audrey Tautou che mi ha consigliato di fare un film più personale, più raccolto. Ho iniziato a mettere insieme alcuni ricordi, in particolare quelli di questa amicizia. La mia era una famiglia hippy, abitavamo a Versailles, i miei genitori erano molto protettivi e per nulla borghesi. A scuola ero sempre l’amico dei più emarginati. Il Liceo Hoche di Versailles era molto severo e non c’era nessuno come me allora. I ragazzi più simili a me erano quelli rifiutati da tutti, con genitori strani. Mi sono ricordato in particolare di un ragazzo che passava il tempo ad assemblare cose, il cui padre faceva l’antiquario. Ho messo insieme altri ricordi ed è venuta fuori questa storia di amicizia.

Microbo e Gasolina

Microbo e Gasolina

Tu sei Microbo e il tuo amico è Gasolina?

La relazione tra i ragazzi è abbastanza fedele alla realtà della mia adolescenza. Gasolina è la combinazione di due o tre amici, tra cui quello che ho menzionato prima, che non ho mai più rivisto. Ma avevo anche un cugino che costruiva cose, faceva modellini, e insieme abbiamo anche costruito una macchina di cartone. Ero bravo a disegnare e a tirar fuori idee. Anche io facevo qualche costruzione ma i miei bulloni non erano mai abbastanza stretti! Ed è vero che le persone mi prendevano spesso per una ragazza. Forse ero un po’ più giovane di Microbo, ma mi ricordo del panettiere che un giorno disse a mia madre: “Sua figlia ha degli splendidi capelli!” Capitava spesso. Una volta, a lezione d’inglese, verso l’inizio dell’anno, dovevo spostare il mio banco e l’insegnante mi disse: “Chiedi a qualcuno del sesso forte di aiutarti”. Prendevo lezioni di recupero e, dopo una settimana, l’insegnante pensava ancora che fossi una ragazza. Mi vergognavo così tanto che non osavo dirglielo.

Hai davvero costruito un’automobile con i tuoi amici?

Ho mescolato i ricordi. Un altro amico ed io avevamo comprato un go-kart usato e ci andavamo la domenica nei parcheggi dei supermercati. Ci divertivamo un sacco, ci cronometravamo e qualche volta sfioravamo i 70km/h! Con l’amico che ha più di tutti ispirato il personaggio di Gasolina, avevamo in progetto di costruire un’automobile, ma non si è mai concretizzato. Per questo il loro viaggio appartiene più alla mia fantasia. Ho pensato che farne un film fosse un modo per tramutare in realtà un sogno dell’infanzia.

Ange Dargent

Ange Dargent

La famiglia di Microbo assomiglia alla tua?

Assolutamente. Personaggio per personaggio. Ho due fratelli, uno più grande e uno più piccolo. Il maggiore suonava rock hard-core e punk. Nel mio corto La Lettre, lo avevo già dipinto come il cattivo e non volevo peggiorare le cose! Mio fratello minore era tanto sportivo quanto sensibile. Mi ricordo che una volta pianse per ore perché non aveva restituito il resto di una spesa ai nostri genitori, una moneta da 10 centesimi, ed era distrutto dal senso di colpa. C’erano dei problemi in famiglia, mio padre non era molto fedele e mia madre soffriva di depressione. Eravamo molto liberi ma poco strutturati, poco solidi, e questo era faticoso. Volevo in particolare mostrare questo contrasto con i genitori di Gasolina, che mettevano molti più paletti ai loro figli. La mia famiglia era più simpatica, ma più fragile. In qualche modo è caduta a pezzi.

Il personaggio di Audrey Tautou assomiglia a tua madre?

Audrey ha dovuto invecchiarsi sul set, ma un po’ le assomiglia. Ad eccezione del fatto che mia madre si vestiva con larghi abiti a fiori, dopotutto erano gli anni 70. Non credo che quel tipo di guardaroba avrebbe funzionato sullo schermo e sebbene il film nasca in parte dai miei ricordi, non volevo che fosse ambientato nel passato. Audrey suona al piano una delle composizioni di mia madre. Era una donna malinconica ma aveva anche una certa determinazione: mi portò a visitare una sorta di setta, che lei chiamava “fratellanza”. Credeva nella reincarnazione, ed è allora che divenni vegetariano. Mi confortava riguardo alla morte ma un giorno mi disse: “Non ti reincarnerai, perché tu sei un angelo ed hai una sola vita”. Non si rendeva conto dell’effetto che avrebbe avuto su di me. Aveva anche bisogno di un contatto fisico che io ero riluttante a concedere. Non volevo quel tipo di amore. Era lei che ne sentiva la mancanza e non mi piaceva. Ecco perché nel film, ogni volta che sua madre gli si avvicina, Microbo indietreggia.

Théophile Baquet

Théophile Baquet

Microbo soffre all’idea di essere diverso dagli altri ma allo stesso tempo non vuole essere come loro. È una contraddizione che hai vissuto anche tu?

Sì. Volevo avere i capelli lunghi perché tutti gli studenti del Liceo Hoche, molti dei quali provenivano da famiglie di militari, tenevano i capelli molto corti. Non volevo essere come loro. Un giorno dovevamo tagliarci tutti i capelli molto corti perché avevamo i pidocchi. Osservavo gli altri ragazzi a scuola per immaginare che aspetto avrei avuto con i capelli corti, e questo mi spaventava. Penso che segretamente avessi paura che anche con i capelli corti mi avrebbero preso per una ragazza e che con avrei più avuto scuse.

I film con i liceali sono diventati un genere a sé. Ci sono altri film che ti hanno influenzato in particolare?

Ho guardato Gazzosa alla Menta per cercare degli stimoli, fa parte del genere ed è un film molto ben fatto. Il Making Of nel DVD è ottimo, con un’intervista a Diane Kurys. Ho capito che il suo obiettivo era mettere in primo piano le emozioni dei ragazzi, rinunciando a ogni presupposto estetizzante. Come dicevo, non volevo ambientare il film nel passato, perché altrimenti saremmo sempre stati vincolati alla cornice, senza flessibilità, perché non si può riempire all’improvviso una strada di automobili degli anni 70. Ho immaginato che Microbo e Gasolina sarebbero stati ostili alla tecnologia e alla moda. Allora eravamo antimoderni. Ero anti-commerciale, non sono mai andato a vedere La Febbre del Sabato Sera o Guerre Stellari, e ascoltavo musica che non era alla moda. L’ho trasposto nel loro atteggiamento nei confronti dell’iPhone.

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I ragazzi parlano un linguaggio sobrio, quasi adulto…

Sono stato fortunato: appena i personaggi hanno iniziato a parlare nella mia testa, lo hanno fatto in piena autonomia. L’amico che mi ha ispirato era sicuro di sé come Gasolina? Non lo so. Quello che so è che ascoltavo molto. Mi rendeva molto nervoso essere scambiato per una ragazza quindi assorbivo qualunque cosa potesse aiutarmi ad essere più mascolino. Gasolina ha un aspetto più adulto, dovuto al suo isolamento all’interno della famiglia. Avevo un altro amico che non faceva altro che guardare la Tv tutto il giorno. Il risultato era che aveva un’incredibile quantità di nozioni su ogni genere di cosa. È lui quello che mi ha invitato a dormire da lui ed ha passato la notte su una poltrona senza chiudere occhio.

Come hai scritto i dialoghi finali?

Una cosa è certa, non sono i tipici adolescenti e non parlano come loro. Molte volte Gasolina rimprovera Microbo, dicendogli che non deve parlare in slang o dare il cinque perché è “volgare”. Parlano in un modo un po’ fuori dall’ordinario, un po’ datato. Non voglio dire che siamo sullo stesso pianto, ma è un po’ come nei film di Rohmer, dove le persone dicono cose reali con sentimenti reali ma con un linguaggio molto scritto e poco realistico. Qualche volta i ragazzi mi dicevano che certe battute non venivano, così ne parlavamo e io dicevo loro: “Il tuo personaggio non è esattamente come sei tu nella vita reale”.

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Durante il loro viaggio sembra che la loro amicizia diventa reale…

Hanno il tempo di parlare perché la loro auto non va molto veloce. Il viaggio in sé nasce da una serie di sogni che ho avuto e che ho usato quasi esattamente nell’ordine in cui sono arrivati: il dentista, la parrucchiera, i giocatori di football, l’aeroplano che vola a bassa quota o all’indietro… Ci sono quattro o cinque sogni messi in fila, su uno sfondo relativamente realistico. Sono molto infantili, forse perché sono avvenuti mentre scrivevo la prima parte del film, immerso nella mia infanzia. Ho problemi a dormire e sogno molto. Per esempio, sogno tutte le settimane di essere tornato a vivere nella casa di quando ero piccolo. Roba pesante! È stato strano anche perché abbiamo girato nella casa dove vivevano i miei nonni a Versailles, accanto a quella dove vivevo io. Condividevamo lo stesso giardino, diviso da una siepe. Il buco nella parete della nostra casa, adesso occupata da altre persone, esiste ancora. Lo avevamo scavato per vedere quanto erano spessi i muri. Rivedendola adesso, la casa sembra molto piccola. In generale, se i miei sogni hanno un potenziale narrativo li trascrivo. Certo, delle volte mi sveglio di notte pensando di avere una storia fantastica, che alla luce del giorno non mi sembra poi così favolosa!

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