FOXCATCHER

Misteri e giochi di forza in Foxcatcher – Una Storia Americana di Bennett Miller

Già premiato all’ultimo Festival di Cannes per la Miglior Regia e candidato a 5 statuette agli ultimi Oscar, arriva giovedì 12 marzo al cinema Foxcatcher – Una Storia Americana l’ultimo film diretto da Bennett Miller. Una pellicola ispirata a fatti realmente accaduti che racconta la fosca e affascinante storia dell’improbabile e sostanzialmente tragico rapporto tra un eccentrico miliardario e due campioni di lotta libera.


Quando il lottatore medaglia d’oro alle Olimpiadi Mark Schultz (Channing Tatum) viene invitato dal facoltoso erede John du Pont (Steve Carell) a trasferirsi nella residenza di famiglia per aiutarlo a formare una squadra da allenare in vista dei giochi olimpici di Seul del 1988 nella sua nuova struttura sportiva all’avanguardia, Schultz coglie al volo l’opportunità, sperando di potersi concentrare sul suo allenamento e di riuscire finalmente ad uscire dall’ombra del suo venerato fratello, Dave (Mark Ruffalo).

Mosso da oscure esigenze, nel sostenere le ambizioni all’oro olimpico di Schultz e nella possibilità di “allenare” un gruppo di lottatori di fama mondiale, du Pont intravede l’opportunità di conquistare finalmente il rispetto dei suoi pari e, soprattutto, di sua madre (Vanessa Redgrave) che disdegna ogni sua scelta.

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Lusingato dalle attenzioni che du Pont gli riserva e incantato dall’opulenza del suo mondo, Mark inizia a considerare il suo benefattore come una figura paterna e a dipendere sempre di più dalla sua approvazione. Benché inizialmente si mostri comprensivo e lo incoraggi, du Pont cambia atteggiamento dando segni di instabilità mentale e spingendo Mark ad adottare uno stile di vita insano che rischia di compromettere il suo allenamento.

Ben presto, il comportamento imprevedibile del miliardario e il crudele gioco psicologico che mette in atto iniziano a erodere la già fragile autostima dell’atleta. Nel frattempo, du Pont si fissa sempre di più su Dave, che emana la sicurezza che manca sia a lui che a Mark, consapevole che si tratta di un dono che neanche la sua enorme fortuna potrà mai comprare. Spinti dalla crescente paranoia di du Pont e dal suo progressivo allontanamento dai due fratelli, i tre uomini precipitano verso una fine tragica che nessuno avrebbe potuto prevedere.

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Foxcatcher è una densa e commovente storia di amore fraterno, di lealtà mal riposta e della corruzione e del fallimento emotivo che spesso accompagnano il grande potere e la grande ricchezza. Come nei suoi precedenti lungometraggi Truman Capote – A Sangue Freddo e L’Arte di Vincere, il regista candidato all’Oscar Bennett Miller esplora temi sociali importanti attraverso complessi ritratti di personaggi realmente esistiti. I lungometraggi di Bennett Miller ruotano attorno a persone reali con una spiccata personalità che si trovano in circostanze insolite. “Trasformo un fatto reale in finzione per permettere di risalire alla verità”, dichiara infatti Miller.

Riguardo alla storia dell’eccentrico plurimiliardario John Eleuthère du Pont e dei due fratelli campioni di lotta libera, Mark e Dave Schultz, il regista ha detto: “Le circostanze mi sono sembrate comiche e assurde, ma le conseguenze erano terribili e reali. Le cose stranissime che sono avvenute in quella villa non assomigliavano a nulla che io avessi sperimentato in prima persona in vita mia, ma nonostante questo ho subito provato una sensazione di familiarità. C’era qualcosa in quella storia o forse sotto a quella storia che sentivo essere tutt’altro che stana. Anzi, l’esatto contrario”.

Mark e Dave Shultz

Mark e Dave Shultz

La storia del film è fortemente incentrata sui fratelli Shultz. Benché Dave fosse più grande di Mark solo di pochi mesi, i due non erano legati da un classico rapporto fraterno. I loro genitori si erano separati quando loro erano piccoli e Dave aveva assunto un ruolo paterno nei confronti di Mark, mentre venivano sballottati tra la casa del padre e quella della madre, dovendosi arrangiare per conto loro. Mark provava nei confronti del fratello un amore immenso, una grande riverenza e una dipendenza emotiva: aveva bisogno di lui per sentirsi appoggiato, come partner nella lotta e come allenatore, ma al tempo stesso era estremamente geloso del successo di Dave e il suo malessere interiore non fece che acuirsi con il passare degli anni.

Mark conservò sempre il ruolo del fratello piccolo che non riesce a sfondare e che non sa camminare con le proprie gambe né cavarsela da solo”, osserva Channing Tatum. “Doveva sempre fare affidamento su Dave e questo gli impediva di avere una vita propria, una carriera e la cosa che più desiderava al mondo, il rispetto della gente nei suoi confronti”. Questa sua confusa vulnerabilità, spinge Mark a rivolgere la sua rabbia repressa sia contro se stesso sia contro i suoi avversari nella lotta, fino al punto di prendersi letteralmente a pugni in faccia in certi momenti. Aggiunge Tatum: “Credo che nessuno avrebbe potuto punire Mark più di quanto potesse farlo lui stesso e penso che infliggendosi quelle punizioni si sia indurito e protetto dal mondo esterno”.

Channing Tatum e Mark Ruffalo

Channing Tatum e Mark Ruffalo

L’intricata dinamica tra i due fratelli viene illustrata chiaramente attraverso la scena in cui si allenano insieme nella lotta. All’inizio, sembra quasi una danza, con Dave che senza il minimo sforzo introduce Mark a una serie di mosse, correggendolo e istruendolo con delicatezza. “C’è una vera e propria tenerezza tra loro e una profonda comunicazione non verbale”, sostiene Mark Ruffalo. “È il massimo livello di intimità che due uomini possono raggiungere senza essere amanti”.

Gradualmente i sentimenti complessi che Mark prova nei confronti di Dave emergono prepotentemente e lo costringono a diventare più aggressivo e a fare male sul serio. Afferma Ruffalo: “Mark ha un fisico molto più possente, sa essere più violento e più forte, ma Dave mantiene un forte ascendente psicologico su di lui. Ciò nonostante, appare evidente che Mark è eccezionalmente dotato”. Aggiunge il regista: “Si denota che Dave è determinato e corretto e vuole bene al fratello, ma al tempo stesso si vede in modo chiaro anche la sua posizione: è il maschio alfa, il maschio dominante. Non un maschio alfa privo di attenzioni, di empatia o di amore, ma pur sempre un maschio alfa”.

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Il complesso rapporto che lega i due fratelli arriva al punto di ebollizione quando Mark si rende conto che Dave si appresta ad andare avanti con la sua vita, a costituire una sua famiglia e a perseguire la sua carriera. Osserva Ruffalo: “Esiste un legame estremamente profondo tra loro che qualcuno potrebbe definire di co-dipendenza, che diventa insano nel momento in cui si affacciano nel mondo. Quando Dave entra nella fase di passaggio e si prepara ad entrare nell’età adulta, Mark lo prende come un tradimento e in tutta franchezza è un tradimento. La situazione è insostenibile e Dave deve smarcarsi e vivere la sua vita, anche se sa che Mark nella sua di vita non ha altro che la lotta e il loro rapporto”.

È in questo momento in cui Mark si sente completamente a terra, che du Pont lo invita a Foxcatcher ad un incontro che gli cambierà la vita. Il miliardario lo inonda di quelle parole di encomio e attestazioni di stima e rispetto che Mark ha sempre desiderato sentirsi dire, malgrado du Pont le pronunci in modo freddo e singolare. “Penso che quel giorno Mark avesse molta trepidazione”, commenta Tatum. “Non si era mai fidato fino in fondo di qualcuno. Ma finalmente ascolta un uomo pronunciarsi nei confronti suoi e di Dave come lui ritiene che si meritino. Du Pont decreta che i due fratelli sono degli eroi, che lottano letteralmente per il loro paese, senza che alcuno li sostenga o si interessi a loro, come invece lui intende fare”.

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Quando dice a Mark che non sta avendo l’apprezzamento e il riconoscimento che si merita, è come se di fatto du Pont stesse parlando di se stesso. È oberato da un patrimonio famigliare pressoché impossibile da difendere e sostenere perché risale a molte generazioni. “Se da un lato le aspettative nei suoi confronti sono altissime, dall’altro non sembra esserci mai stata alcuna celebrazione per un qualche risultato”, afferma Steve Carell.

Stando a tutte le testimonianze – continua l’attore – la madre era una donna piuttosto fredda. Du Pont  le era legato, ma in realtà non ha mai ricevuto molto affetto da lei, che preferiva dispensarlo ai suoi preziosi cavalli. Penso che la lotta sia diventata molto importante per lui perché era una vocazione che si era scelto da solo. Non c’entrava nulla con la sua istruzione e la sua formazione. Sua madre non era una appassionata di lotta, anzi la trovava una pratica barbara e scegliendola come professione lui è uscito dalla sua ombra”.

Steve Carell

Steve Carell

Carell è reticente ad esprimere giudizi facili sul personaggio. “Non lo vedo come un mostro”, afferma. “Lo considero un individuo che ha compiuto un atto terribile perché afflitto da una malattia mentale. Era un essere umano molto triste e profondamente disturbato”. In precedenza Du Pont aveva tentato in molti modi di lasciare la propria impronta nel mondo: attraverso l’ornitologia, la conchiliologia, la filatelia, la filantropia, il pentathlon olimpico nel quale si era allenato, e sponsorizzando tutta una serie di pratiche sportive.

Ma in ultima istanza concentrò i suoi sforzi nel diventare il salvatore della lotta americana, facendo costruire la struttura di Foxcatcher ed erigendosi a principale finanziatore della disciplina sportiva. “Era estremamente competitivo”, aggiunge Carell. “Desiderava ardentemente essere rispettato. Credo che volesse ottenere dalle persone la stessa considerazione che spontaneamente mostravano di avere per Dave Schultz. Ma alla fine non è mai riuscito a conquistarsi quel livello di stima e di ammirazione. Du Pont voleva far parte di quel giro, ma allo stesso tempo, voleva anche essere tenuto in maggior considerazione rispetto agli altri”.

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Sul significato del film Mark Ruffalo conclude così: “Bennett ha usato la metafora del giardino di pietra. Quando vedi una roccia che affiora, quella è solo una piccola percentuale di quello che sta sepolto sotto e non si vede. La riflessione sulla vicenda all’interno del film è molto acuta, ma al tempo stesso appare fugace e ti resta la sensazione che sotto ci sia una storia molto più profonda e densa. Non ce la propone bella confezionata. Ci lascia nella stessa posizione in cui si è trovata la maggior parte delle persone che hanno vissuto un tipo di tragedia come questa. Vale a dire a domandarci ‘Come e perché è potuto accadere? ”.

“È una storia che nasconde delle verità scomode: tutte le persone con cui ho parlato mi hanno dato la sensazione di custodire un qualche aspetto segreto di quanto è accaduto” 

Bennett Miller

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