Nymphomaniac 01 photo by Christian Geisnaes

CAMERA PSYCHO – Nymphomaniac di Lars Von Trier: ma quale scandalo?

Difficile parlare di un film già premiato dalla critica e forse facile prevedere come Venezia potrà accogliere la proiezione della lunga ed estenuante versione integrale del capolavoro di Lars Von Trier, terzo capitolo della trilogia della depressione dopo Antichrist e Melancholia. Un capolavoro già consacrato come tale va applaudito perché così vuole il conformismo dello pseudo anticonformismo. Ma quale sarà il confine tra intellettualismo di maniera e semplice voyeurismo?

Nymphomaniac 08 photo by Zentropa

Su Nymphomaniac è stato detto tutto, forse troppo: o si è estimatori (e lo sono i più) o detrattori, è necessario fare una scelta di campo. Ma il film è stato anche apprezzato da un pubblico eterogeneo fatto di intellettuali e di erotomani. L’accostamento, di mente e corpo, voluta dal regista, non è stata un’integrazione o un completamento reciproco delle due componenti: è rimasto un accostamento stonato senza melodia, cultura e sessualità deviata corrono su binari paralleli che purtroppo non portano da nessuna parte. La proliferazione di metafore e di citazioni dotte e straconosciute (la biografia di Edgar Allan Poe, le Massime di Epicuro, i paradossi di Zenone, Bach e la polifonia, Freud e la sessualità polimorfa del bambino, la contrapposizione tra Chiesa cattolica e ortodossa, …) non arrivano a bonificare gli aspetti più “bassi” e malsani ossessivamente proposti ed imposti allo spettatore.

Charlotte Gainsbourg

Charlotte Gainsbourg

Per chi ancora non conoscesse il film riproponiamo la trama. Joe (Charlotte Gainsbourg) è una bambina che sembra colmare le carenze genitoriali di affetto e di contatto, con una precoce ipersessualità. Nella prima parte del film si sviluppa il suo bisogno insaziabile di stimolazione sessuale autoerotica e poi di rapporti sessuali di ogni tipo con uomini raccolti ovunque. La sessualità è l’unico modo che le permette di provare qualcosa che assomiglia ad un’emozione. Nel suo bisogno insoddisfatto di sfuggire alla solitudine e per il disprezzo che ha di se stessa, scambiato per potere e ribellione, si degrada cercando nel contatto fisico una forma di comunicazione e di accettazione ed un risarcimento narcisistico.

Nymphomaniac 18 photo by Christian Geisnaes

Fissata ad una fase infantile dello sviluppo psicosessuale tenta inutilmente con la sua bramosia di dominare la depressione e il senso di colpa. Nella sua richiesta “riempi tutti i miei buchi” c’è la necessità di colmare i vuoti e in particolare il vuoto angosciante che la divora. Non cerca e non può avere una relazione amorosa stabile ma solo rapporti freddi impersonali e umilianti. La sex addiction che si sviluppa ha una progressione patologica che la porta, nella seconda parte del film, a rapporti sessuali tendenti all’osceno e a pratiche sempre più perverse ben illustrate dal regista con dovizia di particolari (nel girato originale, ancora di più).

Nymphomaniac 26 photo by Christian Geisnaes

Una buona parte della proiezione è dedicata alle attività masochistiche della protagonista quando la sua capacità di arrivare all’orgasmo o a qualche forma di piacere sessuale è completamente bloccata dal senso di colpa. Insieme alla sessualità sfrenata e incontenibile emergono anche l’aggressività, il sadismo e la completa amoralità che la porteranno a comportamenti delinquenziali. Dalla repressione della sessualità e dell’aggressività, come da tempo ci ha insegnato Freud è nata la società civile. Ma la sfrenata espressione dell’istintualità non sarà per Joe una liberazione ma al contrario una dipendenza fonte di infinita tristezza, un girare in tondo, un percorrere sempre la stesso tratto di strada in maniera ripetitiva, coercitiva e non evolutiva.

Joe e Saligman

Joe e Seligman

Come conosciamo a ritroso la storia di questa donna ormai cinquantenne? Attraverso il racconto confessione fatto a Seligman (Stellan Skarsgård), un colto pensionato, totalmente inibito sessualmente, che l’ha raccolta sulla strada dopo un pestaggio. Attraverso il suoi interventi e collegamenti eruditi questi cerca di giustificare tutti i comportamenti di Joe che incomincia a intravedere qualcosa di nuovo e di diverso per il suo futuro, forse la possibilità di un cambiamento e di una redenzione. Se la cultura, come ci ha insegnato Freud, è ancora una volta le sublimazione della sessualità repressa, attraverso il racconto di questa vita dissoluta Seligman, il primo amico che Joe aveva trovato nella sua vita scellerata, si eccita, si sblocca e cerca di avere un rapporto sessuale con lei che ha avuto migliaia di uomini.

Uma Thurman

Uma Thurman

A questo punto la ninfomane, che aveva una pistola a portata di mano fa l’unico gesto in qualche modo “sano” del film e gli spara. Potremmo soffermarci ancora sul desiderio di appropriazione del pene legato alla sessualità di Joe e sul simbolismo fallico della pistola, ma è tutto troppo scontato e quindi inutile. Vorrei solo ricordare, infine, l’assurdo monologo di Uma Thurman più volte menzionato, non per il suo contenuto ma per l’eccezionalità dell’attrice.

Claudia Sacchi

 

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