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Amore e rinascita nella Seconda Primavera di Francesco Calogero

Dopo la prima nazionale al 27° Trieste Film Festival, è da oggi al cinema Seconda Primavera il film scritto e diretto dal regista messinese Francesco Calogero che ha disegnato un viaggio tra le stagioni dell’anima.


Nell’arco di sei stagioni (con un secondo inverno e una seconda primavera appunto), le storie incrociate di quattro personaggi, ciascuno rappresentativo di una diversa età della vita. A sovvertire l’inverno perenne in cui vive l’architetto cinquantenne Andrea (Claudio Botosso) è l’incontro con la studentessa Hikma (Desirée Noferini), che gli ricorda la moglie Sofia, morta in circostanze oscure.

Ripudiata dal fratello, un ristoratore di origine maghrebina, dopo essere rimasta incinta del trentenne Riccardo (Angelo Campolo) – già sposato con Rosanna (Anita Kravos), circa dieci anni più grande di lui – Hikma viene ospitata da Andrea, a cui insegna a prendersi cura del giardino che circonda la sua grande villa al mare. Andrea sviluppa un inconfessato sentimento, assai vicino all’amore: la seconda primavera della storia è per lui una nuova stagione di passioni. Ma quando Riccardo ritorna da Hikma – dopo un periodo di riavvicinamento alla moglie – Andrea si sa fare da parte: il suo rammarico è però attenuato dalla consapevolezza di essere ritornato alla vita.

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Il film di Calogero è suddiviso in capitoli-stagioni. Una divisione che evidenzia non solo come il nostro modo di attraversare la vita naturalmente cambi col passare degli anni, ma anche come possa essere mutevole la nostra capacità di interpretazione di una realtà che è spesso contraddittoria, e soggetta al gioco del fato. In questa storia, sembra esserci un ponte – simbolico – tra la terra dei vivi e la terra dei morti, fortemente correlato con il sentimento dell’amore. La morte di un amore è infatti visto proprio come la morte fisica di un uomo. Un’affinità che favorisce il rapporto consolatorio che si instaura progressivamente, fino al classico finale aperto, tra il mite Andrea, che non ha mai superato il dolore per la tragica scomparsa della moglie Sofia, e la sensibile Rosanna, in crisi per la fine della sua relazione con il più giovane Riccardo.

È un libro aperto, Andrea. Appare subito un uomo gentile, fin troppo remissivo. La sua personalità, il suo temperamento creativo non sono sufficienti a suscitare in lui reazioni vibranti anche quando ce ne sarebbe bisogno. E se la convenzione vuole che la flemma sia in qualche modo comune a tutti gli uomini soprattutto nell’ultima stagione della vita – ricordando la celebre teoria medievale degli umori – la sensazione è che Andrea, ora cinquantenne, abbia costantemente abitato questa condizione, senza essere mai passato dalle parti del sangue e della collera, proprie della primavera e dell’estate. Ha certo attraversato, come accade a Rosanna, la malinconia autunnale, nell’epoca in cui la sua esistenza è stata segnata dalla morte della moglie, per di più incinta di otto mesi. E accettandone le conseguenze (e i suoi contorni misteriosi) come elementi di un disegno ineluttabile, da allora ha vissuto in un limbo, nella sola compagnia di un invincibile senso di colpa e del conseguente desiderio di espiazione.

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Tutto cambia con l’arrivo della giovane Hikma: e nell’ormai troppo intricato jardin secret dell’animo di Andrea prende forma un’ardita, inconfessabile sostituzione. Andrea per la prima volta smette di accettare tutto. Capisce quanto possa essere appagante l’intervento concreto, fisico, lui che è abituato solo alla progettazione intellettuale: un antidoto per combattere il veleno che si tiene dentro, invisibile e sottile. E quasi senza rendersene conto, e senza valutare appieno le conseguenze di un sentimento così impossibile, Andrea trova dentro di sé la forza di osare, per modificare il corso degli eventi. La rinnovata serenità è nel premio alle fatiche: alla semina corrisponde, nella stagione giusta, la fioritura. Quella delle viole in particolare, un fiore che secondo la tradizione propizia l’amore, e diventa qui un leitmotiv che rimanda sì al lutto, ma pure alla metamorfosi e alla fascinazione erotica.

In questo senso è decisiva per Andrea l’influenza – involontaria e ingenua finché si vuole – della coraggiosa Hikma, che viene da un piccolo borgo di provincia, e ha sempre vissuto a contatto con la natura. Selvaggia e sensuale, è da ascrivere a lei la trasformazione  in una magica dimora florida e rassicurante di quel sito che sembrava ormai abbandonato. Il motore del distacco è lo scaltro Riccardo, che rappresenta una figura speculare ad Andrea, desideroso com’è di compiere un passaggio inverso, dalla dura realtà di lavori pratici che non lo soddisfano, all’ambizione della creatività artistica.

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Arida, addirittura violenta, resta solo la rappresentazione del mondo che circonda i personaggi, aldilà dell’isola felice costituita dalla villa sul mare. Una città dominata da abusivismo e condoni, dilaniata dalle auto e dai mezzi pesanti che l’avvelenano. Nel frattempo, s’impoverisce e s’isterilisce sempre più: i negozi falliscono, i cinema si trasformano in supermercati, i musei sono deserti. Ma il difficile destino lavorativo di Andrea è destinato a mutare, nel finale: se per una volta a trionfare non è la furbizia e il malaffare, ma il vero valore degli uomini, questo lascia la speranza per l’arrivo di una nuova stagione.

“Vi sono una terra dei vivi e una terra dei morti, e il ponte è l’amore, l’unica sopravvivenza, l’unico significato”.

Thornton Wilder

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