Liberamente ispirato alla storia dell’ex calciatore prodigio Martin Bengtsson – raccontata nel suo libro autobiografico In The Shadow Of San Siro – giovedì 22 luglio uscirà nei cinema Tigers, il film diretto da Ronnie Sandahl, (già sceneggiatore di Borg McEnroe), torna a raccontare il risvolto intimista e psicologico dello sport dirigendo un dramma di formazione sull’ossessione ardente di un giovane in un mondo in cui tutto, e tutti, hanno un prezzo.
Il film
Martin (Erik Enge) è uno dei talenti calcistici più promettenti che la Svezia abbia mai visto. A sedici anni, il sogno di una vita diventa realtà quando viene acquistato da uno dei club più prestigiosi d’Italia. Tuttavia quel sogno ha un prezzo molto alto in termini di sacrificio, dedizione, pressione e, soprattutto, solitudine. Martin inizia a chiedersi se questa sia davvero la vita che ha tanto desiderato. Tigers è una corsa sulle montagne russe della vita e della morte attraverso la moderna industria del calcio.
Martin Bengtsson racconta…
“Ho scritto In The Shadow of San Siro (2007) quando avevo 19 anni. Il libro parla delle mie esperienze nel calcio professionistico. È la storia di come il sogno di una vita si è trasformato in un incubo e delle circostanze esterne, nonché dei processi interni che, combinati, hanno portato alla depressione e al crollo mentale. Con il libro ho voluto puntare i riflettori sulle regole distruttive a cui sono soggetti i ragazzi, oltre a permettere alla gente di rivolgere uno sguardo sul mondo celebrato, ma molto chiuso, del calcio professionistico internazionale. Volevo approfondire la discussione e il dibattito sui problemi di salute mentale negli sport professionistici ed evidenziare i rischi di essere trasformati, in giovane età, in una merce. Allo stesso tempo, è la storia di un sogno, della disciplina necessaria per raggiungere un obiettivo e realizzare quel sogno. Delle opportunità che l’esperienza porta con sé, e che a loro volta lasciano spazio ad altri sogni, al desiderio di esplorare altri ambiti della vita“.
Ronnie Sandahl racconta…
“Volevo fare un film sulle tigri del mondo del calcio. Uomini giovani e ammirati, rinchiusi in gabbie dorate, addomesticati fino a diventare marchi al servizio dell’industria calcistica globale: comprati e posseduti, spinti al limite, addestrati per esibirsi o morire. Martin Bengtsson era uno di loro. Da adolescente, uno dei talenti calcistici svedesi più promettenti di tutti i tempi, è stato venduto al top club italiano dell’Inter. Il suo futuro era luminoso come un fulmine. Allora come, e perché, tutto è crollato? La mia ambizione è sempre stata quella di ottenere un conflitto tra il lucido e il sordido: un film d’autore crudo e spigoloso, ma ambientato all’interno di un’industria superficiale, luccicante ed estremamente commerciale come quella del calcio. Raccontando la storia dell’ossessione di un adolescente di sfondare nel mondo del calcio – e facendolo nel modo più soggettivo possibile – ho visto la possibilità di realizzare un dramma di formazione in un ambiente mai rappresentato prima sul grande schermo. Un mondo dove tutto e tutti possono essere comprati e venduti. Oppure, se vogliamo: uno specchio deformante della nostra società capitalista e patriarcale, tanto assurdo e divertente quanto potenzialmente letale. Ma prima di tutto, penso di aver voluto realizzare una storia sul fatto che la vittoria può, in effetti, significare la sconfitta; e forse, cosa ancora più importante, il contrario“.