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Nezouh, il buco nel cielo nella Damasco bombardata di Soudade Kaadan

Il 12 gennaio arriva nei cinema italiani Nezouh, la favola dolceamara ambientata a Damasco diretta dalla regista siriana Soudade Kaadan, vincitrice del Premio degli Spettatori – Armany Beauty alla Mostra del Cinema di Venezia e del Premio Diritti Umani Amnesty International alla 28esima edizione del MedFilm Festival 2022 – Il festival del Cinema Mediterraneo.

Il film

Nezouh in arabo significa “spostamento di acqua, persone e cose”, e la protagonista di questo fluire verso un altrove incerto è una famiglia siriana composta dall’adolescente Zeina (l’esordiente Hala Zein) e dai genitori Hala e Motaz (interpretati rispettivamente dalle star del cinema arabo Kinda Allousch e Samir al-Masri). Quando una granata provoca uno squarcio nel tetto dell’appartamento in cui vivono, la famiglia si troverà a dover prendere una decisione importantissima per tutti i suoi componenti: restare o lasciarsi tutto alle spalle per iniziare una vita da rifugiati. Nezouh è un racconto universale ricco di realismo magico che fonde la fiaba con il dramma della vita reale sullo sfondo del conflitto siriano, dove la speranza dà luce a una famiglia di Damasco alle prese con l’inevitabile cambiamento sociale e culturale.

Soudade Kaadan racconta…

“Quando ho iniziato a scrivere il film c’era una certa aspettativa su come dovesse apparire un film siriano: doveva essere lo più informativo, con una narrazione di primo grado per spiegare e semplificare la complessità di una guerra siriana per un pubblico occidentale bianco. La maggior parte dei film sui rifugiati siriani cercano di rappresentarci come vittime o eroi, in una narrazione senza sfumature, in bianco e nero. Ma ovviamente non siamo né l’uno né l’altro, come qualsiasi essere umano. In tutti i miei film, volevo che il pubblico sentisse che i rifugiati siriani erano dei loro pari. La famiglia di Nezouh – Il buco nel cielo potrebbe essere una qualsiasi famiglia di tutto il mondo che si trova ad affrontare il dilemma se restare o lasciarsi tutto alle spalle”.

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“Ultimamente ho iniziato a credere che più una storia è immersa nella realtà locale, più diventa universale. Simboli, metafore e un approccio simile a un racconto elevano e trascendono la realtà locale fino a raggiungere un’espressione universale. Per questo ho scelto la semplice metafora di una famiglia che a Damasco subisce dei cambiamenti. In questa città le case sono solitamente chiuse, le tende cercano di nascondere gli interni ai vicini. Con i bombardamenti si vedevano, purtroppo, per la prima volta, soffitti aperti come finestre rivolte verso il cielo e le stelle. Volevo mostrare che non solo le case sono cambiate a Damasco, ma anche che la dinamica della famiglia è cambiata quando le donne siriane hanno iniziato a prendere il comando. Spero che il pubblico capisca davvero a quanto sia stato difficile per questa famiglia prendere la decisione di andarsene. Dall’altra parte del Mar Mediterraneo, gli sfollati sono visti semplicemente come rifugiati. Le persone non riescono a capire quanto sia stato difficile per loro prendere la decisione di partire. Nessuno vuole lasciare tutto – patria, ricordi, identità – per diventare un estraneo, carico di stereotipi, a meno che non ci sia una vera minaccia per le loro vite“.

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