Nel ruolo di Sigismondo Cogoli in “Al cavallino bianco” (1933)

Renato Rascel, 110 anni fa nasceva un piccolo-grande protagonista dello spettacolo del ‘900

Nel ruolo di Sigismondo Cogoli in “Al cavallino bianco” (1933)

COP RascelMercoledì 27 aprile 2022 ricorre il 110° anniversario della nascita di un indimenticabile piccolo-grande attore del nostro cinema: Renato Rascel, un uomo che ha contribuito a innovare col suo linguaggio e la sua poetica un significativo pezzo di storia dello spettacolo italiano del Novecento. Oggi lo celebriamo parlandovi di Renato Rascel. Storia Di Un Personaggio Dello Spettacolo Del Novecento, un bellissimo volume-saggio scritto da Elisabetta Castiglioni e pubblicato da Iacobelli editore. Disponibile in libreria e sulle principali piattaforme digitali, il testo è un itinerario critico che attraversa la genesi e i retroscena delle opere e performance che hanno resto Rascel un artista unico. Autore originale, interprete raffinato e inconfondibile cantante, Renato Rascel seppe creare nelle sue imprevedibili performance un personalissimo stile, giocoso e riflessivo, incanalato sul fil rouge del surrealismo. Forte di un inequivocabile stile e del suo talento di “one man show”, l’eclettico Rascel si è districato con nonchalance tra avanspettacolo, rivista, commedia musicale, prosa, cinema, televisione, musica leggera, materie differenziate di ogni capitolo di questo libro. Il suo personaggio stralunato e fanciullesco ha attraversato i più diversi generi dello spettacolo, instaurando un dialogo immediato col pubblico e spaziando dall’umorismo del “Corazziere” alla poetica dell’assurdo di Beckett e Jonesco, dalle commedie musicali di Garinei e Giovannini a canzoni “evergreen”, prima fra tutte Arrivederci Roma. Elisabetta Castiglioni, che oltre 20 anni fa ne ha ricercato le tracce per archivi pubblici e privati, dedica ora al “Piccoletto” nazionale questo lavoro, convinta che la scrittura creativa rasceliana sia ancora attuale ed estremamente comunicativa. 

“È arrivata la bufera” in “Gran Varietà” (1953)

“È arrivata la bufera” in “Gran Varietà” (1953)

Elisabetta Castiglioni scrive…

“In quanti se lo ricordano? Renato Rascel, alias il “Piccoletto nazionale” era uno di quegli artisti poliedrici che poteva (e riusciva) a scrivere e interpretare ogni ruolo con entusiasmo, grinta e determinazione. Oserei dire che il suo talento sia derivato, proprio fin da bambino, dalla capacità di osservare intorno a sé quello che accadeva e di concentrarsi nel restituirlo – con situazioni sceniche, battute e interpretazioni surreali – tramite una propria creatività onirica e deliziosa, soprattutto spiazzante. La sorpresa più grande è proprio di aver scoperto che la sua grandezza derivava dall’essere un autodidatta intelligente e “spugnoso”, capace di ascoltare lo spettatore ed intuirne i suoi umori: insomma, un autentico “servitore” dello spettacoloSono passati oltre 20 anni dal dottorato di ricerca che ho avuto la fortuna (e l’onore) di scrivere sulla sua arte in tre anni di giri per archivi, emeroteche, biblioteche – in un mondo, ci tengo a sottolinearlo, ancora privo di Internet o social media – dove la scoperta di carteggi o copioni (anche inediti) , fotografie d’epoca e testimonianze raccolte di persona da suoi amici e colleghi era una benzina energetica che generava entusiasmo e curiosità nel voler saperne di più, non solo sulla sua vita e i suoi lavori, ma su un’epoca di ricca formazione culturale della nostra storia”.

“Nato nel 1912 e morto nel 1991, Rascel ricopre fulgidamente l’attività di musicista, interprete, regista, compositore, ballerino, cantante, autore – in pratica un affabulatore della propria poetica, stralunata ed elastica – dagli anni Trenta agli Ottanta, toccando indistintamente le corde comiche e drammatiche, senza mai pretese intellettualistiche.  Il suo umorismo garbato produceva un genuino benessere mentale e il suo impegno nell’affrontare ogni nuova avventura – tra teatro, cinema, radio, televisione, musica, giornalismo e favole per bambini – si rifletteva in un apprezzamento e sorriso del popolo che rispettosamente vi si rispecchiava, incantandosi, per poi imitarne le arguzie più originali e così facendo collaborare a costruire un parziale subconscio immaginifico collettivo. In ogni suo gesto, parola, azione e “riflessione” (come l’aver captato tra i primi la maestria eclettica di Gigi Proietti, tanto per fare un esempio) Rascel ha messo sia del suo che del nostro. Il percorso che ho voluto dedicargli è al contempo cronologico ma anche sincronico, diviso per i diversi linguaggi scenici che ha affrontato – sul palcoscenico come sul set e sul piccolo schermo – ed interfacciato costantemente dal suo genio musicale – autoriale e compositivo – e da un umorismo raffinato che sa tradursi in immediato gesto ammiccante, data la forza esplosiva della sua presenza scenica”.

Con Marisa Allasio in “Arrivederci Roma” (1957)

Con Marisa Allasio in “Arrivederci Roma” (1957)

“Il “caratteraccio” di Rascel? Molti lo ricordano per questo. Da profana lo considero professionismo. Non l’ho conosciuto personalmente, ma l’ho “respirato” per un triennio sulla carta di copioni, libri e giornali, e tramite la voce di chi lo ha conosciuto, ma soprattutto attraverso i racconti della persona che gli è stata accanto – nel pubblico e privato – per oltre 20 anni, Giuditta Saltarini. È grazie a lei che ho percepito le parole di un marito che le narrava i colori del suo passato prima del loro incontro; è con lei che Rascel è uno dei rari esempi di realizzazione simbiotica della coppia nella vita e nell’arte; ed è, infine, attraverso la sua disponibilità ad aprire certi armadi, un quarto di secolo fa, che è potuto fuoriuscire un brandello di storia che a molti può far piacere ricordare. Questo non è un libro di aneddoti, ma un sentito e modesto tentativo di ricostruire la memoria tramite una documentazione precisa che conduce a ragionamenti, ipotesi, supposizioni. Sperando che le nuove generazioni si appassionino al lavoro di ricerca non con i “copia-incolla” da Internet ma con un preciso lavoro di inchiesta. E di quel pezzo di spettacolo italiano di cui Rascel era contemporaneo, ce n’è ancora moltissimo da recuperare e riscoprire…“.

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