THEM

Them, orrore a East Compton nella serie di Little Marvin

Dal 23 luglio in esclusiva su Amazon Prime Video arriva anche doppiata in italiano Them, la nuova miniserie antologica del terrore nata dal creatore di successo Little Marvin e l’executive producer Lena Waithe. Il cast di Them include Deborah Ayorinde, Ashley Thomas, Alison Pill, Shahadi Wright Joseph, Melody Hurd e Ryan Kwanten.

Coveniant

Coveniant, la prima stagione, è ambientata negli anni ’50 e ruota intorno alle vicende di una famiglia afroamericana che si trasferisce dal North Carolina in un quartiere di soli bianchi a Los Angeles, durante il periodo storico noto come “The Great Migration”. La casa della famiglia, apparentemente idilliaca, diventa un inferno nel momento in cui forze maligne, sia reali che soprannaturali, minacciano di distruggerli.

Little Marvin ha iniziato a scrivere Them alcune estati fa: “ogni giorno guardavo i social e vedevo sempre più video in cui persone di colore – donne, uomini, bambini, famiglie – erano terrorizzati, e si dicevano guardati, molestati, sorvegliati, minacciati dalla polizia”. Little Marvin dice che gli incidenti gli hanno fatto pensare ad un clima di terrorismo, anche armato, contro i neri: “negli ultimi quattro anni ho anche pensato molto al sogno americano: c’è chi ha le chiavi e chi invece deve lottare per le loro chiavi, come la comunità afro-americana. Alimentati dal desiderio di opportunità, i neri hanno dovuto combattere per trovare un proprio posto. Ho voluto scriverete una lettera d’amore a tutte le famiglie nere che hanno affrontato sfide impossibili per raggiungere le città dove pensavano di sfuggire al terrore e all’ingiustizia”. Il viaggio della famiglia di Them ha fatto riconsiderare ulteriormente a Little Marvin il sogno dell’avere una casa di proprietà, qui indagato attraverso la lente del terrore.

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La serie è ambientata a East Compton. Dopo molte ricerche Little Marvin ha infatti scoperto che nella tradizione di Los Angeles, circa 70 anni fa, East Compton era una località esclusivamente bianca: “nel 1953, le persone che vivevano a East Compton erano violentemente protettive nei confronti della loro comunità e del loro quartiere. Le prime attività della malavita erano messe in atto da bande bianche, che lavoravano in coordinamento con le forze dell’ordine: pattugliavano le strade per assicurarsi che i neri rimanessero fuori. La storia di East Compton diventa così emblematica di una storia di privazione del diritto di voto immobiliare per i neri in tutto il paese”.

Nel considerare le distinzioni tra terrore e orrore, Little Marvin osserva che mentre pochissimi di noi non sperimenterà mai un vero orrore soprannaturale nella propria, il terrore è qualcosa che tutti noi abbiamo vissuto. Pensando alle sue esperienze con “lo sguardo”, ma anche alla storia di quello sguardo e al terrore che provano i neri nel vivere in America, Little Marvin è stato spinto ad esplorare la tensione tra pubblico e privato. “Cosa succede quando anche il luogo più sicuro tra gli spazi privati – la casa – diventa una minaccia? Cosa succede quando un suono inspiegabile nel tuo seminterrato è spaventoso come il tuo vicino di casa o la comunità in cui vivi?”. Little Marvin voleva esplorare queste domande e così facendo, ha terminato la stagione con una nota provocatoria.

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Little Marvin, in conclusione, aggiunge: “come artisti, credo che abbiamo la responsabilità di interrogare le cose che ci spaventano di più. Anche se non riuscivo ad articolarlo 2 anni fa quando ho iniziato a scriverlo, retrospettivamente mi sono reso conto che avevo bisogno del crimine al centro della nostra serie per affrontare una storia di violenza contro i neri in questo paese, una storia inestricabile dalla fondazione della nostra nazione. Purtroppo, penso che ci muoviamo troppo velocemente per appiattire e commemorare le vittime della violenza suprematista bianca, trasformando ciò che un tempo viveva, gli esseri umani, in hashtag, icone ed emblemi. George Floyd, Ahmaud Arbery e Breonna Taylor non erano icone. Trayvon Martin non era un’icona. E ce ne sono tantissime altre da ricordare. Non erano icone. Non erano hashtag. Erano umani. Erano uomini e donne. Erano bambini.

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