L'Uomo Del Labirinto

Toni Servillo e Dustin Hoffman si sfidano ne L’Uomo Del Labirinto di Donato Carrisi

L'Uomo Del Labirinto

Dopo il fortunato esordio registico con La Ragazza Nella Nebbia, lo scrittore Donato Carrisi dal 30 ottobre è al cinema con il suo secondo film, L’Uomo Del Labirinto, anch’esso tratto dal suo omonimo romanzo, best seller internazionale. Una storia dark e misteriosa con protagonisti due grandissimi attori, Toni Servillo e Dustin Hoffman.

Il film

Samantha Andretti (Valentina Bellé) è stata rapita una mattina d’inverno mentre andava a scuola. Quindici anni dopo, si risveglia in una stanza d’ospedale senza ricordare dove è stata né cosa le è accaduto in tutto quel tempo. Accanto a lei c’è un «profiler», il dottor Green (Dustin Hoffman): sostiene che l’aiuterà a recuperare la memoria e che insieme cattureranno il mostro. Ma l’avverte che la caccia non avverrà là fuori, nel mondo reale. Bensì nella sua mente. «Questo è un gioco, vero?» ripete, dubbiosa, la ragazza.

Bruno Genko (Toni Servillo) è un investigatore privato. Quindici anni prima è stato ingaggiato dai genitori di Samantha per ritrovare la figlia. Adesso che la ragazza è riapparsa, sente di avere un debito con lei e proverà a catturare l’uomo senza volto che l’ha rapita. Ma quella di Genko è anche una lotta contro il tempo. Perché un medico gli ha detto che gli restano due mesi di vita. E, per uno scherzo del destino, quei due mesi sono scaduti proprio nel giorno in cui Samantha è tornata indietro dal buio. Chi giungerà prima alla verità: l’investigatore o il profiler? Ma siamo sicuri che, alla fine di tutto, ci sia un’unica verità? Perché questa non è un’indagine come le altre. Qualcuno ha un segreto, qualcuno sta mentendo. E da qualche parte, là fuori, c’è un labirinto pieno di porte. E dietro ognuna si nasconde un enigma, un inganno. In questo gioco nella mente dello spettatore, il labirinto di cui sei prigioniero è già dentro di te.

Dustin Hoffman (foto di Loris T. Zambelli)

Dustin Hoffman (foto di Loris T. Zambelli)

Donato Carrisi racconta…

Sin dai tempi di Agatha Christie, l’autore di un thriller ingaggia una sfida con il lettore: sarà in grado di celare fino all’ultima pagina il colpo di scena che risolve il mistero? Egli, però, dovrà fornire al lettore tutti gli elementi per giungere da solo alla soluzione, anche prima del tempo. Potrà usare inganni o sotterfugi, ma la verità dovrà essere sempre davanti agli occhi di chi legge – opportunamente occultata, si intende. Il mio scopo è sempre stato scrivere romanzi che sembrano dei film e i fare dei film che assomigliano a un romanzo. Con i miei libri cerco di evocare immagini nella mente del lettore, così i miei film non devono esaurirsi in ciò che è visibile sullo schermo. Io credo nel potere evocativo del racconto. In questo film l’invisibile è importante almeno quanto ciò che si vede“.

Questa dimensione del racconto è fatta di linguaggi subliminali e di trappole per l’inconscio. Il pubblico non sarà semplicemente “spettatore”: verrà coinvolto, compromesso e, a volte, sarà anche complice. L’investigatore privato Bruno Genko (Toni Servillo) è un uomo che sta per morire: i medici gli hanno dato due mesi di vita e, quando inizio a raccontarlo, il conto alla rovescia è appena scaduto ma lui non è morto. Genko si trova in una situazione grottesca e paradossale, non sa se gli restano da vivere secondi, minuti, ore oppure giorni o addirittura settimane. E in questo supplemento di vita – che non sa se sia un regalo o un dispetto – decide di indagare su un vecchio caso che non ha mai portato a termine: la scomparsa di una ragazzina“.

Toni Servillo (foto di Loris T. Zambelli)

Toni Servillo (foto di Loris T. Zambelli)

La sua è una discesa agli inferi. Ho voluto che nel film fossero presenti molti richiami all’opera dantesca. C’è il Limbo, il nome dato all’ufficio persone scomparse. Gli scomparsi sono sospesi fra la vita e la morte: non sapendo dove sono e cosa gli è accaduto, le loro anime rimangono prigioniere del dubbio. Non hanno diritto al paradiso e nemmeno all’inferno. C’è il girone dei Lussuriosi: l’unico affetto di Genko è una prostituta albina, un demone gentile predestinato a essere una vittima innocente. Cerbero è la vecchia custode di una casa famiglia abbandonata nel cui sotterraneo si nasconde un terribile segreto. C’è una palude – lo Stige – e uno strano locale in cui Genko si addentra fra iracondi e accidiosi per incontrare un giovane che porta su di sé i segni del fuoco sotto forma di cicatrici deturpanti: un novello Flegias“.

La casa di Genko stesso è un girone infernale: quello degli avari. L’investigatore privato non possiede nulla: non ci sono mobili, né fotografie, nessun ricordo della vita che sta per abbandonare. In fondo Genko si è sempre occupato di “recupero crediti”: il solo scopo della sua esistenza è stato la meschina ricerca del denaro altrui. Nel sesto cerchio – quello degli eretici – c’è un uomo con una benda su un occhio: un esperto di fumetti, un adoratore di falsi idoli – supereroi e affini. C’è anche un Minotauro: la creatura zoomorfa però è un uomo con la testa di coniglio e gli occhi rossi a forma di cuore. Egli è uscito dal settimo cerchio, quello dei violenti: la tana nauseabonda di un vecchio e, apparentemente innocuo, sacrestano. Infine, l’ottavo cerchio è quello dei fraudolenti. Il Labirinto. Un luogo pieno di trappole e di inganni, abitato dal peggiore dei mostri: quello che vive nella nostra mente“.

Green e Genko (foto di Loris T. Zambelli)

Green e Genko (foto di Loris T. Zambelli)

Ho voluto che tutta la storia si svolgesse come una sfida fra due protagonisti: l’investigatore privato e il profiler. L’uno è la nemesi perfetta dell’altro. Una caccia all’uomo – al colpevole, al malvagio – condotta con due metodi diversi. Quella di Genko avviene nel mondo reale, sporcandosi le mani e rischiando in prima persona. Anche se uno che sta per morire non ha nulla da perdere. Quella del dottor Green è cerebrale, sottile ma anche spietata perché il profiler non risparmierà alcun mezzo, anche il più scorretto, pur di penetrare nella mente della vittima: perché è lì che si nasconde il mostro, la preda agognata da ogni cacciatore“.

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