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The Constitution, le due insolite storie d’amore di Rajko Grlić

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Diretto da Rajko Grlić, domani arriva al cinema The Constitution, una storia d’amore molto intima tra quattro persone che vivono nello stesso palazzo nel centro di Zagabria; persone molto diverse tra loro per posizione sociale, orientamento sessuale, idee politiche e affiliazione religiosa (o mancanza di essa).


Vjeko (Nebojša Glogovać) è un insegnante di scuola superiore che ha dedicato tutta la sua vita allo studio della lingua croata e alla storia della nazione. Vive in un appartamento nel centro di Zagabria con suo padre Hrvoje. Durante la seconda guerra mondiale, suo padre era un Ustascia – un ufficiale dell’esercito fascista croato – e ora è costretto a letto da oltre sei anni. Come se non bastasse, meno di un anno fa Vjeko ha perso l’amore della sua vita, il violoncellista Bobo (Stanislav Kovacić). Senza più voglia di vivere e con seri propositi suicidi, Vjeko trova piacere solo nelle passeggiate a notte fonda, quando vaga per la città vuota vestito da donna e con il viso truccato.

Una notte un gruppo di uomini lo ferma, lo picchia e lo abbandona in strada privo di sensi. In ospedale incontra Maja (Ksenija Maronković), un’infermiera che abita nel seminterrato del suo stesso palazzo. La donna lo riconosce e inizia a prendersi cura di lui e di suo padre infermo. In cambio Vjeko accetta di aiutare il marito di Maja, il poliziotto Ante (Dejan Aćimović), a preparare un esame sulla Costituzione Croata. Ante, che soffre di disturbi dell’apprendimento, teme di essere bocciato all’esame per il solo fatto di essere serbo. Inizia così la storia di tre persone molto diverse tra loro, che vivono nello stesso palazzo e che, inaspettatamente e contro la loro volontà, si ritroveranno unite e dipendenti l’una dall’altra.

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The Constitution -Due Insolite Storie D’Amore è un film estremamente attuale che ripercorriamo ora atteraverso le note del regista Rajko Grlić.

Il mio desiderio era quello di fare un film sull’attuale momento della storia croata, sull’atmosfera di odio e intolleranza. Ante Tomić e io, sceneggiatori del film, abbiamo un’esperienza personale piuttosto vasta con questo tipo di atteggiamenti e volevamo raccontare quella storia attraverso le vite di coloro che non finiscono mai sui giornali o sui siti d’informazione, ma che ci potevano aiutare a capire la genesi dell’odio e come questo possa condizionare la vita delle persone.

Se c’è una cosa che ho imparato dai film che ho fatto, è che è ogni storia può essere compresa al di là della provenienza geografica e della forma mentis dello spettatore, a patto che il racconto mantenga salde le proprie radici nella realtà, nel luogo in cui è ambientato e, soprattutto, nella mentalità da cui deriva. Inoltre, non deve provare a lusingare il mondo, cercando di semplificare le cose per renderle più comprensibili”.

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È solo quando si trova sullo schermo delle persone reali, sebbene mai viste prima, che lo spettatore può mettere a confronto la propria vita con quella dei personaggi, trasformando la loro esistenza nella propria, nei propri amori e odi. D’altro canto, intolleranza e odio non sono concetti sconosciuti in Europa. Negli ultimi anni è come se si stesse diffondendo una nuova ondata di intolleranza, ideologie accecanti e fanatismo. Un odio aggressivo tra diverse nazioni e religioni, tra nativi e immigrati, tra chi ha e chi non ha. Se il detto “l’odio è locale!” è vero, e io credo che lo sia, allora ogni odio locale, come quello di cui parla il film, sarà comprensibile per ogni persona in Europa che abbia mai provato o subito qualche forma d’odio.

Il film è una storia d’amore molto intima tra quattro persone che vivono nello stesso palazzo nel centro di Zagabria. È la vicenda di tre persone molto diverse per posizione sociale, orientamento sessuale, idee politiche e per affiliazione religiosa (o mancanza di essa). Nella storia, quello che lega i personaggi non è solo lo spazio in cui vivono, ma anche i demoni che si portano dietro dal passato e a causa quali si trovano spesso in conflitto: demoni che li costringono a vivere nel passato invece che nel presente”.

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Mi rendo conto che raccontare una storia del genere non è né facile né comodo. So anche che una storia di questo tipo va raccontata in maniera diretta e talvolta persino cruda. Tuttavia, la mia intenzione è semplice: voglio parlare di persone vive e non di idee morte. Per questo non voglio trasformare questa storia in una tragedia. Al contrario, voglio raccontare cose difficili con un sommesso sorriso sulle labbra, con il calore affettuoso che si può provare anche per i personaggi più negativi. Solo allora potrò raggiungere coloro che la pensano diversamente e vedono le cose in modo differente, coloro che odiano a priori e che non mettono mai in dubbio l’odio che provano”.

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