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Psicoterapia e thriller, arriva il Transfert di Massimiliano Russo

Tra i progetti cinematografici indipendenti più interessanti dell’anno c’è sicuramente Transfert, la pellicola scritta, diretta ed interpretata da Massimiliano Russo che il prossimo 12 aprile inizia al Cinema King di Catania il suo tour cinematografico (qui le altre date). Si tratta di un sofisticato thriller psicologico – prodotto da Change of (He)Art – che, in occasione della presentazione in anteprima nazionale al RWF (Roma Web Fest), è stato accolto con dieci minuti di applausi ed ha riscosso grande entusiasmo e consenso da parte di pubblico e critica. Oltre al regista, nel cast ci sono anche i bravissimi Alberto Mica, Clio Scirà Saccà, Paola Roccuzzo, Rosario Pizzuto e Viviana Militello.


Attraverso una molteplicità d’intrighi psicologici e una lunga serie di colpi di scena, Transfert racconta la storia di Stefano (Alberto Mica), un giovanissimo psicoterapeuta molto acuto ed empatico. La professione di Stefano si fa sempre più insidiosa, quando le vicende che la compongono mettono in luce la sfaccettata problematicità della pratica terapeutica. L’arrivo di Chiara e Letizia, due sorelle (Clio Scirà Saccà e Paola Roccuzzo), coincide con l’inizio di un mistero che, partendo dal profondo, riaffiorirà in modo brutale. A far da sfondo è la città di Catania, racchiusa tra cielo e mare.

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Transfert è un film da vedere, ben girato e ottimamente montato (sempre da Massimiliano Russo). Un film che fa uso della psicoterapia come mezzo per l’evoluzione e lo sviluppo della storia. Come la grammatica del film spesso sottolinea, è un gioco di specchi che, attraverso puntuali colpi di scena, serve allo spettatore un’avvincente sfida intellettuale. “Volevamo che il film, per tutta la durata, tenesse lo spettatore in tensione – spiega Massimiliano Russo che lo catturasse, che fosse capace di estorcere la sua attenzione; per questo abbiamo investito e puntato molto sulla sceneggiatura, sulla trama, sulla credibilità dei personaggi, dei loro rapporti e dei loro dialoghi“.

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Quel che colpisce di più del film di Russo è la cura dei dettagli, delle inquadrature, degli oggetti, dei volti dei personaggi protagonisti. Azioni, gesti e parole che diventano mezzo di espressione del sé, tra bugie, flashback, ricordi e traumi. La pellicola, pensata e scritta in modo intelligente, indaga la pratica psicoterapeutica, la sua metodologia, la sua possibile (e augurabile) influenza benefica ma anche la sua limitatezza. Senza svelarvi nulla, Psicoterapeuta e paziente nel film si scoprono entrambi vulnerabili, ognuno la proiezione dell’altro. Se il Castellitto della serie tv In Treatment era un uomo navigato, l’Alberto Mica di Transfert appare molto più inesperto. Quel che è certo è che entrambe le figure, soprattutto quando le vediamo rapportarsi con il proprio Supervisore, vivono in modo diverso le stesse angosce dei pazienti che hanno in cura.

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Psicoterapeuti che portano una maschera (per il proprio ruolo) ma che chiedono ai pazienti di levarsi la loro. Nel corso di sedute nelle quali entrambi lottano con il proprio inconscio. Qual è il vero inganno? Come si crea un rapporto di fiducia tra Psicologo e paziente? Esiste un limite nel rapporto che non deve essere superato? Transfert (termine tecnico che indica esattamente questo processo di trasposizione inconscio tra paziente e psicanalista) pone allo spettatore tutte queste riflessioni sconfinando nel thriller. Il genere più adatto per inquadrare l’inquietante vicenda del protagonista Stefano. Sia esso Psicoterapeuta o Paziente.

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